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La cena di Trimalcione nel Satyricon di Petronio

Ultimo Aggiornamento: 25/01/2007 23:46
25/01/2007 22:37
 
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La vicenda

La vicenda è narrata in prima persona da Encolpio, giovane di buona cultura, che viaggia insieme al bel Gitone attraverso il mondo degradato e opulento dell'età imperiale. La loro storia amorosa si intreccia all'incontro con molti personaggi e a situazioni ambigue, e lascia spazio a digressioni letterarie e vivaci scene di costume.

La cena

E' Encolpio, quindi, che ci introduce alla cena di Trimalcione, un liberto diventato ricchissimo, quello che noi chiameremmo "un uomo che si è fatto da sé". Alla sua ascesa sociale, tuttavia, non è corrisposta un'ascesa intellettuale, perciò questo ricco possidente esibisce lo sfarzo in cui vive, ma non dimostra alcuna raffinatezza, e quando ostenta la propria cultura non fa altro che riportare citazioni imparate a memoria, che però confonde inevitabilmente, visto che si vanta di non essere mai stato a scuola dai filosofi.
Anche la sua famosa cena rispecchia questa tendenza all'ostentazione, perché è impostata come un susseguirsi di piatti studiati attentamente per stupire: cibi costruiti come scatole cinesi, con una sorpresa dentro l'altra; cibi che hanno un certo aspetto e poi si rivelano tutt'altra cosa; Trimalcione e i servi che recitano come su un palco, a sottolineare la teatralità delle portate. Non a caso il cuoco viene presentato con il nome di Dedalo: cuoco architetto, di cui sono esaltate le straordinarie possibilità creative; sa infatti realizzare qualunque piatto a partire da diverse materie prime: un pesce da una vulva, un colombo da un pezzo di lardo, una tortora da un prosciutto, una gallina da una pancetta. Il gusto per il travestimento dei cibi non sarà stato sconosciuto ai romani, ma qui raggiunge livelli davvero estremi.
Insomma, enigmi, travestimenti e finzioni sono gli ingredienti di questa cena.
Vediamo, allora, quali tipi di espedienti vengono usati per stupire con il cibo.

* L'antipasto con cui si apre la cena si presenta così: nel mezzo del vassoio c'è un asinello di bronzo corinzio con due bisacce piene l'una di olive bianche, l'altra di olive nere; sopra l'asinello, due piatti che portano inciso il nome di Trimalcione e il loro peso d'argento; ponticelli saldati gli uni agli altri sostengono ghiri conditi con miele e papavero. C'è poi una graticola d'argento, con salsicce calde sopra e, sotto, prugne di Siria e chicchi di melagrane per imitare la brace.

E' una portata, questa, che si serve di un oggetto decorativo (l'asinello di bronzo), è costruita con la complessità di una vera e propria architettura (i ponticelli), e offre il suggestivo effetto illusionistico di prugne e chicchi di melagrane che imitano la brace scura e incandescente.

* Mentre i convitati sono ancora all'antipasto, viene servito un grande vassoio che porta una cesta e una gallina di legno con le ali aperte a ventaglio "come fanno quando covano". Due schiavi frugano nella paglia e tirano fuori uova di pavone che distribuiscono ai commensali. Dopo questo "colpo di scena", Trimalcione si dichiara preoccupato che le uova di pavone covate da una gallina possano contenere il pulcino, e invita tutti a controllare: si spezza il guscio, fatto con densa farina, e si trova un grasso beccafico che nuota in un rosso d'uovo pepato.

Questo piatto è una sorpresa continua. Come il precedente, si serve di un oggetto decorativo (la gallina di legno). Non di poco conto, tra l'altro, è l'attenzione per la posizione delle ali, perché chi ha realizzato questo oggetto non ha proposto soltanto una gallina, ma una gallina intenta a covare. Gli schiavi, allora, frugano nella paglia, come se si trovassero in un'aia, ed ecco, per la prima volta, un colpo di scena: uova di pavone covate da una gallina! Ed è il turno di Trimalcione, che recita la sua parte fingendo preoccupazione e creando tensione tra i convitati per quello che si può trovare nelle uova; e sortisce l'effetto sperato, perché il narratore confessa che per poco non buttò via quello che aveva nel piatto, poiché gli sembrava di vedere già un pulcino ben formato. Ma non è un vero guscio, è fatto di farina, quindi il cibo non è quello che sembra, è un'illusione. Tanto è vero che, rompendo il presunto uovo, si trova un beccafico nel rosso d'uovo: un altro colpo di scena basato sull'effetto delle scatole cinesi, una sorpresa dentro l'altra.

* La portata successiva non risponde alle aspettative dei commensali, eppure li colpisce per lo spettacolo che offre. E' un grande trionfo da tavola, con i 12 segni dello zodiaco disposti in cerchio e, su ciascuno, un cibo che allude a quel segno: ceci cornuti (Ariete), una bistecca di manzo (Toro), testicoli e rognoni (Gemelli), una corona (Cancro; è il segno di Trimalcione, che non ha voluto rappresentarlo con delle vivande per non gravare sulla sua stella), fichi d'Africa (Leone), una vulva di scrofetta (Vergine), una bilancia che porta una torta in un piatto e una focaccia in un altro (Bilancia), un pesciolino di mare (Scorpione), un corvo (Sagittario), una locusta di mare (Capricorno), un'oca (Acquario), due triglie (Pesci). Al centro del trionfo, una zolla tagliata con la sua erba sostiene un favo di miele, perché la madre terra è al centro di tutto e racchiude in sé ogni dolcezza. A questo punto, quattro servi tolgono la parte superiore del trionfo e compare un vassoio con pollame ingrassato, ventresche di scrofa e, in mezzo, una lepre con le ali posizionate in modo da raffigurare Pegaso. Agli angoli, quattro satiri con piccoli otri versano salsa piccante su alcuni pesci che nuotano. La sorpresa è apprezzata, scaccia il poco entusiasmo con cui era stata accolta la portata e tutti si mettono ad applaudire.

I commensali sembrano soddisfatti solo quando viene presentata loro la sorpresa, che si basa sul gioco delle scatole cinesi: un'intera scenografia nascosta all'interno della parte centrale del trionfo.
Un aspetto che non va trascurato è che Trimalcione spiega le caratteristiche dei nati sotto ciascun segno: il cibo, quindi, non è solo delizia degli occhi e del palato, ma anche arricchimento intellettuale, perché portatrice di una simbologia che può richiedere una spiegazione. Non è comunque nostro compito valutare la profondità della simbologia di questi piatti, perché Trimalcione si presenta come un uomo grossolano e poco colto, quindi non ci si può aspettare una spiegazione raffinata.

* Iniziano i preparativi per la nuova portata. Vengono distesi sui letti tappeti raffiguranti scene di caccia: reti e cacciatori in agguato. Poi, compare una muta di cani di Laconia che corre ovunque. Finalmente, viene servito un grande vassoio con un enorme cinghiale con un berretto in testa; dalle zanne pendono due cestelli di foglie di palma intrecciate: uno pieno di datteri freschi, l'altro di secchi. Intorno, porcellini di pasta dura sembrano attaccati alle mammelle e indicano quindi che il cinghiale è femmina. Un gigante vestito con un gabbano da caccia si fa avanti e colpisce il fianco del cinghiale, e dalla ferita esce uno stormo di tordi, subito catturati dagli uccellatori. Trimalcione chiede di vedere di quali ghiande si è nutrito l'animale, e vengono serviti, in parti uguali, datteri freschi e secchi.

Il tema di questa portata viene enfatizzato in tutti i modi: non solo i tappeti, ma addirittura i cani proiettano i commensali in una battuta di caccia. E' come se venisse cambiato lo sfondo della scena per un nuovo atto teatrale. E la teatralità, alla cena di Trimalcione, è di casa, come viene ulteriormente sottolineata dal taglio della carne, compiuta dal gigante vestito da cacciatore. Un nuovo colpo di scena, quindi, con il volo dei tordi, non solo per l'effetto delle scatole cinesi (i tordi dentro al cinghiale), ma proprio per la spettacolarità del librarsi in volo degli uccelli. I porcellini di pasta dura sono un altro esempio di perizia dell'arte culinaria, la cui funzione non secondaria è quella di chiarire il sesso femminile del cinghiale. Per servire i datteri viene usato un pretesto, cioè la richiesta di Trimalcione di vedere le ghiande di cui si è cibato l'animale: il padrone di casa è sempre complice dello spettacolo che è in scena.
Come la portata precedente, anche questa richiede una spiegazione, seppure venga dichiarata superflua: il cinghiale è stato presentato con il berretto da liberto perché, servito il giorno prima come ultima portata, non era stato mangiato dai commensali ormai sazi; è, dunque, un liberto.
A questo punto, Trimalcione affranca uno schiavetto che raffigura Bacco, sottolineando questo gesto con l'esortazione "Dioniso, sii Libero", un gioco di parole basato sul fatto che Dioniso e Libero sono due appellativi di Bacco.
La scena, dunque, va ben oltre il tema della caccia e la complessa scenografia per rappresentarla; culmina con un atto di teatrale generosità del padrone di casa.

* I commensali non sospettavano di essere soltanto a metà di "quel cammino di delizie": vengono portati tre maiali bianchi vivi. Saranno gli ospiti a scegliere quale cucinare. In realtà, poi, a decidere è Trimalcione, che opta per il più grosso, perché i suoi cuochi "son capaci di mettervi in casseruola un vitello intero". Poco dopo, il maiale viene servito e tutti sono stupiti della rapidità dell'esecuzione. Ad un tratto, Trimalcione inizia a imprecare perché si è accorto che il maiale non è stato sventrato e vuole punire il cuoco che, piagnucolando, ammette di essersene dimenticato. Allora Trimalcione lo invita a sventrarlo lì, davanti a tutti: ed ecco che, dai tagli, escono salsicce e sanguinacci.

La scena è stata ben studiata: la presentazione dei maiali ancora vivi, la scelta del più grosso da cucinare e la rapidità della cottura creano le condizioni per rendere credibile l'indignazione di Trimalcione che, a ragione, si infuria per la mancanza di attenzione del cuoco; entrambi, qui, recitano una parte: il padrone indignato e il cuoco colpevole e desolato. A sciogliere la tensione è un ennesimo colpo di scena, che segue di nuovo lo schema delle scatole cinesi: il maiale che contiene salsicce e sanguinacci. Non sono le viscere che ci si aspetterebbe di vedere; ancora una volta, il cibo non è quello che sembra, è un'illusione. Il gioco sembra particolarmente riuscito, perché salsicce e sanguinacci si prestano bene a rappresentare le interiora. Il cuoco riceve l'applauso della servitù.

* Su un vassoio di 200 libbre viene portato un vitello con un elmo in testa. Uno, proprio come Aiace pazzo (sono appena stati narrati episodi omerici), taglia a pezzi l'animale, lavora di taglio e punta e offre le fette disposte sulla spada ai commensali stupefatti.

In questo episodio non c'è alcun colpo di scena, né finzione. Lo stupore dei commensali è dato dall'abilità con cui "l'Aiace pazzo" lavora la carne per servirla. Se si può parlare di teatralità dell'azione, la si deve riferire ai modi con cui viene svolta, perché non è sostenuta da alcuna costruzione preparata ad hoc. Certamente, il racconto della follia di Aiace l'ha anticipata e ha creato il giusto clima per realizzare quel taglio forsennato della carne.

* Sulla tavola è posto un trofeo colmo di torte con, in mezzo, un Priapo di pasticceria che, secondo l'uso, porta in grembo uva e frutti di ogni genere, simbolo di fecondità. I commensali stendono avidamente le mani su tanta abbondanza quando torta e frutta, appena sfiorate, gettano fuori schizzi di zafferano.

Ritroviamo qui sia l'uso della pasticceria per rappresentare un soggetto simbolico, sia un nuovo effetto sorpresa: è facile immaginare la vivacità della scena quando i commensali, intenti a prendere dolce e frutta, si vedono schizzare di zafferano…

* I commensali sono sazi perché, al solo ricordo dei manicaretti, al narratore si rovescia ancora lo stomaco. Ma Trimalcione insiste affinché ciascuno mangi una gallina ingrassata e disossata, con contorno di uova d'oca incappucciate.
* Poi, un altro piatto sapientemente preparato: tordi di fior di farina ripieni di uva passa e noci, a cui seguono mele cotogne irte di spine così da sembrare ricci. Infine, un piatto che ha l'apparenza di un'oca ingrassata circondata da pesci e uccelli di ogni tipo: il tutto preparato con carne di maiale.

Tutti questi piatti sono basati sull'apparenza: i tordi in realtà sono fatti di farina, i ricci sono mele cotogne, e anche oca, pesci e uccelli non sono quello che sembrano. Si tratta di giochi illusionistici, trasformazioni, sperimentazioni.

* Infine, entrano due schiavi che sembrano avere litigato presso la fontana e, con un randello, distruggono ciascuno l'anfora dell'altro. Rimangono tutti sbigottiti quando dalle anfore cadono ostriche e pesci pettine che uno schiavo raccoglie su un vassoio e distribuisce.

I due schiavi sono i nuovi attori che entrano in scena: il loro litigio è una finzione che crea confusione, tensione e prepara un altro colpo di scena; la rottura delle anfore, che sembra il culmine della discussione, in realtà è l'espediente per servire ostriche e pesci, che fanno il loro ingresso seguendo l'ormai consueto schema delle scatole cinesi.



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25/01/2007 23:46
 
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gran maestro
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uaz, qui va di storie di satiri, di cibo con elmo, ecc.. ecc..

puzza di studi classici lontano 1 miglio sto post [SM=g27824]

ma allora già ke ci siamo aggiungiamo una breve infarinata sui personaggi, così il satyricon dell'arbitro petronio (infame gioco di parole [SM=g27816] ) è più commestibile [SM=g27828]


Encolpio

giovanotto di buona cultura, intenditore di lettere, intellettualmente ben dotato e sensibile alle arti; grande sfaccendato e anche un po' furfante, non è comunque privo del coraggio di fustigare i vizi che compromettono una buona formazione artistica dei giovani. Tuttavia, le sue inclinazioni sessuali (per dirla franca, è un gay) e la sua morbosa gelosia nei confronti di Gitone (il suo giovane e più che intimo amichetto), gli fanno spesso assumere atteggiamenti di dubbia moralità. Del romanzo di Petronio è il personaggio in cui forse si può maggiormente scorgere lo stesso Autore.



Ascilto

compagno di avventure di Encolpio e di Gitone, è un giovane grossolano e violento, fatto di puro istinto, piuttosto scarso di cultura e incapace di cogliere le bellezze delle arti, con un' indole portata a risolvere ogni situazione con l'irruenta esibizione dei muscoli. E non si sente per nulla imbarazzato, a sua volta, di fronte ad occasioni di tipo omosessuale.



Gitone

sedicenne piuttosto belloccio, di aspetto femmineo e dall'atteggiamento effeminato; molto lascivo e di animo ipocrita: amante interessato sia di Encolpio che di Ascilto, a seconda del proprio capriccio libidinoso e di ciò che più gli conviene al momento.



Trimalcione

il classico villano rifatto, che in ogni sua manifestazione tradisce la bassezza della propria origine plebea, la sua educazione volgare, la bassezza grossolana dei suoi gusti. Fra gli studiosi dell'opera di Petronio, c'è chi ha visto in lui la personificazione di Nerone, chi invece una feroce satira di tutti quei liberti (fatti assurgere da Nerone stesso alla carica di suoi ministri e funzionari) che, sfruttando ogni loro più venale istinto, gravitavano arricchendosi intorno alla corte imperiale. E tuttavia Trimalcione è uomo, a modo suo, non privo di "qualità": sa bene come concludere un buon affare, anche se non esattamente pulito; è un gran conoscitore del mondo e della società in cui, manigoldo fra i manigoldi, deve destreggiarsi, e non gli manca quella carica di ottimismo a tutti i costi che gli permette di non farsi mai scoraggiare da impedimenti e difficoltà. Il classico parvenu , che però, al contrario di molti altri, non ci prova nemmeno a nascondere le sue basse origini e la sua marcata grossolanità, e che persino verso i suoi schiavi sa mostrare tolleranza e benevolenza.

[SM=x629128]
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