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La storia delle ricette

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2006 14:20
03/09/2006 14:07
 
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François Vatel e la crema Chantilly
François Vatel fu al servizio del sovrintendente alle finanze del regno di Francia Fouquet e del principe di Condé, preparando per loro banchetti spettacolari e gustosissimi.
Pare che sia stato anche l’inventore della crema Chantilly, panna montata e zuccherata dall’inimitabile leggerezza, senza dubbio fra le migliori creme utilizzate per farcire e decorare i dolci, così battezzata in onore dal castello omonimo, feudo del Principe di Condé.
Vatel è passato alla storia non solamente per la sua creatività, ma anche per il suicidio che si dette nel 1671 durante la visita di Luigi XIV alla residenza di Chantilly.
Questo il racconto riguardante la cronaca dell’evento, rielaborato da uno scritto di Marie de Rabutin-Chantal marchesa di Sévigné.
Il re Luigi arrivò il giovedì sera. La caccia, le lanterne, il chiaro di luna, lo spuntino in un luogo coperto di giunchiglie, tutto andò nel migliore dei modi.
Gli ospiti si misero a tavola, ma poiché v’erano più commensali del previsto, non bastò l’arrosto per tutti, e ciò sconvolse Vatel che disse a più riprese:
- L'onore è perduto, è un affronto che non posso tollerare - .
Dopo poco rivolgendosi a Gourville asserì:
- Mi gira la testa, non dormo da dodici notti, aiutatemi a impartire gli ordini - .
Gourville gli diede tutto l’aiuto possibile, ma l’arrosto che era mancato, sebbene non al re, ritornava sempre alla mente del cuoco.
Scese la notte, i fuochi d’artificio costati sedicimila franchi non riuscirono, perchè coperti da una nuvola.
Alle quattro di mattina Vatel, aggirandosi nel palazzo addormentato, incontrò un fornitore con due piccoli quantitativi di pesce.
- Tutto qui? – domandò.
- Sissignore - rispose l’altro.
Passò del tempo e, non vedendo arrivare i rifornimenti di pesce ordinati da tutti i porti, Vatel iniziò a disperarsi.
Al culmine della sua agitazione incontrò Gourville al quale farfugliò prostrato:
- Temo signore, di non sopravvivere a questo affronto. Ne va del mio onore e della mia reputazione - .
Gourville non diede importanza a queste parole, ma l’altro salì in camera sua, appoggiò la spada alla porta e si trapassò il petto.
Proprio mentre Vatel cadeva privo di vita, cominciarono ad arrivare cesti di pesce in abbondanza…



Regia Roland Joffé con Gérard Depardieu e Uma Thurman.
Siamo in Francia nel ‘600 e il Principe di Condé, prossimo ad ospitare il Re Sole nel suo castello di Chantilly, affida l’invenzione della più grande festa del secolo a Francois Vatel, devoto maestro di cerimonia e fedele assistente di Palazzo.
L’estroso professionista, concepirà menù elaboratissimi che termineranno con le fragoline alla créme chantilly, la storica golosità creata per l’occasione e arrivata fino a noi.
Ingredienti
Panna fresca – zucchero a velo – vanillina – fragoline di bosco – foglie di menta
Ricetta
Prendere della panna e sbatterla energicamente, unendo dello zucchero a velo passato al setaccio.
Quando la panna comincerà ad apparire soffice, aggiungere della vanillina e continuare la lavorazione affinché il composto raggiunga la giusta consistenza; lasciare riposare in frigo.
Lavare accuratamente delle fragoline, asciugarle, adagiarle in delle coppette, e ricoprirle della créme chantilly.
Servire questa ghiottoneria guarnita con piccole foglie di menta.
03/09/2006 14:09
 
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Pico della Mirandola e la droghiera
Giovanni conte di Concordia, è stato uno dei pensatori e filosofi più significativi dell’Umanesimo.
Quando nacque, si dice che sulla sua testa appari per poco tempo una fiamma circolare. Si vide in questo segno, il simbolo di una vita brillante ma fugace.
Dopo aver frequentato diverse università, da Bologna a Parigi, apprendendo il latino, il greco e il diritto, a sedici anni fu il più precoce degli eruditi. In seguito, imparati anche l’ebraico e l’arabo, si stabilì a Firenze dove cercò di scrutare i misteri della Cabala.
Entrato in buoni rapporti con Lorenzo de' Medici, Pico ebbe l’idea di radunare a Roma, solo ventitreenne e a proprie spese, un concilio di dotti con i quali discusse 900 sue tesi su molti rami dello scibile umano. Accusato d’eresia per certe idee, nonostante la fuga in Francia, subì l’onta della galera. Scarcerato poco tempo dopo, tornò a Firenze, dove morì a trentuno anni.
Nei periodi che della Mirandola visse alla corte di Lorenzo il Magnifico, venne considerato un giovane molto pio, morigerato nel mangiare e nel bere, e niente affatto turbato dal fascino delle donne.
Sono state invece trovate informazioni che mettono in luce una debolezza umana di Pico, definito dal Machiavelli : “essere quasi divino”.
Sembra che il conte abbia consumato l’amore carnale accompagnato da cibi semplici ma energetici e gustosi, con la moglie di un droghiere aretino. La storia creò un certo scalpore per l’epoca, perché Pico organizzò il rapimento dell’amante, dopo la morte del marito e il conseguente secondo matrimonio di lei con un de’ Medici assai povero. L’azione delittuosa sfociò in un uno scontro armato nel quale persero la vita quindici uomini. Della Mirandola, il suo segretario e l’amante compiacente, furono riacchiappati a Marciano in Casentino, e il conte si salvò dal carcere solo perché Lorenzo il Magnifico lo “coprì”, stabilendo che il vero organizzatore del complotto era stato il segretario all’insaputa di tutti.

Baccelli stufati per Pico

Questo è un piatto semplice tradizionale toscano, che da sempre risulta tra i preferiti di bottegai o intellettuali.
Sgusciare dei baccelli (fave fresche).
In un tegame fate rosolare nell’olio pezzettini di pancetta, aglio e prezzemolo. Dopo poco unite i baccelli, salate, pepate e fate stufare per quaranta minuti. Tenete il recipiente coperto e ogni tanto bagnate con del brodo. Alla fine i baccelli dovranno risultare morbidi e il liquido dovrà essere ritirato.
P.S. Ci sono alcuni buongustai che sostengono che i cuochi della corte de’ Medici aggiungessero un cucchiaio di zucchero a questa ricetta per fare risultare le fave più fresche e delicate.
03/09/2006 14:11
 
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Preparazioni alla Richelieu
“Grand’uomo! Io ti avrei dato la metà del mio regno per imparare da te a governare l’altra metà”. Con queste parole gonfie d’ammirazione, pronunciate nel 1717 sulla tomba del cardinale, lo zar Pietro il Grande dette l’omaggio più sincero al massimo genio politico del secolo precedente.
Richelieu ai più è familiare come il perfido oppositore dei moschettieri del romanzo di Dumas. In realtà fu un diplomatico accorto, dotato d’energia e volontà incrollabili, con un altissimo senso dello stato e un concetto poco caritatevole del prossimo. Cominciò come elemosiniere sotto Maria de' Medici e per conto di Luigi XIII, che poi nel 1624, gli affidò il regno nominandolo primo ministro. Richelieu combatté Spagna e Austria con successo, e contrastò il desiderio di potere dell’aristocrazia facendo ampio ricorso alla corruzione, allo spionaggio e alla menzogna. Si racconta che per farsi ordinare vescovo mentì persino al Papa. Fondò l’Accademia di Francia e altre istituzioni culturali.
Salute cagionevole e costituzione debole non gli impedirono d’apprezzare la buona tavola. Tutte le preparazioni che si fregiano della dedica “alla Richelieu” o “del cardinale”, anche se ideate decenni dopo la sua scomparsa, sono garanzia di ricchezza e raffinatezza. Dalla sogliola al nasello, dalle animelle ai sanguinacci di pollo, fino alla guarnizione dove è presente il pomodoro quale simbolo del cappello cardinalizio.

Fagottini di vitello Richelieu

Realizzare un impasto con salsiccia spellata, funghi tritati, madera, sale e pepe. Con la metà del ripieno farcire delle scaloppe di vitello tagliate sottili e ricavarne dei fagottini da legare con del filo. Dorarli al tegame nel burro. Aggiungere cipolla tritata, farina e sfumare con vino bianco. Poi aromatizzare con prezzemolo, alloro, dragoncello, timo e bagnare con brodo caldo. Incoperchiare e portare a cottura. Intanto affettare della lattuga, carota e cipolla e cuocerle in acqua bollente dolcificata con zucchero, e speziata di noce moscata, sale e curry. Togliere la calotta superiore a dei pomodori, svuotarli e salarne l’interno, tenendoli capovolti perché perdano l’acqua di vegetazione. Farcire i pomodori con la metà accantonata dell’impasto di salsiccia e funghi, e cuocerli a fiamma bassa in padella con olio d’oliva. Presentare i fagottini di vitello disposti su un largo vassoio contornati dai pomodori ripieni alternati a verdure varie condite con olio e sale.
03/09/2006 14:12
 
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Erasmo da Rotterdam alla tavola del ‘500
Nato a Rotterdam fu il più famoso umanista del suo tempo, viaggiò molto, tanto che potrebbe essere definito uno dei primi uomini “europei”. Fattosi prete si laureò in teologia nell'Università di Torino (1506), ma il principale ruolo che egli si riconobbe fu quello di scrittore. Nella lotta religiosa provocata dalla riforma di Lutero volle rimanere neutrale, attirandosi così l'ostilità sia dei protestanti che dei cattolici.
Erasmo, agli inizi del ‘500, durante un viaggio di ritorno dall'Italia all’Inghilterra per ingannare la noia e non sprecare in chiacchiere banali il tempo che dovevo passare a cavallo, compose “L'elogio della follia”. Parlando in prima persona, la Follia si auto elegge:
"fonte del primo e principale piacere della vita"; d'altra parte, si chiede, "varrebbe la pena di chiamare vita la vita se non ci fosse il piacere?"
Da questo spunto abbiamo pensato di meglio evidenziare i piaceri della tavola e del buon convivio, utilizzando il “Saper vivere” (1530), uno dei trattati pedagogici di Erasmo da Rotterdam, dove si legge:
-“Bisogna lavarsi le mani prima del pasto” (il sapone era raro),
-“A destra si mette il bicchiere e il coltello ben pulito, a sinistra il pane” (non c'era la forchetta ),
-“Se ti vien dato un tovagliolo, devi poggiarlo sull’omero o sul braccio sinistro”.
Vorremo concludere ricordandovi che la tavola dell’epoca non sempre era ricoperta con ricche tovaglie, c’erano sopra pochi oggetti: boccali, saliera, coltelli, cucchiai, e tutti quanti, dal re alla regina, al contadino a sua moglie, mangiavano sopratutto con le mani.

Giuncata dell’Ascensione

Trovare del caglio di latte e scioglierlo in un po’ d’acqua tiepida.
Versarlo quindi nel latte di pecora e farlo scaldare leggermente a fuoco basso. Togliere dal fuoco ed aspettare che coaguli.
La giuncata è ottima gustata da sola, versata sopra fettine di pane, oppure cosparsa di cacao.
03/09/2006 14:16
 
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Marchesa de Pompadour amante di Luigi XV
Luigi XV fu soprannominato il "beneamato" ma da tutti era ritenuto il più egoista, pusillanime e lussurioso dei re, avido di donne da amare e denaro da spendere.
Sulla statua equestre che tutt’oggi lo raffigura, ubicata in piazza della Concordia a Parigi, posta sopra i simboli di giustizia, forza, prudenza e temperanza, qualcuno commentò: "le virtù vanno a piedi ed il vizio a cavallo!" Nell'esecuzione dei suoi piani, il re trovò una complice d'eccezione in madame Pompadour.
J. Antoniette Poisson era figlia d'un macellaio, ma la madre riuscì a farla sposare con un nobile di basso rango.
Conosciuto il re ad un ballo riuscì a prendere il posto di favorita, e rimanendo al suo fianco per circa 20 anni influenzò la politica francese.
Nominata marchesa nel 1745, odiata dal popolo e guidata da un'ambizione senza pari ( le sarebbe attribuita la fatidica frase: "dopo di noi il diluvio"), riuscì a mantenere viva la passione del suo re con ogni mezzo.
Secondo quanto racconta l'abate Soulavie negli - Aneddoti della corte di Francia – la Pompadour si “adattò a procurargli femmine compiacenti purché quello non la lasciasse". Proprio per tale scopo, oltre a travestirsi, organizzò nel Parco dei Cervi un harem di stato con giovanissime lolite, reclutate da personale regolarmente stipendiato da editto reale.
La Marchesa non disdegnò neppure il buon cibo, se questo l’aiutava a raggiungere i suoi fini, e sembra che gli afrodisiaci tartufi neri e la cioccolata furono tra i suoi più cari “amici”.
Secondo la tradizione francese, sarebbe stato il seno piccolo e tondo della Pompadour ad offrire forma e proporzioni alla prima coppa di champagne

Sogliole Marchesa de Pompadour

Sogliole – burro – pangrattato – salsa besciamella – tartufo nero - sale - pepe
Preparazione
Passare nel burro fuso e poi nel pangrattato filetti di sogliola precedentemente puliti.
Dorarli in burro spumeggiante da entrambi i lati, salare e pepare.
Disporre le sogliole a ventaglio su un vassoio, guarnendole con salsa besciamella e lamelle di tartufo nero.
03/09/2006 14:17
 
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Giacomo Casanova principe dei maccheroni
Giacomo Casanova è stato ritenuto il più grande seduttore di tutti i tempi, e ancor oggi nella lingua italiana il termine “Casanova” è sinonimo di "rubacuori”.
Era brillante letterato, instancabile viaggiatore, avventuriero, forse spia al servizio dei dogi, frammassone e soprattutto libertino.
Molto amò le donne, e pare che il suo "segreto" sia stato lo zinco contenuto nelle ostriche di cui divenne smodato consumatore.
Se Venezia era ai suoi piedi, non meno successo ebbe in Francia dove cenò con i regnanti.
Inventò giochi e lotterie. Occultista di fama si arricchì, secondo la moda del tempo, sulla credulità dei vecchi aristocratici, convinti di poter riottenere col suo tramite medianico la perduta giovinezza.
Tanto furono spericolate la sua giovinezza e maturità (fino alla reclusione nella prigione lagunare dei Piombi), tanto fu grigia e decadente la vecchiaia.
Rimasto povero, ignorato dalla bella società, trascorse gli ultimi anni della vita ospite di un castello di Boemia, lamentandosi con i camerieri perchè non gli preparavano la polenta o l'amata pasta.
Nel 1734 Casanova compose addirittura un sonetto in onore dei maccheroni, dei quali avrebbe fatto tali abbuffate da venire incoronato "principe dei maccheroni".
Dalle sue "Memorie" vogliamo estrarre queste affermazioni su cibo e donne:
"Ho molto amato anche la buona tavola ed insieme a tutte le cose che eccitano la curiosità...
Ho amato i piatti dal sapore forte: i maccheroni preparati da un bravo cuoco napoletano, l'oca putrida, il merluzzo di Terranova molto vischioso...
Per ciò che riguarda le donne, ho sempre trovato che quella che amavo aveva un buon odore, e più la traspirazione era forte più mi sembrava soave".

Maccheroni Giacomo Casanova


Maccheroni – ricotta salata fresca – strutto – olio d’oliva – sale – pepe
Preparazione
Portare ad ebollizione abbondante acqua salata e cuocervi al denti i maccheroni.
Intanto, scaldare abbondante olio d’oliva con dello strutto.
Scolare la pasta, metterla nel piatto di portate e irrorarla con il condimento ben caldo.
Cospargere i maccheroni di ricotta sbriciolata, profumare con pepe nero appena macinato, mescolare e servire la pietanza.
03/09/2006 14:18
 
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Galileo Galilei albergatore e vinaio delicato
Nacque a Pisa nel 1564, dove il padre gestiva un piccolo negozio di tessuti e al tempo stesso si dilettava a comporre musica.
Scienziato, filosofo e scrittore con idee rivoluzionarie, dal carattere ironico e caustico, durante la vita ebbe non pochi nemici.
Si devono a lui l’invenzione del primo cannocchiale, la legge del pendolo e la macchina per alzare l’acqua, ma Galileo è passato alla storia anche per avere abbracciato la teoria copernicana:
«non il sole gira intorno alla terra, ma la terra e gli altri pianeti girano attorno al sole».
Nonostante fosse sincero cattolico e amico di Papa Urbano VIII, fu processato per eresia dal Santo Uffizio e costretto a presentarsi all’udienza indossando un sacco in segno di umiltà. Condannato all'abiura ed al carcere, venne costretto al confino.
Esisterebbe un curioso documento, riferito a Galileo Galilei, professore di matematica all’università di Padova. È una nota delle spese di carni acquistate presso un macellaio di Abano Terme.
I quantitativi consumati fra l’11 dicembre 1604 e il 29 gennaio 1605 sarebbero enormi per una sola persona, ma sappiamo che il grande scienziato ospitava nella sua casa padovana, secondo un’usanza dei professori del tempo, alcuni studenti dai quali riceveva in cambio una retta mensile.
Gli scolari italiani, polacchi, tedeschi, inglesi e francesi, avrebbero frequentato la “pensione” Galilei, attratti oltre che dall’amabilità del professore, anche per la qualità di vivande e vini.
Un altro aneddoto, sul rapporto dello scienziato con l’enogastronomia è riportato nel “Racconto istorico sulla vita di Galileo” di Vincenzo Viviani, che gli stette vicino dall'ottobre del 1639 fino alla morte. L’autore, ricordando la permanenza di Galileo nella villa del Chianti lo descrive:
“dilettarsi nella delicatezza de' vini e delle uve e del modo di custodire le viti, ch'egli stesso di propria mano potava e legava nelli orti".

Galileo Galilei e la schiacciata con l’uva

Pasta di pane – olio – zucchero – uva nera
Ricetta
Lavorate la pasta del pane aggiungendo olio e zucchero.
Sul tavolo infarinato stendete metà della sfoglia, molto sottile, poi adagiatela su una teglia ben unta.
Cospargetevi sopra abbondanti chicchi d’uva, lavati, asciugati e spolverati di zucchero.
Stendete la restante pasta e fatene un altro strato, rifinendo nuovamente con uva e zucchero.
Irrorate con un filo d’olio d’oliva e cocete in forno ben caldo.
03/09/2006 14:20
 
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Bartolomeo Scappi cuoco rinascimentale
Al rinnovamento gastronomico italiano a metà del ‘500, serviva ancora un Michelangelo che portasse l'arte culinaria al suo massimo compimento. Alla fine arrivò il supremo maestro: Bartolomeo Scappi.
Tutto quello che sappiamo di lui si trova sparso qua e là tra le pagine della sua opera.
Nato probabilmente da famiglia di ceppo veneto (primi decenni ‘500) sembra che raggiunse una posizione di rilievo come cuoco del cardinal Campeggi, poiché descrive minuziosamente il banchetto organizzato nel 1536 in onore dell’imperatore Carlo V. Alla morte del cardinale, avvenuta nel 1539, Bartolomeo probabilmente si trasferì in casa del cardinale Carpi, appartenente alla ricchissima famiglia proprietaria di uno dei maggiori palazzi di Roma. Si sa per certo che lavorò presso un altro cardinale, poiché descrive il servizio dei pasti del conclave, tenutosi nell’inverno 1549-50, con il quale fu eletto pontefice Giulio II. Quella volta l’assemblea durò più di due mesi e poiché gran parte dei dignitari erano ghiotti buongustai, il cibo giocò un ruolo importante. I servitori portavano i pasti già pronti in cesti rosso scarlatto recanti le insegne dei cardinali. Una schiera di vescovi sottoponeva i cesti a un meticoloso controllo, affinché con il cibo non giungesse nessun messaggio scritto dall'esterno. Come riferisce lo stesso Scappi, le sfogliate ripiene erano proibite perché si prestavano particolarmente bene a cuocervi dentro dei bigliettini. In seguito i detrattori di Bartolomeo sostennero che senza di lui i cardinali sarebbero stati molto più veloci nella scelta del nuovo pontefice. Scappi continuò a prestare la propria opera alla chiesa, tant’è che lascia cadere un accenno al “felice anno 1564”, quando servì il papa. Era Pio IV, un lombardo famoso per l’amore di sformati, budini e rane. Sembra che lo Scappi abbia trascorso i suoi ultimi anni al servizio di Pio V, poiché fornisce un resoconto del suo banchetto d’intronizzazione, affermando di esserne stato successivamente “cuoco segreto” (cuoco privato).

Per fare Crostata d'alici salate di Scappi
Farina – burro – acqua – alici (filetti d’acciuga) – formaggio grattugiato – uova – sale – pepe
Preparazione
Pulite delle acciughe, lavatele bene ed asciugatele.
Disponete della farina a fontana, mettendovi al centro del burro ammorbidito tagliato a pezzettini, una presa di sale e un po’ d’acqua tiepida.
Impastate e senza lavorare troppo fate una palla che avvolgerete in un tovagliolo lasciandola riposare un paio d’ore.
Preparate un composto con del formaggio grattugiato, delle uova, una presa di pepe, amalgamando bene il tutto.
Con l’impasto fate una sfoglia non troppo sottile e foderateci una tortiera, dove verserete all’interno il ripieno decorando con i filetti di acciughe. Infornate la torta e servitela tiepida o anche fredda.
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