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metrica italiana, versi (poesia, 1)

Ultimo Aggiornamento: 18/08/2006 10:54
18/08/2006 10:54
 
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admin
gran maestro
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spesso ci kiediamo, ma cos'è un endecasillabo [SM=g27833]

o meglio, ke cavolo si intende per verso [SM=g27833]

vabbè, vediamo di capirlo studiando un po' di metrica, eh eh

intanto ke cavolo è la metrica?
presto detto, la metrica è la disciplina che si occupa della struttura ritmica dei versi e della loro tecnica compositiva

elementi strutturali di un testo poetico sono: lunghezza del verso, ritmo, versi italiani, figure metriche, licenze poetiche, rima, strofa, componimenti poetici

ok, detto questo passiamo alla mterica italiana, ehi, c'è anke quella classica, se volete posto qualcosa anke su quello, basta ke me lo diciate, ih ih

vabbè, metrica italiana, si va a cominciare, partiamo dai versi...

Versi

Un verso di una poesia è la sua unità ritmica principale, e corrisponde grosso modo ad una riga: la lunghezza del verso determina il ritmo, lento per versi lunghi, veloce per versi corti.

in parole povere il verso non è altro che una riga di una poesia, la sua unità ritmica minima di lunghezza variabile.
È formato da sillabe, che nella tradizione della letteratura italiana possono variare da due a sedici.
Ma non mancano poeti che sporadicamente hanno usato versi costituiti da un numero di sillabe più alto.
Esempi:
Verso di trentacinque sillabe:
E ammirami per il mio calore e per la mia fede: mentre io ti parlerò di Percy l’arcangelo e di Walt Whitman, un uomo,...
(A.de Bosis, Giovine che mi guardi parlare, v 13)
Verso di trenta sillabe:
Alto è il muro che fiancheggia la mia strada, e la sua nudità rettilinea si prolunga nell’infinito.
(A. Negri, Il muro, v 1)
Verso di 19 sillabe:
e berrà del suo vino, torchiato le sere d’autunno in cantina
(C. Pavese, Atlantic Oil, v 32)


I versi si classificano per il numero delle sillabe di cui sono composti: nella lingua italiana si hanno dieci tipi di versi, di cui quattro parisillabi (2, 4, 6, 8 o 10 sillabe) e cinque imparisillabi (3, 5, 7, 9 o 11 sillabe).

Non mancano però esempi di versi molto più lunghi, come questo:

Alto è il muro che fiancheggia la mia strada, e la sua nudità rettilinea si prolunga nell’infinito.
...
(Ada Negri, Il muro, verso 1, 30 sillabe)

In ogni verso, il ritmo della lettura è dato dagli accenti più forti, che per questo vengono detti ritmici: il tipo di verso, più che dalla lunghezza in sillabe (che può anche variare: vedi i versi ipèrmetri e ipòmetri) è definito soprattutto dalla posizione degli accenti forti al suo interno.

I versi tradizionali italiani sono:
•il bisillabo o binario, di due sillabe;
•il trisillabo di tre sillabe, che ha un accento ritmico sulla seconda sillaba;
•il quaternario o quadrisillabo di quattro sillabe con accenti sulla prima e sulla terza sillaba;
•il quinario o pentasillabo di cinque sillabe, in cui gli accenti ritmici cadono sulla prima o seconda sillaba e sulla quarta;
•il senario di sei sillabe, con gli accenti ritmici sulla seconda e sulla quinta;
•il settenario di sette sillabe invece ha il primo accento ritmico mobile, che può cadere su una qualsiasi delle prime quattro sillabe, mentre il secondo accento è fisso sulla sesta sillaba;
•l’ottonario di otto sillabe con gli accenti sulla terza e sulla settima sillaba;
•il novenario o enneasillabo di nove sillabe: da qui in poi sono necessari tre accenti ritmici anziché due soltanto, per l'accresciuta lunghezza dei versi: gli accenti ritmici del novenario cadono sulla seconda, quinta e ottava sillaba;
•il decasillabo di dieci sillabe, con accenti sulla terza, sesta e nona;
•l’endecasillabo di undici sillabe: questo verso ha un solo accento obbligato, sulla decima sillaba, mentre gli altri due possono presentarsi in varie posizioni, e uno può addirittura mancare.
...
né più nel cór mi parlerà lo spìrto (4a, 8a, 10a)
delle vergini Mùse e dell’amóre, (6a, 10a)
unico spìrto a mia vìta ramìnga (4a, 7a, 10a)
...
(Ugo Foscolo, Dei Sepolcri)

I versi parisillabi, come si può notare, hanno tutti gli accenti ritmici in posizioni fisse: per questo in genere si usano versi esclusivamente parisillabi solo nelle filastrocche o se si vuole un ritmo cantilenante e sempre uguale. I versi imparisillabi invece concedono molta più libertà, e quello che concede più libertà di tutti è l'endecasillabo, che è anche quello maggiormente usato

Versi doppi

Si dicono doppi i versi uguali, in coppia nella stessa riga, interrotti da una pausa o cesura. Essi sono:

•Doppio quinario;
•Doppio senario;
•Doppio settenario (o martelliano o alessandrino)
Su i càmpi di Maréngo / batte la lùna; fósco
tra la Bòrmida e il Tànaro / s’agita e mùgge un bòsco,
un bòsco d’alabàrde, / d’uòmini e di cavàlli,
che fùggon d’Alessàndria / da i màl tentati vàlli
.
...
(Giosue Carducci, Su i campi di Marengo)
•Doppio ottonario.

Versi ipèrmetri e ipòmetri
Il verso ipèrmetro è più lungo di una sillaba rispetto alla lunghezza che dovrebbe avere, mentre il verso ipòmetro ha una sillaba in meno. Spesso un verso ipèrmetro e uno ipòmetro vengono usati di seguito, in modo da compensarsi a vicenda creando una variazione nel ritmo, con una figura metrica detta episinalefe. In genere le sillabe in più o in meno sono poste lontano dagli accenti ritmici, in posizioni molto deboli foneticamente, e si elidono o fondono nella pronuncia con altre.

Versi piani, sdruccioli e tronchi

A seconda del tipo di parola che termina il verso si parla di verso piano, sdrucciolo o tronco: piano se termina con una parola piana (accento sulla penultima sillaba), sdrucciolo se termina con una parola sdrucciola (accento sulla terz'ultima sillaba) e tronco se termina con una parola tronca (accento sull'ultima sillaba). Più l'accento è vicino alla fine del verso, tanto più il ritmo viene marcato.

[Modificato da chicom 18/08/2006 11.00]

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