Nadia VIII

Torno a sdraiarmi sul letto e fisso il soffitto in attesa che Nadia torni, penso al mio socio Mauro e mi accorgo che anche fra me e lui c’è una differenza di età che sfiora i 15 anni eppure le cose hanno sempre funzionato nonostante fossimo diversi come il giorno e la notte siamo sempre riusciti a capirci e rispettarci. Siamo partiti da zero impegnando tutto quello che avevamo in questa nuova attività, anzi ad essere sincero Mauro aveva messo una buona parte anche del capitale che avrei dovuto mettere io, comunque a poco a poco le cose avevano cominciato a funzionare e dopo il primo anno di stallo nessuno era piu’ riuscito a fermarci. Non avrebbe approvato questa mia nuova avventura ma sono certo che avrebbe fatto tutto il possibile per capire cosa fosse successo. Torno a sdraiarmi sul letto e con le mani dietro la testa fisso intensamente il soffitto cercando di intravedere nell’intonaco delle ombre o dei segni a cui possa dare una forma coerente, un gioco che invariabilmente ogni volta mi portava ad una serie infinita di pensieri senza senso ma solo in apparenza scollegati tra loro. Il fine ultimo era fermarsi, parecchio tempo dopo, sull’ultimo pensiero e a ritroso cercare il collegamento che mi avrebbe portato all’inizio del gioco. Sin da ragazzo passavo delle ore in questo modo ed ero persino capace di memorizzare e riorganizzare mentalmente ogni piu’ piccolo ed insignificante particolare. Credo che la mia “maledizione” sia derivata proprio da questo gioco, già, perché io ho una memoria che non mi permette di dimenticare nulla, anche il piu’ insignificante dei particolari resta archiviato in un angolo del mio cervello e all’occorrenza è li che mi attende. Ora pero’ i pensieri sono legati solo a lei, non sono il solito filo che si dipana lentamente, assomigliano ai cerchi concentrici fatti da un sasso gettato sulla superficie di un lago, diventano sempre piu’ ampi ma sono sempre legati a Nadia. Analizzo con cura maniacale e dovizia di particolari ogni istante che ho trascorso con lei, nella mia mente riesco a rivivere ogni sensazione e il dolore filtra lentamente nella mia anima, alcune sue frasi mi hanno lasciato l’amaro in bocca non posso pensare che tanto dolore sia concentrato in soli venticinque anni di vita. Nella mia continua ricerca di me stesso ho girato il mondo in lungo e in largo, ho sempre cercato di evitare le classiche mete turistiche confezionate su misura per il turista desideroso di svago e di riposo. In ogni mio viaggio l’unica certezza era il biglietto aereo di andata e ritorno per il resto ho sempre cercato di vivere nello stesso modo in cui vivevano gli abitanti del luogo. Ho mangiato quello che capitava, ho dormito sotto cieli talmente pieni di stelle da provocare una fitta al cuore, ho patito la sete, il freddo e in alcuni casi mi sono anche ammalato. Ho trovato persone buone e persone cattive ma non ho mai mancato di rispetto a nessuno e nella stessa uguale misura nessuno mi ha mancato di rispetto. Ho imparato una cosa fondamentale in ogni posto in cui sono stato ed è questa: le situazioni si ripetono sempre uguali. Ho frequentato altri mille posti come questo, ho conosciuto mille ragazze e il piu’ delle volte me ne sono andato disgustato di me stesso e del mondo. Una sola volta ho voluto chiedere quale fosse il motivo che potesse portare una ragazza a prostituirsi e la risposta è stata cosi amara che non ho mai piu’ dovuto chiedere nulla, mi sono vergognato di me stesso. Ancora il rumore della pioggia. Il soffitto non ha altro da dirmi o forse sono io che non voglio lasciarmi trascinare in un altro turbine di ricordi che credevo di avere ormai seppellito da tempo, anche le mie ferite sono molto profonde e purtroppo si sono cicatrizzate solo in superficie e basta un nulla per vederle sanguinare. Devo fumare. Mi alzo e vado verso la finestra, cerco di aprirla il piu’ silenziosamente possibile, non è un problema, apro anche le imposte e mi accorgo che c’è un piccolo balconcino scampato a qualche sommaria ristrutturazione. Esco. Sottili gocce di pioggia mi bagnano il viso, richiudo la finestra alle mie spalle e accendo la mia prima sigaretta della giornata, lo stomaco borbotta e un sapore acido mi sale in bocca. Lo sapevo, non avrei dovuto farlo. Cerco di riprendere il controllo del mio stomaco e ostinatamente avvicino la sigaretta alle labbra, sorrido al pensiero di un ipotetico osservatore che guardando da una finestra possa vedere un tale in manica di camicia, su un balconcino di due metri quadri completamente bagnato che tenta di trattenere i conati di vomito provocati da una sigaretta. “Fatti i cazzi tuoi idiota”. Butto il mozzicone nel vuoto e rientro in camera, dopo la gelida aria esterna la camera è tornata ad essere soffocante o è solo una mia impressione. Nadia non è ancora tornata e non ho piu’ voglia di starmene li solo, la sua presenza mi manca, il contatto con la sua pelle, i suoi occhi nei miei. D’impulso infilo la porta e mi dirigo in bagno, il silenzio è assoluto e solo il rumore dell’acqua che scorre nella doccia sembra dare una parvenza di vita a questo posto.

Losh