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Il genio che “strappava” i manifesti
di COSTANZO COSTANTINI
UNA MATTINA del 1953, nel suo studiolo di via Principessa Clotilde, presso piazzale Flaminio, si svegliò con un’idea nuova. Si vestì in tutta fretta, scese per strada e prese a strappare furiosamente i manifesti pubblicitari dai muri. I passanti pensarono che si trattase d’un matto, d’un drogato, o, quando strappava i manifesti con le immagini provocatorie di Brigitte Bardot e di Marilyn Monroe, di un maniaco sessuale o d’un moralista forsennato. Quegli strappi dovevano dargli invece notorietà artistica internazionale.
L’autore di quegli strappi si chiamava Mimmo Rotella.
Nato nel 1918 a Catanzaro, nel 1944 aveva conseguito la maturità al liceo artistico di Napoli e nel 1945 si era trasferito a Roma per dedicarsi alla pittura. Aveva incominciato col fare, come molti giovani nell’immediato dopoguerra, dei quadri postcubisti, per passare poi a fare dei quadri astrattogeometrici. Ma la ressa degli aspiranti pittori a Roma era tale che era difficile, se non impossibile, farsi notare. Fra il 1951 e il 1952 aveva però ottenuto una borsa di studio da parte della Fullbright Foundation ed era partito per l’Università di Kansas City, dove, per richiamare l’attenzione su di sé, aveva inscenato una grandiosa e bizzarra composizione murale, incidendo nello stesso tempo dei poemi fonici con accompagnamento strumentale. Ma il successo era stato scarso anche in America. Nel ’53 era tornato a Roma in preda ad una crisi profonda. Pensava che dopo Kandinsky, Picasso, Klee, Mondrian, Matisse, non ci fosse più nulla da fare in pittura. Era in questo stato d’animo disperato quando fu colto dall’idea di strappare i manifesti dai muri.
«Fu una sorta di folgorazione, di illuminazione zen. Mi sembrava che quei manifesti avessero una forza espressiva enorme, una carica dinamica esplosiva», dirà in seguito.
Ma nel ’55, quando espone il primo manifesto lacerato, in una mostra intitolata Sei pittori sul Tevere , i critici ufficiali lo fanno a pezzi, più brutalmente di quanto lui non abbia fatto con i manifesti. «E’ un idiota, un mentecatto, uno scemo del villaggio capitato per sbaglio nella Capitale», dicono in giro. Ma non tutti la pensano allo stesso modo. Milton Gendel scrive su Art News , la prestigiosa rivista americana, che ha inventato un nuovo linguaggio artistico, il New York Times che è l’italiano più originale fra tutti coloro che hanno rivoluzionato i linguaggi artistici nel dopoguerra, il poeta Emilio Villa, il critico più geniale che abbia l’Italia, che ha inventato non solo un nuovo linguaggio, ma anche un nuovo spazio, come Fontana, Burri, Piero Manzoni.
Aveva inventato il décollage , che poteva considerarsi il contrario del collage , inventato da Picasso e da Braque. Nessun altro prima di lui aveva trasformato dei manifesti murali in oggetti artistici. Né Rauschenberg, che con i suoi combine paintings , nei quali accatastava copertoni di automobile, bottiglie di Coca Cola, barattoli di Soup Campbell, non faceva che ripetere i collages dadaisti. Né Burri, che con i suoi sacchi si rifaceva anche lui ai collages cubisti, futuristi e dadaisti. Né gli artisti francesi Heinz e De la Villeglé, che i manifesti li fotografavano, non li strappavano. Era stato preceduto soltanto da Duchamp, che aveva trasformato in oggetto d’arte addirittura un orinatoio.
Tra la seconda metà degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta affluiscono nel suo studio romano collezionisti di ogni parte del mondo ricoprendolo d’oro e dandogli fama planetaria. Il critico francese Pierre Restany proclama che quando ebbe l’idea di strappare i manifesti dai muri aveva un radar nella mente e lo inserisce nel gruppo dei nouveaux réalistes , gli artisti più avanzati degli anni Sessanta. In seguito si occuperà di lui anche Giulio Carlo Argan, ossia uno dei massimi storici dell’arte del Ventesimo Secolo.
Ma i cronisti ricordano Mimmo Rotella soprattutto come animatore della vita mondana romana. Ogni notte dava nel suo studio feste sardanapaliche, esibendosi nella recita dei cosiddetti poemi epistalici, una forma di vocalismi rumoristici neofuturisti assolutamente incomprensibili ma che mandavano in delirio gli astanti. Vi si affollavano ragazze d’ogni Paese e d’ogni sorta, adolescenti in vena di Dolce vita, vergini depravate, cultrici di amori saffici, trans brasiliani, signore in menopausa vogliose di rapporti perversi. Nel 1972 le Sugarco Edizioni avevano pubblicato Autorotella , il libro in cui il décollagiste più famoso del mondo si vantava di aver strappato, forse per una sorta di automatismo gestuale o di riflesso condizionato, le mutandine ad un migliaio di donne.
Losh
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Siamo realisti, esigiamo l'impossibile (Ernesto Che Guevara)