Busto Arsizio (VA) più tenacemente di altre città vicine, mantiene fede ad una vecchia quanto simpatica tradizione come quella della festa della Gioeubia.
Nel mezzo dell’inverno e precisamente l’ultimo giovedì di gennaio, si brucia la "vecchia" simbolo della stagione secca quasi per implorare l’arrivo della stagione verde, che significava possibilità di sopravvivere.
Era la festa delle donne, un ricordo forse della società Matriarcale tipica delle genti liguri dalle quali discendono anticamente i bustocchi.
In questo giorno, obbligatorio il "risotto con la luganiga", l’uno e l’altro simboli di fertilità.
Siamo abituati a pensare a Busto Arsizio come un grande agglomerato urbano, adagiato in distese di brughiere aride e desolate e soverchiato da una selva di ciminiere e di capannoni di stabilimenti e manifatture tanto da essere denominata Manchester d’Italia per il forte sviluppo della sua industria cotoniera.
Nulla può risultare così difficile, a noi abitanti dell’era del cemento e delle macchine, quanto immaginare il tempo in cui Busto era un piccolo locus circondato da un’immensa campagna con solo poche cascine.
Eppure l’avanzare della tecnologia da una parte ed il forte consumismo dall’altra, non hanno comunque fatto dimenticare a questo popolo laborioso e attivo le proprie tradizioni, usanze, dialetto e modo di lavorare.
Keko