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Alla primavera

Ultimo Aggiornamento: 22/03/2009 23:21
22/03/2009 22:47
 
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sublime maestro
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ALLA PRIMAVERA

Perchè i celesti danni
Ristori il sole, e perchè l'aure inferme
Zefiro avvivi, onde fugata e sparta
Delle nubi la grave ombra s'avvalla;
Credano il petto inerme
Gli augelli al vento, e la diurna luce
Novo d'amor desio, nova speranza
Ne' penetrati boschi e fra le sciolte
Pruine induca alle commosse belve;
Forse alle stanche e nel dolor sepolte
Umane menti riede
La bella età, cui la sciagura e l'atra
Face del ver consunse
Innanzi tempo? Ottenebrati e spenti
Di febo i raggi al misero non sono
In sempiterno? ed anco,
Primavera odorata, inspiri e tenti
Questo gelido cor, questo ch'amara
Nel fior degli anni suoi vecchiezza impara?
Vivi tu, vivi, o santa
Natura? vivi e il dissueto orecchio
Della materna voce il suono accoglie?
Già di candide ninfe i rivi albergo,
Placido albergo e specchio
Furo i liquidi fonti. Arcane danze
D'immortal piede i ruinosi gioghi
Scossero e l'ardue selve (oggi romito
Nido de' venti): e il pastorel ch'all'ombre
Meridiane incerte ed al fiorito
Margo adducea de' fiumi
Le sitibonde agnelle, arguto carme
Sonar d'agresti Pani
Udì lungo le ripe; e tremar l'onda
Vide, e stupì, che non palese al guardo
La faretrata Diva,
Scendea ne' caldi flutti, e dall'immonda
Polve tergea della sanguigna caccia
Il niveo lato e le verginee braccia.
Vissero i fiori e l'erbe,
Vissero i boschi un dì. Conscie le molli
Aure, le nubi e la titania lampa
Fur dell'umana gente, allor che ignuda
Te per le piagge e i colli,
Ciprigna luce, alla deserta notte
Con gli occhi intenti il viator seguendo,
Te compagna alla via, te de' mortali
Pensosa immaginò. Che se gl'impuri
Cittadini consorzi e le fatali
Ire fuggendo e l'onte,
Gl'ispidi tronchi al petto altri nell'ime
Selve remoto accolse,
Viva fiamma agitar l'esangui vene,
Spirar le foglie, e palpitar segreta
Nel doloroso amplesso
Dafne o la mesta Filli, o di Climene
Pianger credè la sconsolata prole
Quel che sommerse in Eridano il sole.
Nè dell'umano affanno,
Rigide balze, i luttuosi accenti
Voi negletti ferìr mentre le vostre
Paurose latebre Eco solinga,
Non vano error de' venti,
Ma di ninfa abitò misero spirto,
Cui grave amor, cui duro fato escluse
Delle tenere membra. Ella per grotte,
Per nudi scogli e desolati alberghi,
Le non ignote ambasce e l'alte e rotte
Nostre querele al curvo
Etra insegnava. E te d'umani eventi
Disse la fama esperto,
Musico augel che tra chiomato bosco
Or vieni il rinascente anno cantando,
E lamentar nell'alto
Ozio de' campi, all'aer muto e fosco,
Antichi danni e scellerato scorno,
E d'ira e di pietà pallido il giorno.
Ma non cognato al nostro
Il gener tuo; quelle tue varie note
Dolor non forma, e te di colpa ignudo,
Men caro assai la bruna valle asconde
Ahi ahi, poscia che vote
Son le stanze d'Olimpo, e cieco il tuono
Per l'atre nubi e le montagne errando,
Gl'iniqui petti e gl'innocenti a paro
In freddo orror dissolve; e poi ch'estrano
Il suol nativo, e di sua prole ignaro
Le meste anime educa;
Tu le cure infelici e i fati indegni
Tu de' mortali ascolta,
Vaga natura, e la favilla antica
Rendi allo spirto mio; se tu pur vivi,
E se de' nostri affanni
Cosa veruna in ciel, se nell'aprica
Terra s'alberga o nell'equoreo seno,
Pietosa no, ma spettatrice almeno.



Giacomo Leopardi

22/03/2009 22:49
 
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"Ora chiamata Flora, ero in realtà Clori: la lettera
greca del mio nome fu guastata dalla pronuncia latina.
Ero Clori, ninfa dei campi felici dove hai udito
che in passato ebbero la loro dimora uomini fortunati.
Dire quale sia stata la mia bellezza, sarebbe sconveniente
alla mia modestia: ma fu essa a trovare come genero per mia madre un dio.
Era primavera, vagavo; Zefiro mi vide, cercai di allontanarmi;
m'insegue, fuggo; ma egli fu più veloce.
E Borea, che aveva osato rapire la preda dalla casa di Eretteo,
aveva dato al fratello piena licenza di rapina.
Tuttavia fa ammenda della violenza col darmi il nome di sposa,
e nel nostro letto non ho mai dovuto lamentarmi.
Godo d'una eterna primavera; è sempre splendido l'anno,
gli alberi hanno sempre le fronde e sempre ha pascoli il suolo.
Possiedo un fiorente giardino nei campi dotali,
l'aria lo accarezza, lo irriga una fonte di limpida acqua:
il mio sposo lo ha riempito di copiose corolle, e ha detto:
"Abbi tu, o dea, piena signoria sui fiori"
Spesso io volli contare le loro specie,
ma non vi riuscii: il loro numero superava il conteggio."
(Publio Ovidio Nasone - Fasti - V° libro )
[SM=x629245] [SM=x629188]
22/03/2009 23:03
 
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imbrattatele
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Propongo qualcosa di più leggero [SM=g27817]

La rondine


Ritornava una rondine al tetto.
L'uccisero. Cadde tra spini.
Ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra che attende,
che pigola sempre più piano.

Giovanni Pascoli

22/03/2009 23:11
 
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Mio Dio !!!!
Clod !!!!
Hai scelto LA poesia che mi faceva sempre piangere da bambina......................... [SM=g27825] [SM=g27829]
22/03/2009 23:21
 
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sublime maestro
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Re:
clodoveo60, 22/03/2009 23.03:

Propongo qualcosa di più leggero [SM=g27817]

La rondine


Ritornava una rondine al tetto.
L'uccisero. Cadde tra spini.
Ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra che attende,
che pigola sempre più piano.

Giovanni Pascoli





a clodovè!!!!
più triste non c'era?
te possino [SM=g27824]
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