rivisto e corretto
Ho avuto il tempo necessario per correggre gli errori, le ripetizioni e rivedere anche il contenuto.
Ora è decissamente più leggibile, così lo reinvio per intero per chi vollesse leggerlo.
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Le confessioni di..Maria
Il primo regalo della sua Vita: questo nome breve come un soffio, due sillabe che pronunciate nel vento sembrano disperdersi veloci nel vento, ma che la storia concreta dell’essere umano hanno reso così importante, troppo denso di significati..
Non aveva mai capito perché i genitori amino sguinzagliare la loro fantasia per le vie più strane della loro fantasia, quanti nomi assurdi o troppo importanti riemergono dai meandri del loro inconscio freudiano, dagli istinti che riversano sulle anime inconsapevoli che si cullano nei ventri delle loro madri.
E sì loro, questi esserini indifesi, se lo portano poi addosso per sempre questo “marchio”.
Non è indelebile, ma molte, troppe volte la superficialità delle persone, che il destino ci avvicina, si soffermano alle prime pagine del nostro libro, alla superficie del nostro mare e non ne esplorano le profondità dell’intimo.
Ma la sorte…,il suo cammino le avevano pure regalato un carattere proprio contrario al nome. Era una sfida?: l’aspetto e l’anima; l’etichetta e il sapore.
Capelli corvini, come uccello di rovo, un corpo flessuoso le cui movenze scatenavano gli sguardi e le fantasie dei paesani; seni piccoli, che lasciavano intravedere una forma perfetta, libera, fiera e quel turgore perenne quasi una brezza le sfiorasse persistente sotto la veste o una passione la possedesse naturalmente, da sempre.
Occhi verdi intensi, che, solo a chi conosceva i passi del suo intimo, rivelava i cambiamenti di umore o, rifletteva gli umori del tempo.
La sua voce squillante, calda e sensuale aveva a volte fatto più breccia nei cuori che il suo aspetto; sorrideva alla vita, a dispetto dei giorni grigi, dei dolori.
La sorte però non si era fermata qui con al sua sfida.
La sua città, un paesino medievale, decaduto; abitato quasi oramai da ombre dal passato illustre, popolavano i racconti all’ombra dei focolari o le fantasie dei giovani che immaginavano intrighi di sangue e amori passionali.
Oramai ai margini di una grande metropoli, ne rappresentava la decadenza sprofondata nell’oblio di fronte al progresso materiale dell’uomo, il morire della storia rispetto al presente o alla chimera del futuro.
Lei uccello di rovo che sognava l’aquila, aveva le ali tarpate dai genitori che ancora in fasce ne avevano percepito la natura ribelle e forse per egoismo, le avevano impartito una educazione rigorosa, in sintonia con il nome che le avevano imposto.
Cercava sempre, nei pochi momenti di libertà, di abbandonare le sue fantasie al vento o molto più concretamente ad un computer, regalo inaspettato di un concorso di componimento; queste parole che si immaginava fluttuare nel vento, entrare nelle case, combinarsi misteriosamente ai desideri di altri esseri, quasi per caso, a guisa di attrazioni fatali, l’aveva affascinata da subito…
E poi, ora, in paese non si parlava che del nuovo prete. Arrivato da poco, a sostituire il vecchio prete andato in pensione… e per fortuna !, oramai le sue prediche erano una lagna che componeva il telo delle penitenze inflitte da sua madre al suo spirito ribelle.
Qualcuno aveva visto dei movimenti nei pressi della canonica e le era sembrato intravedere una figura atletica giovane, non certo anziana.
Chi può desiderare, seppur uomo di chiesa, chiudersi in questo posto desolato, quasi dimenticato pure da Dio. Otre tutto la Maria che vi avrebbe trovato, non faceva certo onore al suo nome.
La sua mente, spontaneamente si lanciò in una gara di supposizioni: fuga dalla città, meditazione, punizione di un rigido vescovo, fuga da una passione….
Il suo cuore non era mai stato profondamente di nessuno; era libera di andarsene anche solo con mente non appena lo avesse desiderato; l’avevano lasciata fare, perché oltre ogni dubbio, percepivano subito che l’avrebbero persa al primo tentativo di bloccarla accanto a loro.
Per questo ricordava con piacere le poche relazioni intense ma libere che aveva vissuto.
Non era mai stata imprigionata. Era riuscita a non farsi mai coinvolgere troppo e, al momento opportuno, era sempre sfuggita, la sua mente governava il sentimento.
Però non poteva dimenticare quel ragazzino conosciuto durante il periodo del collegio, l’unico lontano dalla sua casa.
Eppure proprio lì, era spesso fuggita al controllo rigido e carcerario delle suore.
Si incontrava con Pietro, al caffè, di mattina presto, quando le suore si ritiravano nelle meditazioni del crepuscolo del mattino.
Non ricordava più le sue fattezze, del resto non aveva importanza alcuna; era uno scambio puro di due spiriti desiderosi di avventura, di scoprire la Vita e con questa se stessi.
Solo i suoi occhi erano ancora vivi nel suo ricordo; erano scuri, profondi ; era lì che le due giovani anime si incontravano, perché anche gli occhi di Pietro cambiavano e, a volte, diventavano quasi verdi relegando il marrone a contorno della pupilla.
Era in quei momenti, con gli occhi fratelli, che Maria e Pietro volavano sulle ali delle loro fantasie, desiderosi di lasciare un segno forte sul palco del mondo.
Erano uniti, ma erano liberi: è questo che lei ricordava nel suo cuore. Felici di stare assieme perché non vi era costrizione, ma anzi una comunione spontanea che accresceva
le potenzialità di entrambi.
C’era stato, tra loro, solo un abbraccio, intenso, puro, senza parole, al momento del commiato di Maria dal collegio. Senza tristezza, come un augurio reciproco di due anime libere.
Quegli occhi, quei voli liberi, erano diventati nel tempo il suo credo personale,la chiave di lettura della sua vita.
Ma, ora, c’era quella vita monotona, che, però, le concedeva dei momenti di solitudine e libertà che una metropoli mai le avrebbe potuto regalare.
Il suo spirito teneva ancora salde le briglie della sua esistenza.
La scuola, qualche insegnante illuminato, che sapeva dare oltre alle pagine dei libri, le avevano regalato una sensazione profonda, che la confortava nella sua volontà: la libertà, il libero arbitrio, il destino, forse erano aspetti diversi, ma necessari di un concetto unico.
Forse stava troppo aspettando il momento magico, lasciandosi trasportare da amori fugaci, da passioni violente come una fiamma, che prima o poi si spegne, o, dal proprio innato senso creativo che l’aveva attirata alla tela, ritraendo paesaggi della sua terra, volti scavati di contadini, bevitori e lineamenti immaginati di anime travagliate.
Ora c’era la novità del prete della canonica sul colle degli ulivi e, come ogni volta, Maria si fece trascinare dal vortice delle congetture, delle fantasie di emozioni forti.
Erano passati gli anni dal collegio, era una donna ancora giovane, ma il suo spirito non poteva abbandonare quella linfa che le aveva permesso di essere ancora un essere fresco, forte, vivo in ogni fibra.
La novità, il ricordo di trame di film peccaminose l’attrasse irrimediabilmente, ancora una volta, nel vortice del suo “gioco”.
La confessione sì, sarebbe stata la scena ideale per la sua trama.
All’imbrunire, tonalità del giorno complici di intenzioni nascoste, ma orario consueto del confessionale, si recò alla canonica.
Pungente era la curiosità di scoprire un essere umano un po’ “speciale” e sperimentare, nel contempo, le sue “arti”su di lui.
Era in anticipo, voleva essere la prima , colpire la freschezza della sua prima confessione del giorno; era disposta ad aspettare.
Vide, con sorpresa, il lato del confessore chiuso, segno che il confessore era in attesa..
Si sedette dritta di fronte a lui; i suoi occhi vispi, intensi non l’avrebbero certo tradita dietro ad una grata.
Lui ..dall’ombra - intuiva fosse di fianco - era di certo alto, dall’altezza del suo viso, ma non riusciva a immaginarne le fattezze del viso.
Aspettava con ansia di catturare il suono della sua voce,…era giovane,.. vecchio, seducente …? avrebbe cominciato con il classico “Figliola, cosa ti ha portato qui, da quanto non ti confessi,..?” -….e poi, ..poi… al sentire i peccati dell’anima persa avrebbe pronunciato il “classico” - “ quante volte figliola, dimmi quante volte…”.
Sperò ardentemente non fosse una barba simile, soprattutto perché avrebbe potuto sopire la sua capacità intrigo.
Niente di tutto ciò, ..lui .. cominciò con chiederle episodi della sua infanzia, senza mai entrare in dettagli personali,.. uno scorrere di immagini piacevoli, di sensazioni divertenti, gioiose.
La voce di lui, complice la posizione, scorreva calma, quasi si perdesse oltre le cime delle montagne.
Sì, era questa la sensazione. La sensualità c’era, forse, ma era interna, molto interna..
Provò più volte a scalfire questa impenetrabilità, ma così non l’aveva mai conosciuta; era sempre riuscita a cogliere i punti sensibili del carattere, a toccarli.. a lasciarli …a stringerli… ad abbandonarli, nel rinnovato torneo dell’eccitazione.
Così, piano piano, aveva abbassato le armi, si era lasciata andare alle sensazioni, ai ricordi che lui le suscitava con naturalezza, alle parole, che ora acquistavano un senso profondo, prive del consueto gioco virtuale cui era abituata.
I suoi occhi, unico segno appena visibile, però, restavano un’attrazione irresistibile; erano ciò che la legava ancora al suo disegno iniziale - quasi come ingenua bugia – e alla curiosità di quel confessionale.
Anche se rivolti all’esterno emanavano una luce calma e forte al tempo stesso.
Una sera le sorse repentino, per un attimo, il pensiero di Pietro,… Pietro ogni mattina all’alba, quasi fosse l’alba della sua vita ..lui all’imbrunire, la maturità ..; l’uno i sogni, l’altro i ricordi…ma i ricordi potevano riuscire a risvegliare i sogni…l’imbrunire essere il passaggio al sorgere di un nuovo sole, prima che inesorabile la notte cominciasse ad impadronirsi della scena….
Ma le due persone erano così diverse, lo percepiva distintamente dai lineamenti intravisti, dalla voce, dai flussi passionali, anche se infantili, dell’uno e dalla calma serafica del pastore.
Con ..lui.. sentiva un custode al suo lato era lei che guidava e lui era lì, al suo fianco, ad accogliere le sue richieste.
……così, ad ogni imbrunire, il suo incontro era divenuto una sorta di rito, ma di piacere rinnovato, un sollievo che cominciava a percepire nell’inconscio, una necessità cui non sapeva resistere, ma non le importava,…in fin dei conti era sempre uscita da ogni situazione ..appena in tempo…
Senza accorgersi, partendo dai ricordi di infanzia, la vita di lei era scorsa dalla sua bocca, attraverso la grata, al viso di lui.
Non aveva mai aperto così il suo intimo ad una persona, ad un uomo; era una sensualità sottile, la percepiva o forse la desiderava; si scoprì, per la prima volta, a non darvi importanza.
Decise di lasciarsi andare come mai aveva fatto, trascinata da un’attrazione irresistibile, per la prima volta insicura di dominare la situazione, ma il pericolo, almeno quello conosciuto non lo avvertiva.
Rise come da tempo non aveva fatto, pianse. Calde e sincere lacrime liberatorie.
La sorprendeva che la tanto attesa penitenza, non arrivava mai, ma non aveva il coraggio di chiederne il motivo; la incuriosiva, ma era anche uno stimolo a cercare di capire quale sarebbe stata per lei la strada dell’espiazione che ..lui.. le avrebbe disegnato.
Lei, però solo lei, avrebbe voluto tenere la matita in mano !
Quella notte si svegliò di soprassalto; improvvisamente la mente sveglia, lucida, come se il cielo denso di nubi, improvvisamente, rivelasse da uno squarcio, un mondo sconosciuto o dimenticato nello spirito dell’infanzia.
Aveva vissuto pizzicando la vita qua e là , fuggendo, non aveva ancora affondato i passi sul suo cammino, non si era ancora sentita vibrare nel profondo dell’anima; aveva usato le sue doti per stupire, per affascinare, per suscitare il mistero sulla fonte della sua vitalità, di una sensualità spontanea, che sembrava nascere dalle viscere della terra.
Sentiva finalmente l’impulso di costruire qualcosa di suo, di convogliare le sue doti in un unico flusso.
L’arte, questa era la sua strada ! Visualizzò d’improvviso la tela della sua vita, esposta da tempo, alla vista del mondo, per stupire, per dare sfogo alla sua rabbia, alla sua insoddisfazione.
Ora desiderava farne scopo della sua vita, imprimervi ciò che aveva imparato dal rapporto carnale con la natura e dalle relazioni umane; il contrasto di desideri effimeri e di impossibili chimere; desiderava inviare un messaggio profondo a chi sapesse leggere i segnali vibranti nei tratti delle figure.
Aspettò l’alba, desiderava comunicarlo al don, che così paziente l’aveva seguita nelle peregrinazioni del pensiero.
Nelle rare confidenze che lui le aveva fatto, le aveva raccontato della sua abitudine di andare sulla collina dell’uliveto a meditare nel crepuscolo del mattino, un sorta di preparazione spirituale alla giornata che lo attendeva, per tornare in tempo alle incombenze necessarie di una canonica che non possedeva risorse finanziarie.
Così fungeva pure da contadino e da addetto ai lavori di piccola manutenzione, che una piccola comunità, povera per destino, necessitava per poter funzionare.
Durante il tragitto le tessere del mosaico le si componevano davanti con chiarezza.
Capiva, ora, che il gioco della vita che lei aveva avviato per curiosità, la stava legando alla scena stessa per renderla attrice perenne di una commedia, ripetuta uguale senza fine.
La tela che stava tessendo da sempre, come padrone delle sue prede, si stava richiudendo su se stessa.
Lui era arrivato al momento giusto, aveva toccato le corde di un violino dimenticato.
Ma era lei che aveva ripreso a suonarlo e così anche aveva ritrovato un sonno ristoratore che le mancava da tempo; la notte, per lei era pregna di desideri fugaci, parole virtuali che si componevano nella sua mente, come chimere lontane o eccitazioni incontrollate che oramai faceva fatica a controllare.
Erano parto della sua fantasia, ma avevano acquistato una vita propria.
Avvertiva un sentore acuto di rischio, le piaceva, e si sentiva in grado di controllarlo.
Lui come se la conoscesse, l’aveva assecondata, quasi complice.
Camminando spedita, sicura, si ricordò improvvisamente di un libro di filosofia orientale, letto tempo addietro e che aveva relegato in un angolo della memoria.
Ora il contenuto stava riaffiorando e comprendeva cosa fosse successo, inconsapevole, nella sua mente e nel suo cuore.
I pensieri, gli stati d’animo degli occidentali, - ricordava – nascono violenti e, per nostra stessa natura , appena usciti dai nostri pori, li riprendiamo, possessivi; facciamo crescere la loro forza in noi, avviluppandoli nei ragionamenti contorti della mente, colorati dai dolori o dalle eccitazioni del nostro animo; regaliamo loro, così, nuova linfa, avvolgendo la spirale dentro di noi fino a renderli illeggibili.
Gli orientali, lasciano uscire il pensiero, gli stati d’animo, scorgerono libere le sensazioni, le osservano senza che la mente corra a riprenderle.
Così perdono gradatamente la loro forza negativa, si srotolano come un papiro davanti agli occhi, che ora possono leggere, tranquilli, sicuri.
Non sarebbe più stata capace di uscire dal proprio gioco; un assuefazione che la portava ad entrare consapevole, ogni volta, nel vortice eccitante e ad uscirne con una sorta di senso di sfida vittorioso.
Sì, ne sarebbe sempre uscita ogni volta, ne era convinta; ma il gioco si sarebbe compiuto all’infinito…
Lui le aveva fatto capire questo, lasciandola agire come se fosse lei il padrone della scena. Era stato il burattinaio nascosto, i cui fili, lei, non li aveva mai percepiti.
Lui, pastore di anime, sapeva che doveva stare al suo fianco, era lei che doveva scegliere, anche se inconsapevole, la direzione della propria strada.
Mai si sarebbe fatta guidare !
Le scelte fondamentali, devono essere prese toccando il fondo del proprio io, a volte nel dolore più lancinante, a volte nella lucidità più intensa, ma sempre con totale onestà e coraggio verso se stessi.
Con questi pensieri, corse veloce, con uno stato d’ansia che si accomunava alla conquista appena ottenuta, orgogliosa di condividerlo con chi aveva creduto in lei.
Lui era stato paziente ….lui non aveva mai chiesto nulla, né un offerta per la chiesa, né un aiuto nel campi,…lui era come se non volesse esistere lì davanti a lei come persona….
Questi pensieri le sorgevano pungenti, tumultuosi, mente saliva, impaziente, i gradini del sagrato…
Lui….., ma perché solo ora, dopo l’eccitazione iniziale, pensava a lui così intensamente, …lui era stato una voce oltre la grata per tanto tempo, … quasi impersonale lui….
Lui….lui ….lui…
Giunse alla canonica e l’ansia crebbe con un presentimento strano, di vuoto.
La perpetua sembrava aspettarla, si avvicinò a Maria lentamente con uno sguardo sereno, ma triste allo stesso tempo.
Le consegnò una busta, c’era scritto “Per Maria”.
L’aprì come impietrita, lesse rapidamente per liberarsi del nodo alla gola che la stava assalendo.
“ Cara Maria, ora che hai aperto le porte alla vita, che hai scoperto il dono dell’anima, la tua ricerca è terminata e con essa il mio compito nel tuo paese.
Ho servito i paesani, con dedizione, ma in te Maria ho visto uno spirito che non riusciva più a volare come un tempo.
Ora il destino che hai scoperto dentro di te ti rende completa.
Vola, quindi, come fringuello spensierato, ma sappi essere artigli di sparviero per difendere l’Amore, sì aquila regina del tuo cielo per celebrare il dono della Vita, ma nel tuo intimo sii sempre colomba di pace “.
– di colpo le lacrime le corsero lungo il viso e fu scossa da singulti sempre più violenti – il foglio si bagnò, non riusciva a leggere quasi nulla….
Intravide ancora….sul foglio bagnato..
“i tuoi occhi verdi hanno ripreso a volare come una volta, che la Serenità e la Purezza dell’anima siano con te …….”
Lui…lui…lui..
C’era una firma, che vedeva tra le lacrime, le venne un tuffo al cuore, non aveva capito, non doveva capire…
…………….don Pietro………