La Processione. V° parte..

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loshrike
00mercoledì 5 luglio 2006 16:28
In un primo momento sembrò sortire l’effetto desiderato e quasi quasi Vittorio aveva addirittura pensato di farsene dare un altro quarto ma passate circa due ore il superbo attrezzo di cui ora era provvisto non dava segni di cedimento. Il giorno dopo il paese ebbe di che raccontare e spaventarsi per poi ridere di gusto, l’osteria quella mattina non aprì e molte furono le illazioni e le lacrime agli occhi dal gran ridere senonchè verso mezzo giorno qualcuno vide la moglie del Vittorio che scendeva dall’autobus con gli occhi gonfi di pianto. “Deve proprio avergliela fatta veder grigia il buon Vittorio alla mogliettina..” disse qualcuno e tutti i perditempo scoppiarono a ridere. Qualche ora dopo però la generale ilarità si era mutata in preoccupazione e spavento dato che le comari poco avvezze agli scherzi dei mariti con tutto il tatto possibile erano andate a chieder conto alla sposa dell’accaduto. Si venne a sapere che ad un certo punto della nottata il pover uomo piangeva dal dolore dato che l’effetto della miracolosa pastiglia sembrava non venire meno e pur avendo opposto ferrea resistenza all’insistenza della moglie nel chiamare il medico alla fine il dolore insopportabile aveva avuto ragione della vergogna dell’oste. Il dottore accorso in piena notte al capezzale del malato non aveva potuto fare altro che correre a casa, prendere la macchina, caricare il malato, e “l’attrezzo” ormai divenuto paonazzo, e correre immediatamente all’ospedale dove in men che non si dica erano state approntate tutte le cure del caso… “… ed ora riposa tranquillo tra gli sberleffi dei degenti e il riso a stento trattenuto di infermieri e dottori..” così concluse la povera Marisa. Fu così che la storia giunse a tutto il paese, qualcuno come abbiamo detto rise, qualcun altro ringraziò il Signore che l’oste l’aveva scampata e da quel giorno più nessuno mostrò interesse ad elargire arguti consigli forse anche perché il Vittorio tornato a casa dalla convalescenza si premurò di armarsi di un nodoso bastone di ulivo dicendo: “Questo mi sere per lisciare il pelo di qualunque buontempone che intenda darmi nuovi astuti consigli..” e fatto chiamare Alfio, preoccupato e penitente, si apprestò a farglielo “assaggiare” risolvendosi poi ad obbligarlo ad offrire da bere a tutti i presenti per almeno tanti giorni quanti lui ne aveva passati in ospedale. Bisogna comunque sottolineare che “quell’incidente” fu anche l’unico periodo in cui l’osteria rimase chiusa per ben sette giorni di fila, caso che a memoria ebbe mai più seguito. Vittorio dunque si affretto a chiudere bottega e a raggiungere la moglie in coda alla processione, il sole era ormai calato dietro le montagne e una lievissima brezza sembrava promettere un minimo di sollievo agli accaldati penitenti. Affrettò il passo cercando con lo sguardo Marisa e la scorse in compagnia di altre due pie donne precedute dal dottore del paese, dal tempo dello spiacevole evento della sua “malattia” cercava in tutti i modi di evitare d’incontrare il dottore faccia a faccia, ancora adesso al solo pensiero che egli si voltasse cominciava a sudare e ad assumere quel colore paonazzo che era stato proprio di ben altra parte del suo corpo, si era persino imposto di non ammalarsi in modo da evitare del tutto qualsiasi contatto con il dottore. Sia detto che fra tutti i paesani e le persone che erano venute a conoscenza della “storia” occorsa al povero Vittorio solo il dottore in nessun caso aveva commentato, riso o discorso della brutta avventura. Pur essendo stato più volte sollecitato al racconto il dottore si inalberava e trincerava dietro alla ferrea legge del “segreto professionale” paragonando addirittura la sua professione a quella del Parroco che mai e poi mai avrebbe proferito parola. Il Dottore era un uomo molto apprezzato e considerato, specializzato chirurgo, tutti si rivolgevano a lui con fiducia e nessuno avrebbe mai lontanamente dubitato del suo parere o del suo operato. Proveniva da una famiglia di medici, chirurghi e professori, si diceva addirittura che egli stesso fosse tutte e tre le cose ma che avendo avuto degli “screzi” con illustri luminari cittadini si era ritirato a “vita di campagna” e di null’altro voleva curarsi se non dei propri pazienti. In realtà le cose stavano in maniera molto diversa, un fondo di verità nella storia c’era anche ma passando di bocca in bocca si era sempre più modificata e accorciata tanto che ormai non se ne capiva più nemmeno il senso. Il Dottore era stato sin da bambino la gioia di genitori e insegnanti, “un bambino allegro, serio giudizioso e studioso”, gli stessi Padri Gesuiti che lo avevano avuto alunno fino alla laurea universitaria incontrando i genitori o i Superiori non avevano mai fine di narrarne le doti, avevano ad un certo punto cercato di auspicarne la carriera ecclesiastica, paventando addirittura un soglio Pontificio, ma non c’era stato verso di convincerlo ne di blandirlo. Sosteneva, il Dottore, che sarebbe di sicuro andato missionario “ma non per curare le ferite dello Spirito bensì quelle del corpo perché lui sarebbe diventato Dottore”. Detto e fatto arrivò addirittura a laurearsi e poi specializzarsi con ben due anni di anticipo sul normale corso di studi e all’età di venticinque anni accettò, forse è meglio dire mendicò, un “passaggio” per l’Africa dove, era certo, avrebbe portato il sollievo a molti disperati.


Loshrike.. continua..
sole281
00mercoledì 5 luglio 2006 16:54
Continuo ad essere rapita dal racconto....
ariel.46
00mercoledì 5 luglio 2006 17:18
Come sempre davanti ai miei occhi scorre questa Processione e i vari protagonisti prendono vita.
Le parole non servono, Losh...
Grazie.
Ariel.

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