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L'arte della parola

Ultimo Aggiornamento: 13/11/2007 19:06
13/11/2007 19:06
 
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admin
sublime maestro
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Al Mart di Rovereto, una grande mostra indaga le incursioni della parola nelle avanguardie del Novecento
Oltre 800 opere ricostruiscono il legame tra scrittura e arti visive, dal futurismo a oggi



In principio fu il verbo del futurismo. O meglio, il pirotecnico e chiassoso "Zang Tumb Tumb", il gioco audace e provocatorio delle "parole in libertà", tra divertissement onomatopeici e versi spericolati, a imporsi come nuova poetica. Fu l'euforia e la carica trasgressiva del movimento italiano, all'alba del Novecento, trascinato dall'esuberanza di Filippo Tommaso Marinetti, ad escogitare un nuovo ruolo per la parola scritta, che entrava da protagonista, e non più come appendice didascalica, nell'opera d'arte. Dalla letteratura all'arte visiva, era un salto vertiginoso. Poca logica e tanta provocazione all'insegna di una violenza logorroica, era questa l'arma di un manipolo di fieri e goliardici "paroliberi futuristi", che volevano uccidere "il chiaro di luna", liquidando tutte le radici della poetica italiana, rifiutando sentimentalismo e romanticismo, lanciando nuove chiavi di lettura, da "Leopardi maestro d'ottimismo" a "Orlando Furioso maestro di velocità". Da qui in poi, la parola è stata molto di più. Dipinta, disegnata, storpiata, cancellata, incollata, assemblata, declamata, ricalcata, evocata, in sostanza manipolata, attraverso le "rivoluzioni artistiche" del secolo scorso che nell'avanguardia futurista riconoscevano la loro culla.

A cominciare dal movimento Dada, che in comune col futurismo aveva innanzitutto l'implicazione diretta e continua tra arte e vita. Una lezione che poi è stata metabolizzata da quasi tutti i movimenti del secondo dopoguerra, dal New Dada alla Pop Art al Nouveau Réalisme al Living Theatre. Le tavole di "parolibere" sono diventate saggi di automatismo surrealista, per essere trasfigurate poi negli happenings, nelle performance, nelle plateali esperienze di body art. Tutto questo lo racconta la mostra "La parola nell'arte. Ricerche d'avanguardia nel '900. Dal Futurismo ad oggi attraverso le collezioni del Mart" che si apre nella sede museale di Rovereto dal 10 novembre al 6 aprile, sotto la cura di Giorgio Zanchetti. Operazione espositiva che indaga nel profondo una singolare liaison dangereuse attraverso oltre ottocento opere, molte delle quali provenienti dalle collezioni del Mart, ma anche da grandi musei e collezioni internazionali, tra dipinti d'altissima qualità, disegni, manifesti, libri d'artista, opere letterarie, collage e grandi installazioni. Bando, dunque, alla "bella pittura" e spazio al "sublime ibrido della contaminazione dei linguaggi dell'arte".

La sperimentazione verbo-visuale, "terreno fertilissimo dell'esperienza estetica contemporanea", come sottolinea il curatore, viene ricostruita lungo un percorso tematico articolato in undici sezioni, che parte inevitabilmente dal futurismo e dalle sue dissacrazioni letterarie, tra la febbricitante verve compositiva di Martinetti e Balla, le raffinatezze da onomalingua di Fortunato Depero, le pitture contaminate da inserti a collage di Gino Severini e Carlo Carrà, fino alla pionieristica esperienza di pittura e scrittura di Boccio nei suoi "Gli uomini".



D'altronde, come annota il curatore, "la disposizione delle parole, in modo che ciascuna porti con sé 'un'immagine o un'idea contornata da una vaga aura di associazioni', si avvicina alla metodologia del collage. Lo strumento fondamentale del poeta è la metafora: 'il nesso tra due cose differenti'". Dal futurismo si salta a Dada e Surrealismo, che offrono la riflessione più avanzata sulle interrelazioni tra parola, immagine
e pensiero, elargendo procedimenti di sostituzione dell'immagine con la parola, di inversione, di falsa tautologia e di negazione paradossale. Come dimostrano Francis Picabia e Tristan Tzara, Marcel Duchamp con i suoi famigerati ready-made e Man Ray con i livre-objet. O Kurt Schwitters che escogita i collage ad effetto plastico frutto del prelievo di materiali del quotidiano, o gli automatismi chirografici di Andrè Masson, o ancora due disegni di René Magritte, che, con la famigerata iscrizione "Ceci n'est pas une pipe", stimola, come avverte il curatore, "anarchicamente alla scoperta di zone d'ombra del pensiero e svela l'aporia della logica convenzionale".

Gli anni Venti sono attraversati anche con un'attenzione all'avanguardia russa del costruttivismo, dove la parola ha giocato un ruolo chiave soprattutto nella sperimentazione tipografica di propaganda, tra i libri e i manifesti, tradizione che viene rievocata dagli esiti artistici-testi di Vladimir Majakowskij, di cui sono presenti in mostra ben 13 esemplari, tra riviste e volumi. Ed è sul montaggio, ossia sull'accostamento audace di spunti e concetti diversi, ma anche dalla congiunzione di elementi linguistici prelevati da differenti contesti, che fa leva in gran parte la serie rinnovata degli esercizi verbovisuali delle seconde avanguardie. Chi guarda ai caratteri tipografici come negli anni '50 gli artisti della poesia concreta, come Carlo Belloli, Eugen Gomringer, chi veicola messaggi di protesta a suon di elementi verbali presi in prestito ai media, come il Gruppo 63, chi gioca con la società consumistica sfidando i mezzi di comunicazione di massa e l'universo dei marchi, tra New Dada e Pop Art, tra Rotella e Schifano, Warhol e gli assemblage trash di Arman.

Chi contamina fa della parola un virtuosismo concettuale di forte connotazione politica, come il tedesco Joseph Beuys, di cui vanno in scena due lavagne realizzate in occasione della performance eseguita a Perugia nel 1980, alla presenza di Alberto Burri. C'è il calligrafismo raffinato di gusto informale di Cy Twombly o Gastone Novelli, e il fraseggio ironico e sornione di Joseph Kosuth. Sfila la "narrative art", esplosa negli anni Settanta, con un sofisticato cocktail di fotografia e scrittura, esemplificato dalla francese Sophie Calle, accanto agli ideogrammi immaginari eseguiti su tabulati di computer, e creati imitando il segno grafico della scrittura araba e cinese di Bruno Munari. E si arriva al più attuale contemporaneo, dove si fanno i conti con i testi choc dell'inglese Tracy Emin, e l'ironico decalogo dei due austriaci Fischli & Weiss con i "consigli per lavorare meglio" che fanno capolino tra caffetteria, toilette, garage, uffici.

Notizie utili - "La parola nell'arte. Ricerche d'avanguardia nel '900. Dal Futurismo ad oggi attraverso le collezioni del Mart", dal 10 Novembre al 6 Aprile, MartRovereto, Corso Bettini, 43. La mostra è curata da Giorgio Zanchetti.
Orari: mar. - dom. 10.00 - 18.00, ven. 10.00 - 21.00, lunedì chiuso.
Biglietti: intero: €8, ridotto: €5, gratuito fino a 14 anni.
Informazioni: numero verde 800 397 760, tel. 0464 438 887, info@mart.trento.it, www.mart.trento.it
Catalogo: Skira.

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