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Jacopo da Ponte detto il Bassano

Ultimo Aggiornamento: 03/07/2006 21:49
19/06/2006 22:36
 
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La produzione artistica di Jacopo da Ponte detto il Bassano (1510 c.a - 1592) comprende un esteso arco cronologico, dalla adolescenza alla tarda vecchiaia, ma si racchiude un circoscritto spazio geografico. Ultimata la preparazione a Venezia, nella bottega di Bonifacio de' Pitati, Jacopo tornò nella città natale che non lasciò più, eccettuati brevi spostamenti di lavoro nei centri circostanti. Della sua vita si hanno notizie solo dopo il 1541 e si dice che sia stato il più celebre artista di tutta la famiglia Bassano. Le sue opere risentono degli influssi di Bonifacio Veronese, del Pordenone, del Tiziano, e specialmente del Tintoretto. Questi sono tutti famosi pittori che hanno segnato la vita e la maturità di Jacopo Bassano.

Jacopo lasciò parecchi quadri con soggetti religiosi e con soggetti definiti di "genere" in quanto in essi le figure rappresentate passano in secondo ordine rispetto al paesaggio e agli oggetti o agli animali, che dominano la raffigurazione. Sempre aggiornato sulle trasformazioni del gusto, la sua pittura della maturità appare influenzata dai modi del Parmigianino e del Salviati, ed acquista scioltezza nelle forme e complicati nessi compositivi dove l'avvolgente scatto della linea racchiude zone di colore intenso e puro.

Se il pittore visse ed operò in un piccolo angolo di terra veneta, le sue opere hanno poi viaggiato a lungo raggiungendo prestigiose collezioni d'arte pubbliche e private di tutto il mondo.


L'ultima cena (1542)
olio su tela
cm. 30x51

L'ultima cena di Jacopo Bassano , dipinta nel 1542, costituisce una delle più alte interpretazioni nella pittura italiana del '500. Al posto dell'assemblea elegante di Leonardo (da cui prende lo spunto), il dramma è riportato tra pescatori, caratteri a piedi scalzi, nel momento della domanda fatale su chi sarà il traditore, mentre la luce, attraversando il bicchiere di vino, tinge la tovaglia pulita di rosso. Soltanto nel recente restauro è stato scoperto lo straordinario colore originale, nascosto sotto spesse vernici dell'Ottocento, quando il verde smeraldo e i cangianti rosati o l'arancione non erano graditi per motivi di gusto.



Keko [SM=x629160]




26/06/2006 11:55
 
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Come ha scritto il buon Keko01, le opere di Jacopo hanno viaggiato a lungo

Pensando al keko01 e alla sua passione per Brugel, mi è venuto in mente che due opere dallo stesso titolo, "Paradiso terrestre", una di Brugel e una di Jacopo da Ponte, si trovano nella stessa collezione romana "galleria Doria Panphilj", ve le propongo

(ma guarda cosa viene in mente alla gente [SM=g27824] )

Paradiso terrestre
Jacopo Bassano (Jacopo da Ponte)




La scena illustra Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre, attorniati da animali domestici, volatili e mammiferi. Tutto il giardino delle delizie è in piena fioritura e pervaso da vivi bagliori di luce. Nel paesaggio visto in lontananza si è identificato uno scenario ben noto al pittore: il Monte Grappa e la zona sudoccidentale di Bassano tra San Fortunato e il Lazzaretto, distanziati dal Paradiso da una pianeggiante radura erbosa.

La suggestione dell'opera è affidata tutta agli inquieti tocchi di luce e alla cromìa densa e stillante dei verdi. La rustica serenità del luogo, ritratta con la visione umile e quotidiana tipicamente bassanesca, è minata solo dalla minuscola presenza della lucertola, simbolo di "vanitas" e di corruzione, in agguato anche nella vita bucolica dell'Eden.

Il respiro autonomo del paesaggio e la visione nitida e realistica degli animali risalta con intenso carattere innovativo, che trova un persuasivo parallelo soltanto nell'esperienza nordica contemporanea di Jan Bruegel dei Velluti.

Le due figure di Adamo ed Eva vengono in genere assegnate alla mano di Jacopo, anche per l'esistenza di un disegno per questo gruppo conservato a Berlino. Per quanto riguarda il rigoglioso paesaggio e il gruppo di animali sulla destra le opinioni hanno oscillato tra Leandro e Francesco, esprimendosi più spesso a favore di quest'ultimo.

Cronologicamente il quadro è stato variamente assegnato ad un periodo intorno al 1568, oppure più di recente spostato nell'ottavo decennio, tra l'inizio e il 1576 circa. È comunque un periodo in cui Francesco più intensamente inizia a collaborare alla bottega paterna, sviluppando quelle composizioni di genere rustico e bucolico a soggetto biblico, che costituiranno per la cerchia bassanesca un fortunato repertorio per gli anni a venire.

La collezione Pamphilj, a quanto risulta dagli inventari secenteschi, possedeva un discreto numero di quadri di Jacopo e Francesco Bassano, annoverando diversi di quei dipinti a sfondo "biblico-pastorale" che la bottega dei Bassano produsse in gran copia a partire dagli anni Settanta-Ottanta del Cinquecento.


Paradiso terrestre
Jan Bruegel il vecchio




In questo dipinto l'artista ha relegato sul fondo, come di consueto, l'episodio principale, cioè il peccato originale di Adamo ed Eva, in dimensioni molto ridotte, mentre ha utilizzato lo spazio principale per dispiegare il ricco bestiario del Paradiso Terrestre. I molti piani spaziali si confondono quindi nel brulichìo degli animali e nel crescere disordinato delle piante, con una visione totalmente antitetica ai coevi dipinti di paesaggio formulati in Italia, ordinatamente composti in perfette gabbie prospettiche e costituiti da pochi elementi topici ricorrenti.

L'opera di Bruegel, caratterizzata da un campionario animalistico e botanico da vera "Wunderkammer" e da uno stile micrografico finemente dettagliato, ebbe grande diffusione tra gli artisti contemporanei, creando una corrente di veri e propri imitatori che replicarono in modo seriale i temi allegorici o semplicemente decorativi creati con innegabile fascino dal maestro.

L'attività di Bruegel si lega all'esordio del genere della natura morta, che vide i suoi inizi proprio con il passaggio in Italia di artisti dei Paesi Bassi e con la propensione tutta nordica a ritrarre il naturale con attenzione scientifica e gusto enciclopedico.

La Galleria Doria Pamphilj ospita diverse opere di Jan Bruegel dei Velluti, artista che incontrò grande favore in Italia tra i collezionisti, a partire dalla sua sosta a Roma, tra il 1591-95 e dal suo successivo soggiorno milanese presso il cardinale Federico Borromeo.

Il dipinto, firmato e datato 1612, presenta stringenti affinità stilistiche e compositive con "L'imbarco sull'arca di Noè" (attualmente in collezione privata), opera anch'essa firmata e datata 1613.

In quest'ultima tavola infatti si ripetono identici o con lievi variazioni molti degli animali che compaiono in questo "Paradiso Terrestre", come la coppia di leoni, quella di leopardi, i buoi, il cavallo, testimoniando così il riuso da parte dell'artista di un repertorio fisso di animali da cui attingere e variare con pochi elementi le composizioni. In particolare i due leopardi sulla destra del dipinto sono tratti da un quadro di Rubens, raffigurante "Un Satiro e una ninfa", eseguito forse verso il 1611.

ciauu
ul


[Modificato da ulululante 26/06/2006 11.57]

26/06/2006 12:55
 
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Grazie per il tuo intervento molto prezioso, mio carissimo amico....

Si è vero ho una passione per Bruegel ma il padre di Jan cioè Pieter....


passa più spesso sento la "tua mancanza"........



Keko [SM=x629160]
03/07/2006 13:49
 
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Più o meno spesso l'importante è passare, e io passo, magari poco, ma passo.
Ciao Keko
ul
03/07/2006 21:49
 
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Questa ultima cena è ben diversa da quella dipinta dal grande Leonardo, però non è certo inferiore leggiamo perché:

Nel vangelo di Giovanni l'Ultima Cena non prevede l'istituzione dell'eucaristia ma resta cornice di molti altri eventi: la lavanda dei piedi, l'annuncio del tradimento e il riservato svelamento del traditore, il nuovo comandamento del reciproco amore, il lungo e difficile discorso di commiato. Nessuno dei commensali capisce perché Cristo ammonisca Giuda a far presto e perché questi esca precipitosamente nella notte.

All'annuncio dell'imminente "partenza" di Cristo, Pietro vorrebbe subito seguirlo, Tommaso si preoccupa di non conoscere la sua destinazione e la via per raggiungerla, Filippo chiede di vedere il Padre, Giuda Taddeo si meraviglia che il Maestro si manifesti ai discepoli e non al mondo. Ad una delle sue frasi conclusive, in effetti alquanto sibillina ("Ancora un poco, e non mi vedrete più; un altro poco, e mi vedrete di nuovo": 16:16), i discepoli restano sconcertati, interrogano e s'interrogano.

È una drammatica sequenza di rivelazioni incomprese e di pronunciamenti contraddittori: il pittore che fosse chiamato a rappresentare l'Ultima Cena sulla scorta del vangelo di Giovanni doveva necessariamente dar conto di questo clima di tensione. L'Ultima Cena di Jacopo Bassano, dichiara esplicitamente il suo riferimento al racconto di Giovanni: in primo piano sul pavimento sono accostati un ampio catino di ottone e una capace fiasca di peltro, sul bordo della tavola è posato un telo bianco ben piegato, i piedi degli apostoli sono ben puliti. Dunque c'è già stata la lavanda, episodio presente soltanto nel quarto vangelo.

E’ un quadro assolutamente anomalo, perché non corrisponde a nessuna delle ricorrenti tipologie ritagliate su un momento prescelto: non rappresenta l'annuncio del tradimento, né l'istituzione del sacramento, né la comunione degli apostoli. Potrebbe sembrare un quadro ambiguo, perché rappresenta una discussione sulle due specie eucaristiche senza prender chiaro partito per l'una o per l'altra: non per il pane, perché il pane del sacramento è intatto e il pane spezzato contrassegna il traditore; non per il vino, perché il bevitore provoca sconcerto e il suo vicino e sodale (che ha già bevuto metà del suo bicchiere) sembra dialogare di buon grado col reprobo dissimulato.

Sembra invece un quadro dal messaggio assai chiaro: le contrapposte fazioni si perdono in inutili discussioni di forma e di rito invece di meditare il significato e la sostanza del sacrificio. È un messaggio non cattolico e anti-cattolico, non protestante e anti-protestante, non ebraizzante e anti-ebraizzante; è il messaggio di uno "spirituale" integralista che invita lo spettatore a trascurare la contrapposizione delle metafore cerimoniali e a guardare direttamente quel Cristo che direttamente lo guarda, quel Cristo che nessun altro guarda.





keko [SM=x629160]
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