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Papa Leone X fra indulgenze e banchetti

Ultimo Aggiornamento: 04/09/2006 13:18
04/09/2006 13:15
 
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“Palle! Palle!” fu il grido di giubileo che nel 1513 si sollevò sia a Roma che a Firenze, per indicare che il soglio di Pietro era andato alla famiglia de’ Medici, nel cui blasone comparivano sei palle.
Leone X (figlio del Magnifico ) con un precario stato di salute, fu eletto Papa a trentotto anni senza nemmeno essere sacerdote ma solo diacono.
Nella storia della Chiesa non si erano mai visti preparativi così fastosi per l’insediamento del successore di Pietro. Furono migliaia gli artisti che arrivarono a Roma a dipingere quadri, scolpire statue e costruire archi trionfali. Leone X fu un vero principe, amante dell’arte e dei piaceri, con uno stile di vita più improntato all’aspetto laico che a quello apostolico.
Anche se zelante agli obblighi religiosi legati alla sua carica, rivelava la sua vera natura nella passione della cultura, nelle grandi battute di caccia al cervo o al capriolo, e nelle spettacolari riunioni conviviali che lui stesso organizzava. Per Roma città cosmopolita, gli anni di questo Papa furono davvero d’oro, ed il banchetto rappresentò il momento della massima esibizione del potere. Le cronache del tempo sono piene di questi eventi, attesi dal popolo come occasione per mangiare il cibo “avanzato” ai potenti.
Descritto nei minimi dettagli, dal menù alla coreografia, fu il banchetto con il quale si solennizzò la cittadinanza romana accordata a Giuliano de’ Medici, fratello del Papa. In piazza del Campidoglio si allestì un grande teatro capace di contenere oltre tremila persone, con disposte sulla scena tavole imbandite di stoviglie preziosissime e venticinque servizi articolati in cibi ricoperti d’oro.
Leone X, grazie a banchetti come questo, creò un vero stile del ricevere, spingendo nobili e ricchi di Roma a fare a gara per mostrarsi sulla scena gastronomica con sempre nuove e stupefacenti trovate. Per esempio, il banchiere Agostino Chigi, dopo ogni portata soleva far gettare nel Tevere, tra le esclamazioni di stupore della folla, le stoviglie d'argento appena utilizzate (sembra tuttavia che la notte le stoviglie venissero recuperate con delle reti opportunamente predisposte).
Questo era dunque lo scintillante clima culinario del tempo di Leone X, Papa che però è passato alla storia sia come cattivo uomo di chiesa (promosse il mercato delle indulgenze), che come politico incapace a giudicare l’importanza del fuoco religioso acceso da Martin Lutero, contro il quale si limitò ad emettere una Bolla, ricca di purpurei nastri, sigilli e ceralacca (Bolla Exsuge Domine).
04/09/2006 13:16
 
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Capriolo arrosto alla moda di Leone X
Arrostire un coscio di capriolo da ogni lato per qualche minuto.
Mentre la carne si raffredda, tagliare a striscioline del lardo, passarlo in una miscela di pepe macinato, cannella in polvere, noce moscata, sale, e lardellarci il coscio.
Infilzare la pietanza su uno spiedo e arrostirla per mezzora, avendo cura di raccogliere i sughi rilasciati durante la cottura.
Intanto che il coscio si raffredda, preparare una salsa bollendo per alcuni minuti il sugo di cottura, dell’aceto, acqua di rose, zucchero e la miscela di spezie e sale.
Servire la carne tagliata a fette sottili ricoperta con la salsa.
04/09/2006 13:18
 
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Paolo III Papa del buon bere


Alessandro, della potente famiglia Farnese, è passato alla storia come uno dei campioni del più sfrenato nepotismo. Tipo energico, dal portamento aristocratico e di buona cultura, ebbe numerosi figli e fama d’impenitente donnaiolo, tanto da farsi soprannominare “Cardinal della Gonnella”.
Eletto Papa nel 1534, divenne convinto assertore di una riforma della disciplina e dei costumi della Chiesa, rimanendo però legato ai piaceri della tavola. Eccovi alcuni prodotti che si faceva arrivare dai suoi possedimenti: cervi e cinghiali da Castro, fagiani e spigole dall’isola di Bisentina, trote e anguille da Montalto, cipolle e verdure da Gradoli, melaranci da Capodimonte, olio e miele da Canino.
Papa Farnese non fu solo cultore del “buon mangiare”, Bartolomeo Scappiera suo cuoco, ma anche del “buon bere”. Paolo III professava un tale culto per il vino, come ci testimonia il bottigliere pontificio Sante Lancerio, da averne uno per ogni ora del giorno, per ogni mese dell'anno, per quando viaggiava, e per quando si sentiva afflitto dal peso della vecchiaia.
Questa passione per Bacco non gli impedì comunque di convocare il XIX Concilio Ecumenico di Trento allo scopo di ricucire l’unità della Chiesa, dopo lo strappo di Martin Lutero, e sanare la dilagante corruzione.
Papa Farnese fu particolarmente legato a Parma, città nella quale aveva cantato Messa e ricoperto la carica di Vescovo, ed è proprio nella tradizione emiliana che si conserva una ricetta di un tipo di tortellini che pare gli fossero graditi.
04/09/2006 13:18
 
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Tortellini di Paolo III
Preparare un impasto con farina, uova e un pizzico di sale, affinché risulti morbido, e lasciarlo riposare coperto da un canovaccio.
Tagliare a pezzetti dei fegatini di pollo cotti brevemente nel burro, e farne un ripieno aggiungendo funghi con polpa di pollo lessata nel brodo e spezzettata.
Unire al trito: sale, pepe e noce moscata.
Tirare la sfoglia molto sottile e tagliarla a quadrati di due dita di lato. Mettere su ciascun quadretto di pasta una nocciola di ripieno, ripiegare a triangolo, premere lungo i lati, poi piegare i vertici del triangolo e congiungerli avvolgendo il tortellino in preparazione intorno al dito indice.
A mano a mano che ogni ombelico di venere verra fatto, disporlo su una tovaglia infarinata.
Lessare i tortellini in un buon brodo di manzo e servirli come minestra.
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