L'eros nell'arte del Novecento

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sole281
00venerdì 7 luglio 2006 18:27
La sessualità e il suo simbolismo: l’arte del Novecento ne sintetizza l’atemporale dimensione cosmica, ma esprime anche le perversioni erotiche contemporanee.

Pablo Picasso, Bacio, 1970. Mougins, collezione Picasso. Il tema dell’erotismo, affrontato frequentemente dall’artista spagnolo nella sua carriera, diventa una presenza dominante negli ultimi anni di vita.

Ci sono temi, nell’ambito dell’espressività artistica, che occupano un posto preminente, rilevante, se vogliamo persino privilegiato – anche dal punto di vista della fruizione socioculturale –, e che, nondimeno, sono altamente problematici, giacché investono gli aspetti primari della vita dell’uomo.
Prova ne è che la loro, chiamiamola, longevità iconografica non è confrontabile con quella di altre tematiche, va ben oltre un determinato momento storico, riflettendo una ricerca e necessità dell’animo umano che non hanno né età né tempo. Sono i temi della vita e della morte che, con la loro alternanza, segnano tutto il percorso dell’esistenza e per i quali non c’è corrente artistica, non c’è scelta di campo che possa emarginarli in un ghetto o in un luogo lontano dal cuore. Possono uscire dalla finestra, ma finiscono col rientrare dalla porta perché toccano le corde profonde della sensibilità di ognuno di noi; anche di coloro che artisti non sono, ma che, più semplicemente, in quanto uomini, finiscono ugualmente per imbattercisi.
sole281
00venerdì 7 luglio 2006 18:30
Le Veneri grasse


[Venere di Willendorf. Vienna, Naturhistorisches Museum. Caratteristica comune a questa tipologia di sculture è la volontà di sottolineare il simbolismo connesso con la fertilità femminile: si assiste a un’enfatizzazione dei caratteri sessuali primari e secondari.]

La sfera erotica rientra a pieno titolo in questo panorama, perché è parte integrante della vita di tutti gli uomini da sempre e, da sempre, l’arte si è preoccupata di sottolineare, di volta in volta, quegli aspetti dell’erotismo che assumevano o le sembravano dovessero assumere significato ovvero valore in quel particolare momento storico.
Fin dalle antichissime statuette paleolitiche di divinità femminili, note come Veneri steatopigiche per via dell’accentuato sviluppo di rotondità adipose sui glutei, intorno ai fianchi e delle mammelle (per alludere alla fertilità della donna e della terra); e ancora, fin dai graffiti che comparvero sulle fredde pareti delle caverne del Neolitico, l’arte non ha potuto fare a meno di sentire il fascino e la potenza della sessualità e del suo simbolismo. Sarà appena il caso di ricordare che gli organi sessuali tracciati sulla roccia delle caverne volevano rappresentare il maschile e il femminile dell’intero universo. In altri termini, la dualità sessuale divenne una chiave d’interpretazione del mondo intero per via delle analogie e delle affinità evidenti fra la natura delle cose e i caratteri del maschile e del femminile. Da qui, dunque, l’attribuzione di una caratterizzazione sessuale del sole e della luna – peraltro, comune a molte e diverse civiltà nel corso dei secoli –, che definisce il primo maschio e la seconda femmina. Ora, a uno sguardo superficiale, si potrebbe pensare che questi aspetti appartengano a mondi culturali lontani e pressoché scomparsi, sopravvissuti, semmai, solo in ambito contadino, dove la frequentazione diretta della natura e la sua interpretazione di tipo quasi superstizioso possano giustificare simili accostamenti. Eppure l’arte del Novecento, quella del “secolo breve”, così chiamato per la densità di avvenimenti che l’hanno attraversato, quella del secolo che ha voluto e saputo esaltare le capacità razionali dell’uomo, comprese quelle strettamente correlate alla veloce evoluzione tecnologica, non ha potuto fare a meno di cedere al fascino ancestrale della dimensione cosmica dell’erotismo.

sole281
00venerdì 7 luglio 2006 18:33
La donna
La donna – un manichino ricoperto di pelle di maiale trattata dall’aspetto estremamente convincente – ha una posa assai esplicita che ricorda quella del quadro di Courbet: sdraiata su un prato di sterpi, rappresenta la Terra. Di lei non è possibile, come nel caso della donna di Courbet, scorgere il volto; è la femminilità della natura, sempre pronta a procreare eppure eternamente vergine. A fecondarla, con lo sguardo, quell’uomo, o meglio “l’uomo” che la sbircia dalla fessura della porta senza, però, poterla mai raggiungere. La presenza dell’acqua della cascata sullo sfondo, del fuoco della lampada che tiene in mano, della terra su cui è distesa e dell’aria tersa che riempie il cielo, simboli dei quattro elementi primordiali, originari della vita (terra, acqua, aria e fuoco), fa di questo scorcio uno spicchio di paesaggio sessualizzato. Tanto l’uomo che guarda, quanto l’artista che ha creato l’opera, ma che poi, una volta creatala, si è trovato nella stessa posizione del primo, finiscono per sentirsi immersi in un universo pervaso dalla vita fervente. Qui le colline si ammantano di verde o di giallo autunnale al ritmo del respiro delle stagioni e, come un’immensa madre, la terra morbida dalle chiome di bosco e di foresta, dalle vene pulsanti di acque torrentizie, dai denti bianchi di roccia scintillante, accoglie gli uomini che sanno amarla.
Duchamp impiegò più di vent’anni per realizzare quest’opera che ha un po’ il sapore della summa di una lunga tradizione iconografica, simbolica e, se si vuole, religiosa.



[Marcel Duchamp, Dati: 1. La cascata d’acqua 2. Il gas illuminante, 1944-1966. Filadelfia, Museum of Art. Anche in questo assemblaggio, la figura femminile, chiaramente ispirata al quadro di Courbet, rappresenta la Grande Madre universale. Nell’opera sono presenti i quattro elementi terra, acqua (la cascata sullo sfondo), aria e fuoco.]
sole281
00venerdì 7 luglio 2006 18:36
Arte-realtà sadomaso


[Egon Schiele, L’abbraccio, 1917. Vienna, Österreichische Galerie. Il corpo femminile è quasi un’ossessione per l’artista tedesco. Sono gli anni della prima guerra mondiale, e l’eros appare vissuto con drammatica esasperazione.]
Proprio a questa condizione femminile di moderna schiava s’ispira un’opera come il Senza titolo di Allen Jones: consiste in un tavolino di cristallo sorretto da una donna in vetroresina, messa ginocchioni e inguainata in una verde tuta attillata, rifinita da lunghi e neri guanti di pelle, da stivali e da una cuffia dello stesso colore e del medesimo materiale. L’insieme strizza l’occhio, polemicamente, a un facile erotismo sadomasochista che trova riscontro in alcune scene di certi disegni erotici francesi degli anni Venti e Trenta. Firmato da Carlo & Cie, questa sorta di fumetto mostra avvenenti fanciulle, deferenti schiave di altre donne sensuali, infilate in lucide guaine di pelle nera che s’atteggiano a oggetti. In un caso simile, quattro dolci fanciulle sostengono sulla schiena il piano di cristallo di un tavolo su cui è distesa la signora e padrona. La scena è assai simile a quella immaginata da Jones, anche se nulla ci dice che ne sia la fonte d’ispirazione.




















loshrike
00lunedì 10 luglio 2006 09:51


Quets assomiglia a mia suocera.... non che l'abbia vista nuda.. non ci tengo molto.. ma la stazza è proprio quella.. gli manca il ghigno feroce..

Losh [SM=x629171]
sole281
00mercoledì 12 luglio 2006 19:20
Re:

Scritto da: loshrike 10/07/2006 9.51


Quets assomiglia a mia suocera.... non che l'abbia vista nuda.. non ci tengo molto.. ma la stazza è proprio quella.. gli manca il ghigno feroce..

Losh [SM=x629171]



Il tuo AMORE verso la suocera è sicuramente immenso eheheehhe [SM=x629127]
loshrike
00mercoledì 13 settembre 2006 09:52
Diciamo che sono molto aderente alla realtà..

Losh [SM=x629171]
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