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il mimo

Ultimo Aggiornamento: 30/03/2005 15:10
29/03/2005 21:38
 
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art friend
imbrattatele
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Ho appena finito di contare le monete ed anche per oggi ho raccolto denaro a sufficienza per vivere.
Di professione faccio l’artista di strada, per la precisione il mimo.
Mi ci sono voluti diversi anni di preparazione prima di riuscire a raggiungere un buon livello.
All’inizio però è stato terribile.
Non riuscivo assolutamente ad abituare il mio corpo a convivere con l’immobilità temporanea, giorni e giorni di esperimenti che fallivano in continuazione.
Ho frequentato anche un corso di sei mesi per attore teatrale e questa ,devo ammetterlo ,è stata un’esperienza davvero utile.
Lì ho imparato in modo completo come controllare i movimenti del corpo e come riuscire a governare le emozioni dell’ anima.
Ma quella è stata anche una delle ultime occasioni in cui i miei genitori hanno finanziato una mia aspirazione nella speranza che io riuscissi a trovare un “lavoro normale”.
Poi li ho delusi nuovamente, perché non ho provato mai a recitare in una commedia malgrado mi fossero arrivate diverse proposte, ebbene no non sono riuscito e non ho voluto farlo.
Ammetto di essere uno spirito troppo libero ed indipendente per “sottostare” a regole di qualunque genere.

Ricordo che la prima volta che vidi un mimo fu circa 10 anni fa nelle vie di Amsterdam.
Era vestito come un cesto della frutta.
Ricordo una splendida ghirlanda ornata di mele, pere, banane, albicocche e quant’altro che dal collo gli scendeva sino alla vita.
Ricordo un cesto stracolmo di frutta multicolore che gli danzava sopra la testa.
Ricordo la fila delle persone che attendevano di farsi fotografare con lui.
E soprattutto ricordo il suo sguardo di uomo libero e felice.
Mi colpì la sua capacità di rimanere fermo, immobile mentre il mondo gli passava accanto.
Mi colpì la sua capacità di dare vita al corpo proprio mentre lo costringeva all’immobilità.
E con questo gioco di essere vivo nell’immobilità riusciva a carpire l’interesse degli altri che avevano una normale vita in movimento.

In realtà io a lavorare ci avevo provato.
La prima esperienza la feci in un supermarket, il mio compito era quello di portare la spesa a casa ai clienti.
Resistetti tre mesi e poi me ne andai.
Mi faceva rabbia vedere signore decisamente grasse che attendevano ansiose il mio arrivo per aumentare ulteriormente la loro massa adiposa.
In seguito provai a fare il ponyexpress ma dopo quindici giorni successe che persi chissà come una lettera che dovevo consegnare e venni subito mandato via.
Provai come aiuto meccanico in una piccola officina ma l’odore della benzina e la vista delle mani piene di grasso mi furono insopportabili sin dal primo giorno.
Insomma una vera tragedia, ma rimanevo convinto che la mia fortuna fosse proprio quella di essere perfettamente conscio di questo limite.
Il problema vero era con i miei genitori e difatti loro, ancora oggi, mi considerano uno sbandato.

Sono incredibilmente attratto invece da chi mette le proprie capacità e la propria fantasia a disposizione degli altri in una strada, senza chiedere nulla in cambio, se non rispetto e ,per chi vuole, un’offerta morale o materiale.
Sono attratto da queste forme di arte.
Se incontro un musicista o un pittore o un acrobata sono capace di stare lì, ad osservarli per ore, dimenticando qualunque altra cosa io debba fare.
Li studio, li metabolizzo, cerco di carpire il più possibile della loro capacità di esprimersi in modo così naturale davanti ad un mondo aperto e sempre diverso.
Mi nutro in maniera incredibile dei loro gesti, dei loro ritmi, dei loro silenzi.
Mi nutro di un mondo che spesso è impossibile da comprendere se non si ha una grande nobiltà d’animo unita ad una sana follia della mente.

E così ,lentamente, tra mille sforzi e dopo infinite delusioni, giunse anche per me il momento di alzarmi a qualche centimetro da terra.
La prima volta fu tremenda.
Mi ero vestito da centurione romano, convinto del fatto che l’esibirmi nella città eterna meritasse un iniziale omaggio alla sua storia.
Avevo però dimenticato di prendere in considerazione il fatto che fosse dicembre.
E dopo neanche mezz’ora, vestito con maniche corte, il freddo prese il sopravvento sia sull’emozione che sulla capacità di immobilità.
Ne raccolsi davvero poche di monete quel giorno ma capii solo dopo che sebbene il freddo si fosse impossessato di me io ero comunque riuscito a rompere il ghiaccio, esibendomi seppur per meno di un’ora.
E da quella volta non ho più smesso.
Freddo o caldo oramai incidono poco sulle mie capacità artistiche, il controllo del corpo e delle emozioni è oggi davvero totale.
E questa capacità di gestire me stesso offrendolo in visione agli altri continua a regalarmi sensazioni splendide.
Vi confesso che la “maschera” che ottiene maggiore successo è quella del soldato.
Mi metto immobile sul piedistallo nella posizione dell’attenti, con il mitra ben incollato al fianco.
Appena una monetina cade nel barattolo io cambio posizione, in modo veloce come fanno i soldati, e rimango così sino al rumore di un’altra monetina…. ting…oplà…ting…oplà.
Ed alla gente piace perchè inizialmente non collega monetina=movimento poi, per averne la conferma, mette altre monetine e per me aumenta sia la soddisfazione di aver conquistato la loro attenzione e sia la consistenza in monetine nel barattolo.

Il momento più difficile mentre mi esibisco?
E’ questo che mi state chiedendo?
Ebbene, il momento più difficile è quando passa una fanciulla splendida.
Lei magari si ferma, si avvicina, mi osserva, mi sorride.
Ed io debbo rimanere immobile.
A volte mi arrivano lievi onde del suo profumo.
E’ terribile, perché io debbo rimanere immobile.
Lei sa di piacermi, lo sente e sembra si diverta a provocarmi, viene proprio lì a pochi centimetri e mi guarda con occhi da cerbiatta.
Cerca in tutti i modi di riuscire a farmi muovere e la gente intorno fa tutta il tifo per lei.
Io li sento:
“hai visto come lo guarda!!! ora lui cede”
“certo lei è bellissima, se fossi in lui io sarei già sceso.”
Ed è ancora più terribile, perché io debbo rimanere immobile.
Volete sapere se mi è mai capitato di cedere?
Si, una volta sola è successo.
Io ero vestito da prete.
Lei era mora, circa un metro e sessanta.
Aveva due occhi di una profondità incredibile.
Mi osservava sorridente.
Poi si avvicinò e mi disse:
“ Padre, lei è troppo bello per non chiederle di amarmi ”
Mi sfiorò le labbra con le sue.
Sorrise e se ne andò.

Cinque passi le feci fare.
Cinque soli passi prima di perdermi nei suoi occhi infiniti.
Flavia è il suo nome.
Alfredo il mio.
Giulia è la bimba che nascerà tra poco.

Era impossibile rimanere immobile davanti ad un amore così bello.
30/03/2005 15:10
 
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vice admin
pittore
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Un bel racconto..
.. l'ho riletto diverse volte per cogliere tutte le sottile sfumature della narrazione e devo sinceramente dirti che sono felice di averti chiesto di inserire un racconto.
Mi è piciuto e psero che in futuro ne inserirai degli altri..
Adesso mi tocca scrivere qualcosa anch'io altrimenti mi rubi la scena e va a finire che perdo anche la mia fan.. Sally.. eheh[SM=g27828] (ovviamente skerzo)

Losh[SM=g27819]
_____________________________________________
Siamo realisti, esigiamo l'impossibile (Ernesto Che Guevara)
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