La passione di arricchire la tavola con creazioni artistiche di pasta o d’altro ingrediente gastronomico risale ai tempi antichi, e il banchetto di Trimalcione ne fornisce un esempio indicativo.
L’Italia delle corti medioevali, per distinguersi dai ceti inferiori, si lasciava travolgere dal lusso e dallo sfarzo di banchetti decorati sontuosamente.
Sulle tavole si potevano ammirare pietanze complesse, ornate in modo vistoso all’insegna del colore e della forma. Ogni cibo doveva avere una decorazione e una colorazione adeguata. L’antico “liber de coquina”, capostipite degli antichi ricettari, consigliava come emblema di lusso, d’utilizzare oro e pietre preziose per rivestire gli animali arrostiti prima di portarli in trionfo a tavola.
I cuochi, nella preparazione delle vivande, s’ispiravano soprattutto a pittura del tempo, scene storiche o mitologiche. L’ornamentazione della tavola comprendeva decorazioni di forme fantasiose fatte con pasta, pesci, carni o pasticci.
In diversi ricettari è riportato il pasticcio della convivialità medioevale che ebbe maggior successo: la “testa di monaco”. Non si trattava di una testa, ma di una costruzione bizzarra simile ad un castello, sembra ispirata agli inconfessati peccati di gola dei prelati, e composta a base di tagliatelle, lasagne, ravioli, miele, uva passa, datteri, nocciole, cipolla soffritta.