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LA VALIGIA VUOTA

Ultimo Aggiornamento: 24/07/2011 18:37
24/07/2011 18:37
 
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LA VALIGIA VUOTA - racconto




Albeggiava, finalmente. L'uomo schiacciò il mozzicone della sigaretta nel posacenere di cristallo.
Indugiò un attimo ancora davanti alla finestra aperta, un'ultima occhiata assorta al cielo che stava lentamente schiarendo, posò le mani sui braccioli della poltrona e si alzò, senza fretta uscì dallo studio e senza accendere la luce andò alla porta dello sgabuzzino che aprì piano, sperando non cigolasse, al buio cercò a tastoni sul secondo scaffale di fronte alla porta, sentì una maniglia sotto le dita, tastò spostandole accertandosi che fosse quella di una valigia e non del beautycase della moglie.
Davanti alla consolle del vestibolo svuotò le tasche e posò sul ripiano le chiavi di casa, il cellulare, la penna, l'agendina, le chiavi dell'auto. Tenne in mano il portafogli esitando, poi lo aprì e ne tolse alcune fotografie e le tre carte di credito, i biglietti da visita e posò il tutto accanto alle chiavi. Lasciò al loro posto documenti e banconote, rimise il portafogli nella tasca posteriore dei calzoni. La sua mano corse al taschino interno della giacca e le dita ebbero un fremito nel toccare il biglietto del treno acquistato la sera prima. Afferrò la valigia e, apertala, introdusse una mano all'interno sfiorando la fodera, quindi richiuse premendo piano il coperchio cercando di smorzare il più possibile lo scatto delle serrature.
Per qualche minuto restò immobile nel buio del vestibolo che diventava penombra man mano che il giorno avanzava, la valigia in una mano e la maniglia della porta d'ingresso nell'altra guardò l'uscio socchiuso della camera. Non ne veniva alcun suono se non quello del profondo respiro della moglie ancora addormentata. D'improvviso riudì nella mente la sua voce un poco stridula:
" Un altro viaggio! Eh... almeno tu te la spassi di quando in quando! Te la fai tu la valigia, vero? Non credo di trovare il tempo per preparartela, oggi. Del resto te la sai fare bene, non ho mai saputo che ti sia trovato in viaggio senza quello che ti occorreva! Devo ancora finire di compilare l'elenco degli invitati... non sai che mal di testa mi sta procurando! Quello si deve invitare, l'altro pure perché è impensabile non... ". Aveva continuato per un bel pezzo ad elencare tutti i motivi per i quali convenienza imponeva di non dimenticare d'invitare nessuna delle persone "che contano" al loro ricevimento mensile.
La storia di sempre, e lui vi si era adeguato per anni, anzi... aveva cercato lui stesso in passato tutti i modi per avanzare sulla via del successo e chiunque avrebbe potuto affermare che era un uomo da invidiare: una carriera entusiasmante, una moglie che ne incoraggiava l'ambizione, una casa lussuosa, e via di questo passo.
Il volto inespressivo dell'uomo non ebbe neppure una piccola contrazione, un segno che ne rivelasse l'amarezza. Lui era al di là anche di questo, ora.
Spalancò la porta d'ingresso ed uscì richiudendo senza rumore. Non prese l'ascensore, attraversato l'atrio del palazzo signorile rispose al saluto deferente dell'addetto alla portineria con un cenno del capo.
I suoi passi risuonarono stancamente sul selciato, mentre s'avviava alla stazione.


La sveglia suonò e lei aprì gli occhi. Sospirò di sollievo, finalmente era ora d'alzarsi, non era riuscita dormire un granché e la notte sembrava non dovesse passare mai.
Presto, presto... in cucina per la colazione, una cosetta veloce: caffè e un biscotto, poi in bagno per la doccia e i preparativi consueti di donna curata, non ossessionata dal proprio aspetto, però tesi a darle la sicurezza di poter affrontare qualsiasi cosa. Prima di vestirsi rimediò in fretta al piccolo disordine lasciato e si accertò che tutto fosse al suo posto come ogni mattina.
Il vestito, sobrio ma elegante, acquistato con sacrificio e tenuto con gran riguardo, stava in attesa fuori dell'armadio sulla sua gruccia, imbottita per non deformarne la linea delle spalle, ed era pronto per essere indossato; un quarto d'ora dopo era vestita di tutto punto.
Raccolte la borsetta e la sacca preparate con il necessario la sera prima, uscì dal piccolo appartamento al secondo piano dello stabile popolare in cui abitava da qualche anno, e s'affrettò giù per le scale raggiungendo il portoncino che varcò di slancio. La strada era ancora deserta, ma qualche finestra cominciava già ad illuminarsi, la vita continuava e un giorno nuovo si apriva per tutti. Che portasse per ognuno preoccupazioni, gioie e delusioni era sin troppo scontato, si disse distrattamente e s'incamminò in fretta, la stazione distava un bel po' da casa sua e gli autobus non avevano ancora applicato l'orario invernale, non avrebbero cominciato a circolare prima di un'altra ora buona, quindi sarebbe dovuta andare a piedi. La possibilità di chiamare un taxi non era nemmeno contemplabile, viste le magre risorse del suo bilancio!
Ecco la stazione, era arrivata, finalmente! Con un'occhiata all'orologio da polso si assicurò di non essere in ritardo, perciò rallentò il passo e s'inoltrò tranquillamente lungo la galleria che l'avrebbe portata al binario del treno che doveva prendere. Come si era augurata non c'erano molte persone in attesa di quel treno, meno male... avrebbe trovato sicuramente un posto a sedere e forse sarebbe stata anche così fortunata da godersi il viaggio senza compagnia.

Trovò uno scompartimento vuoto, come aveva sperato, con un po' di sforzo sollevò la sacca collocandola sopra ad una poltroncina e sedette disponendosi al viaggio con un gran sospiro di soddisfazione, adesso poteva rilassarsi, il viaggio era lungo e magari avrebbe anche schiacciato un pisolino, se ne avesse sentito bisogno. Allungò le gambe davanti a sé cercando la posizione più comoda, ma ecco la porta riaprirsi ed un uomo affacciarsi.
Lo fissò intimamente contrariata, ma non ebbe il coraggio di protestare: "Guardi che devono esserci altri scompartimenti liberi!". Il treno cominciava a muoversi e l'uomo portava una valigia quasi stringendola al petto.
Ritirò le gambe e in silenzio lo osservò sedersi di fronte a lei e tenere poi la valigia sulle ginocchia. Lei alzò gli occhi verso i portabagaglio quasi completamente vuoti disposti sopra i sedili e poi guardò l'uomo, stava per indicarglieli, quando lo vide posare la valigia accanto a sé, sul sedile libero e tenervi sopra la mano.
Sbuffò tra sé, ma che le prendeva? Naturalmente quell'uomo aveva visto che c'era tutto lo spazio che voleva per la sua valigia, ma se la teneva in quel modo, sul sedile vicino, significava che per lui andava bene così, doveva avere le sue ragioni, forse il contenuto era di valore e, in ogni caso, non erano certo affari suoi!

Il treno sfrecciava sui binari quasi senza scosse, i due viaggiatori tacevano, l'uomo guardava fuori dal finestrino, ma lo sguardo era perso nel vuoto. La donna a tratti lo fissava, colpita da quel viso pallido e inespressivo, dal leggero tremito della mano che non toglieva dalla valigia, poi distoglieva lo sguardo a disagio per la propria indiscrezione. Quel compagno di viaggio non dava davvero alcun fastidio, si disse, e non le lanciava le occhiate furtive, o sfacciate, che molte volte aveva dovuto sopportare da altri passeggeri. A dire il vero sembrava non essersi nemmeno accorto di lei! Meglio così, benché non sola avrebbe avuto ugualmente il viaggio tranquillo che desiderava.

Il treno fece due fermate e raccolse una fiumana di persone, molte delle quali erano studenti, evidentemente dovevano raggiungere una scuola lontana da casa loro, e la tranquillità scomparve all'improvviso, il chiacchierìo dei ragazzi e le radioline accese riempirono il treno dell'ondata di vita, vociante e rumorosa, che spesso li accompagna.
La donna sospirò, e quel sospiro di disappunto dovette essere alquanto udibile, perché l'uomo per la prima volta volse il capo e la fissò.
- La vita è anche rumorosa e non va sempre come si era sperata e prevista, vero? - disse piano e lei si trovò a trattenere il fiato smarrendosi per un istante nello sguardo fermo, eppure così distaccato, di quegli occhi grigi infossati in un alone scuro.
Fuggevolmente pensò che quella notte non doveva aver dormito molto neppure lui, poi si agitò leggermente cambiando posizione, vergognandosi per l'intolleranza che aveva lasciato trasparire.
- E' solo perché sto andando a raggiungere un'amica ammalata e non potrò riposare granché nelle prossime notti... - si trovò a rispondere, un po' impacciata - e la notte scorsa non ho quasi chiuso occhio. -
Dopo un lieve cenno del capo, come a dire che capiva, lui non la guardava già più.
Improvvisamente sentì bisogno di parlargli ancora, voleva che tornasse a rivolgere su di lei quello sguardo profondo e strano, pensò, anche inquietante ... come la strana osservazione da lui fatta d'improvviso, la incuriosiva e l'attraeva...
- A dire la verità sono portata a ricercare la solitudine, e mi ha infastidito dovervi rinunciare in questo viaggio! - le uscì di bocca senza quasi rendersene conto. Lui non batté ciglio e non parve averla udita, continuò a guardare fuori dal finestrino con sguardo assente, pareva assorto in chissà quali pensieri! 'Non devono essere pensieri lieti', lei si disse e a sua volta guardò fuori.
"La vita..." aveva bisbigliato quell'uomo. "La vita... quale vita?" si chiese, soffocando un sospiro.
"Tardi... tardi... è tardi!" sembrava sussurrarle il paesaggio che scorreva veloce davanti ai suoi occhi, e abbassò le palpebre, così pesanti ora...


Il treno rallentò e si fermò ancora una volta, un'altra ondata umana invase il corridoio cercando sbocco in ogni scompartimento con un po' di spazio libero.
La porta scorrevole si aprì nuovamente ed una donna entrò con in braccio un bambino urlante.
- Buono, Luigino, buono... - cercava di calmarlo la madre mentre il piccolo si dimenava tra le sue braccia scalciando. - Mi farai cadere! Stai fermo... - implorò la donna affannata cercando nel contempo di introdurre la borsa voluminosa che spingeva davanti a sé con i piedi.
L'altra donna, soffocando come poteva il rifiuto che sentiva salire dentro di sé come una pericolosa marea, fece un gesto per soccorrere la nuova venuta in evidente difficoltà. Il piccolo, strillando che voleva essere messo a terra, ebbe un guizzo frenetico e sfuggì alla stretta delle braccia materne cadendo di botto quasi addosso all'uomo seduto, si aggrappò alla valigia che ingombrava il sedile e, prima che qualcuno riuscisse a fare una mossa qualsiasi, finì rovinosamente sul pavimento trascinando con sé la valigia che, per il colpo e lo strattone, si aprì contro le gambe della passeggera seduta.
Mentre la madre riacciuffava il piccolo, che piangeva spaventato, e alquanto agitata tentava di scusarsi per l'incidente, la donna raccolse la valigia rigirandola e la vide vuota, guardò per terra cercandone il contenuto sul pavimento, ma non c'era nulla. Allora la porse all'uomo che, rimasto immobile in tutto quel bailamme, fissava la sua valigia con espressione indecifrabile, infine si protese per afferrarla, la richiuse e la tenne sulle ginocchia.
La porta si riaprì ed un uomo si affacciò.
- Luisa! Vieni, ho trovato un posto migliore, sbrigati, dai! - Avanzò d'un passo e raccolse la grossa borsa rimanendo poi in attesa nel corridoio, la moglie salutò i due con un sorriso imbarazzato ed uscì con il bimbo in braccio.

Si ritrovarono soli e, come spesso accade ai superstiti di una disavventura, anche piccola, i due sembrarono improvvisamente meno distaccati tra di loro. Si scambiarono un'occhiata di silenziosa complicità, poi lei emise un risolino nervoso, estrasse lo specchietto dalla borsetta e diede una rapida, quanto superflua, ritoccatina ai capelli, lui spostò di nuovo la valigia rimettendola accanto a sé sul sedile vuoto, vi posò sopra un braccio e tornò a guardare fuori con aria assente.
A quel punto lei trovò assurdo il loro silenzio dicendosi che, a dire il vero, era ormai insostenibile.
- Be'... - riprese dopo un po', decidendo di tentare una conversazione con lo sconosciuto, - mi scusi se prima involontariamente sono stata... sì, maleducata... ho forse dato l'impressione che anche la sua presenza m'infastidisse. Non volevo offenderla... lei non mi ha certo disturbato in alcuna maniera! -
- Oh, sì... - l'uomo bisbigliò tornando a posare su di lei lo sguardo improvvisamente penetrante - io l'ho disturbata, signora, eccome. Non si dia la pena di negare, a che prò? -
Lei non rispose, mentre con sgomento si sentiva spogliare dagli occhi di quell'uomo che dimostrava di non tenere in alcuna considerazione i soliti formalismi, ed era straordinario che lo stesse facendo ignorando inequivocabilmente il suo aspetto fisico! No, non era il corpo che lei si sentiva denudare dai suoi occhi...
E, mentre la fissava, per la prima volta le labbra dell'uomo accennarono ad un sorriso.
- Succede di preferire la solitudine, se si è vissuto abbastanza da conoscere la fatica di dover sempre avere a che fare con la "facciata" del prossimo... e lo sconforto nel constatare che quello che ti si chiede è solo di fare altrettanto, sempre e comunque... anche quando non ce la fai più. -
Lei non rispose subito, guardò il viso non più inespressivo dell'uomo che le parlava con l'amarezza che ora traspariva nella voce, ma la vedeva anche stampata sul suo volto segnato, nella postura contratta delle spalle. Si chiese chi fosse, quale storia si portasse appresso, dove fosse diretto.
- Si può sempre cercare di opporsi... - cominciò a dire - ... di conservare comunque la propria identità, di non lasciar morire in noi quello in cui crediamo e non abbandonare la battaglia..! -
D'improvviso si bloccò incapace di continuare, in lei s'andava delineando la consapevolezza di come la sua vita attuale dimostrasse il contrario di quel che stava dicendo.
Fissò l'uomo in silenzio, e lui non parlò, ricambiò gravemente lo sguardo di lei e sembrò leggerle nell'animo quanto a lungo avesse sostenuto l'impari lotta tra la forza brutale e meschina delle realtà e i suoi tentativi volonterosi. Mosse il capo annuendo lievemente al suo sguardo improvvisamente smarrito e lei, allora, fissò un istante la valigia accanto a lui, poi lo guardò ancora e, in quel momento, si arrese: ad un tratto ammise di non voler più accettare compromessi con se stessa, che non le importava più niente delle possibili conseguenze, cui più o meno consciamente aveva dato tanto peso fino ad allora. Sotto lo sguardo di quell'uomo intimamente segnato e che sembrava riuscire a raggiungerla nell'animo, incurante delle convenzioni, che non si era lasciato ingannare dal suo sorriso, dall'aspetto curato e da tutti quei dettagli dei quali di solito chiunque si accontenta, che con una facilità inspiegabile aveva scavalcato l'ovvia barriera esistente tra due sconosciuti, d'improvviso si sentì invadere da un profondo, esaltante senso di sollievo.

Per un lungo momento continuarono a guardarsi in silenzio. Quel che dicevano gli occhi di lei, e il suo viso ora diverso, forse pochi l'avrebbero ben compreso.
E certamente nessuno tra coloro che avevano conosciuto il brillante avvocato, invidiato e temuto da avversari e da colleghi, e sopportato come un male necessario dalla donna che gli era vissuta accanto per anni senza vederlo veramente, nessuno di loro avrebbe capito la sua improvvisa sparizione e neppure la sua valigia vuota, e quindi meno ancora perché adesso ne ritirasse il braccio.

- Credevo fosse tardi, troppo tardi... - lei disse.
- No. Non è tardi, non ancora. - lui rispose, e sorrise.






___________________________






dal libro << Luce e Ombra >>

di Aurora Ageno




_________Aurora Ageno___________
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