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L'arte bianca del panificare - Storia della gastronomia

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2006 12:29
03/09/2006 12:29
 
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Le testimonianze iniziali legate alla panificazione vera e propria si ritrovano presso la civiltà Egizia: il primo tentativo venne fatto con l'orzo, che assieme al miglio era la più antica graminacea conosciuta dall'uomo. Quale sia stata la patria del grano non si sa con certezza, si avanzano varie candidature: l'Asia Minore per i grani teneri, l'Africa Orientale per quelli duri, Strabone dice l'India, Diodoro Siculo la Sicilia. Nelle anfore delle piramidi furono rinvenuti chicchi di grano, che gli Egizi attribuivano alla generosità della dea Iside; sarebbe stata lei a insegnare alle donne a macinarlo, pestandolo tra due pietre, e a impastare la farina con i piedi. Il primo pane fu la galletta non lievitata, e pare che la scoperta del lievito fu del tutto casuale: sembrerebbe che per far dispetto alla padrona, una schiava avrebbe gettato il residuo della preparazione della birra dentro l'impasto, che prodigiosamente cominciò a dilatarsi come se uno spirito se ne fosse impossessato. Nell'antico Egitto il lavoro del fornaio veniva considerato una professione, il pane cotto nei forni rappresentava una moneta di scambio, e in un catalogo del Nuovo Regno (oltre il 1000 a.C.) si enumerano almeno quaranta varietà di pani e di dolci.
Non solo in Egitto, ma anche nell'antica Grecia il pane rivestì un ruolo molto importante nell'alimentazione, tanto da essere oggetto di culto, rappresentato da una divinità femminile, la dea Demetra, ossia la Madre Terra o "dea del pane". Il pane in Grecia divenne un alimento interclassista, che da "pizzetta" a base di orzo (destinata ai poveri), si trasformò in un cibo vario e raffinato. Pare che i pani prodotti nella Grecia dell'epoca fossero circa una sessantina, con i nomi legati alle forme, ai tipi di cereali impiegati, agli ingredienti, alle modalità di cottura e sopratutto i riti a cui erano destinati. Tra i pani greci più famosi si ricorda: "òlyra" preparato con farina di segale, "condrìte" fatto con farina di spelta, "syncomitòs" di farina di frumento, "semìdalis" pane di lusso privo di lievito e dal colore bianco candido. Si deve ai Greci l'istituzione dei primi forni pubblici e delle associazioni di panificatori con precise regole di lavoro.
A Roma i pistores (fornai) comparvero nel II secolo a.C., erano schiavi provenienti dalla Grecia appena conquistata. Fino allora i Romani avevano mangiato oltre alla cementizia galletta, così dura da essere usata come piatto, una purea di cereali chiamata puls. Le focacce azzime iniziarono poi ad essere sostituite da pagnotte, pani in cassetta, bastoni segnati con tacche (servivano per dosare le porzioni) fatti all'olio, al latte, allo zafferano, al rosmarino, ai capperi.
Catone arrivò addirittura a rimpiangere platealmente l'austero puls degli avi, indicando quali elementi di decadenza morale quei bizzarri pani fatti a fungo, a treccia, a cornetto. Ai Romani, ed esattamente a Vitruvio, deve essere riconosciuto l'enorme merito di aver sostituito la macina a pietra azionata dall'energia umana o animale, con il mulino (pistor) mosso dalla forza idrica. Durante l'Impero la panificazione divenne un servizio pubblico: sotto il dominio di Augusto i forni attivi nella capitale erano circa quattrocento.
Con la caduta dell'Impero e le invasioni barbariche i forni vennero rasi al suolo e la panificazione fu confinata all'ambito domestico. Le uniche panetterie che riuscirono a sopravvivere furono quelle esistenti all'interno dei monasteri. Durante l'epoca del feudalesimo i signori fecero in modo di avere la gestione dei forni e dei mulini, impedendo ai propri sudditi di costruirne ad uso personale.
Con il trascorrere dei secoli l'arte della panificazione si fece sempre più raffinata, e le ricette del pane destinato alle classi privilegiate si arricchirono di ingredienti come acciughe, erbe aromatiche e formaggi. Nel periodo rinascimentale il pane conobbe una fase di grande splendore; per mezzo di Caterina de' Medici e della sua corte, si sviluppò e si diffuse nella città di Parigi l'utilizzo del lievito di birra.
In tutta l'età moderna l'approvvigionamento del pane restò una delle principali preoccupazioni delle autorità. L'attività dei fornai veniva tenuta sotto stretta sorveglianza per evitare frodi sul peso e sulla composizione dei prodotti: quando erano riconosciuti colpevoli, questi erano messi pubblicamente alla gogna con i pezzi di pane incriminati appesi al collo. Tuttavia, molte furono le sollevazioni popolari per il pane, come testimoniano sia l'episodio dell'assalto al forno dei "Promessi Sposi" collocato dal Manzoni nel 1628, sia la rivolta popolare del 1789 contro Maria Antonietta e il suo re.
Fu con la rivoluzione industriale dell'Ottocento che la panificazione "bianca" divenne cibo "comune", e le tante interpretazioni locali della ricetta contribuirono all'affermarsi della Pizza.
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