Omero narra che nell'Olimpo il banchetto era il passatempo preferito degli dèi: «Per tutto il giorno, fino al tramonto del sole, essi se ne stanno al festino e il loro cuore non deve lamentarsi di un pranzo in cui tutti hanno la propria parte».
Secondo Ateneo, gli alimenti dell'eterna giovinezza trasudavano dai corni della capra Amaltea, ed erano l'ambrosia, cibo che aveva tutti i sapori ed era nove volte più dolce del miele, e il nettare, bevanda dolce e profumata. Il banchetto, allietato da musica e conversazione, era il simbolo della loro spensierata felicità. In origine anche gli uomini sedevano al banchetto degli dei, Esiodo ricorda: «I pasti allora erano comuni e comuni i seggi fra gli immortali e gli uomini mortali».
Poi venne l'inganno di Prometeo, il quale rubando per gli uomini il fuoco scatenò l’ira e la punizione di Zeus. Da allora gli uomini diventarrono mortali, e furono obbligati a lavorare per nutrirsi e ad accoppiarsi per riprodursi. Una delle immagini più celebri del paradiso perduto è quella offerta da Teleclide, autore comico del V secolo a.C. E' Crono (dio del tempo) che parla: “Ora descriverò il genere di vita che in origine avevano gli uomini. …Nei ruscelli scorreva il vino... Il pesce entrava nelle case, si faceva friggere da solo e si serviva a tavola. Un fiume di minestra scorreva lungo i letti, trascinando pezzi di carne calda. Canali pieni di salsa piccante stavano là per chi ne volesse, senza bisogno di scomodarsi per intingervi il proprio boccone... Pane d'orzo e di frumento facevano a gara davanti alla bocca ...e le focacce si travolgevano in un tumulto guerriero attorno alle mascelle”.
L'uomo che, per una qualche straordinaria evenienza, fosse stato ammesso di nuovo a nutrirsi del cibo degli dei, avrebbe acquistato l'immortalità. Ed è per questo che Odisseo, aspirando a far ritorno a Itaca, pur dividendo il letto e la tavola con la dea Calipso, mangia alla sua mensa solo cibi «umani», appositamente imbanditi per lui, rifiutando l'offerta dell’immortalità.