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Nadia XII

Ultimo Aggiornamento: 22/04/2011 23:28
22/04/2011 23:28
 
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sublime maestro
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Nadia tace in attesa di sentire le mie parole ed io abbasso il volume dello stereo e inizio a parlare: “Come ti ho detto lavoro nell’edilizia, isolazioni termiche e tinteggiature, quello che non ti ho detto è che la ditta per cui lavoro è in pratica mia o meglio mia e del mio socio che pero’ si occupa di contabilità e gestione dei vari cantieri. Quelli che tu chiami i miei colleghi o i miei amici sono in realtà tutti miei dipendenti, una piccola parte dei miei dipendenti ma le persone che erano con me sono anche degli amici che mi hanno permesso di arrivare al punto in cui sono arrivato. Io e il mio socio abbiamo cominciato dal nulla e in pochi anni siamo riusciti a fare quello che molte persone non riescono a fare in una vita. Io mi occupo di gestire gli operai ma non riesco a stare lontano dal cantiere e capita spesso che lavori fisicamente con le persone a cui sono piu’ legato. Non ho una famiglia, non l’ho mai avuta dato che sono orfano, sono stato adottato da piccolo, avevo circa quattro anni, da due bravissime persone che considero a tutti gli effetti i miei genitori e a cui ho voluto molto bene. Ho passato i primi sedici anni della mia vita a dormire con la luce accesa per paura che il buio portasse ancora con se fantasmi che ho fatto di tutto per dimenticare; ancora adesso, alcune notti, mi sveglio con la sensazione che il tempo non sia mai passato e con la certezza di udire quei passi strascicati che attraversavano il dormitorio. Non si sono mai fermati vicino al mio letto, io sono stato uno dei pochi fortunati. Sono cresciuto solo e sono rimasto solo. Ho girato il mondo ma non ho mai trovato quello che cercavo forse perché in definitiva nemmeno io ho mai capito veramente cosa cercare. Ho frequentato molti posti come quello che abbiamo appena lasciato e ho finito per non credere affatto nell’amore… ricordi che ce lo siamo anche detto?” Nadia mi guarda e annuisce. “E’ vero, non mi sono mai accorto di te, non voglio dire che ignoravo la tua presenza, tu sei diversa da tutte le altre ragazze perché invece di apparire in tutti i modi possibili ti limiti a sederti ad un tavolo ad aspettare che siano gli altri a venire da te. Ho invitato diverse ragazze a bere con me perché non sopportavo piu’ il fatto di dover passare la serata ad ascoltare sempre i soliti discorsi a base di sesso e allusioni che facevano i miei amici. Ero certo che ci fosse una ragazza con cui avrei potuto parlare senza dover per forza salire in camera con lei, ne ho conosciute diverse ed è stato un piacere ascoltare le loro storie o anche solo i loro pensieri, di me ho parlato pochissimo e sono sicuro che nessuna di loro ricordi il mio nome mentre io ricordo i loro. Ad un certo punto sei arrivata tu. In un primo momento ho pensato che volessi solo trovare una scusa per farti offrire da bere e poi convincermi a salire con te ma quando ti sei seduta e hai cominciato a parlare qualcosa si è spezzato e ho capito che la serata sarebbe davvero finita nella tua camera. Credimi ho avuto paura. Poi tutto si è sciolto insieme a te, la tua pelle, il tuo sorriso e quegli occhi che sembrano scavarmi dentro mi hanno fatto capire che anche tu soffrivi della stessa solitudine e per una volta nella mia vita mi sono sentito a casa. Ogni cosa ha perso importanza, sono riuscito a spegnere quella parte razionale del mio cervello che calcola sempre ogni cosa, sei rimasta solo tu che ti credi tanto fragile ma invece sei piu’ forte di quanto io stesso possa mai immaginare di essere. Ricordi che ieri sera ti ho parlato di quella canzone dei Pink Floyd…” Non riesco a finire la frase. “Wish you were here, certo che me la ricordo e ricordo benissimo anche le parole” Nadia sorride. “Bene ma c’è un’altra canzone di cui all’improvviso ho ricordato le parole e diceva: Tienimi sul cuore fino a quando passa questa mia paura, questo mio terrore di guardarti dritto in fondo agli occhi e di scoprire cio’ che pensi veramente tu di me. E’ tutto qui, Nadia, tutto in queste parole. Ho avuto paura di leggere nei tuoi occhi il disprezzo, la noia o semplicemente la pietà ed invece ho visto accendersi una scintilla che è diventata un incendio ed alla fine mi sono completamente bruciato.” Guardo la strada, questa striscia di asfalto nero e lucido di pioggia che in ogni istante, anche adesso se solo lo volessimo, potrebbe portarci da qualsiasi parte, lontano da tutto e da tutti e forse anche da tutto il male che vogliamo lasciarci alle spalle. “Perché qui.. qui c’è un tetto di stelle e un oceano di pelle, un deserto di voci, un tepore di baci. Perché qui… qui non passa piu’ niente, qui non passa la gente, qui non passa che il tempo che si scioglie in un momento…” Ricordi, ancora ricordi e questa canzone che non mi esce dalla mente ma continua a scavare in ogni mio sentimento accuratamente sepolto dalla polvere degli anni, dalle tante sconfitte e dai molti successi che una volta consideravo cosi importanti ma che negli ultimi tempi mi appaiono solo come miseri trofei da mostrare ed esibire anche se poi, alla fine di tutto, resta solo il vuoto. Nadia tace, assorbe questo silenzio aspettando che io sia pronto a ricominciare, vuole capire e poi raccontare tutto quello che ha dentro. Nel silenzio i nostri pensieri sembrano volersi intrecciare e fondersi in un solo fiume di parole e di sentimenti che non abbiamo mai avuto modo di condividere con nessuno perché abbiamo costruito un muro intorno a noi per evitare di essere nuovamente feriti. Quello che piu’ stupisce entrambi è che in una sola notte questo muro sia crollato, travolto da un sentimento in cui nessuno dei due voleva piu’ credere.

Losh [SM=x629231]
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Siamo realisti, esigiamo l'impossibile (Ernesto Che Guevara)
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