Non capisco.

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loshrike
00giovedì 1 giugno 2006 15:11
“.. che amara bellezza c’è
nell’incertezza del domani,
la tentazione è puttana
ci fa tutti uguali.”


Non capisco. Oggi proprio non capisco. In fondo, mi chiedo, cosa c’è da capire?? Un bel giorno ti svegli con delle parole che continuano a frullarti nel cervello e non riesci a smettere di cantarle ossessivamente. Oggi tocca ai Litfiba. Ricordo o retaggio dei miei vent’anni e poco importa se appaiano ormai così lontani, oggi gira così punto e basta. Come tutte le mattine, da lunedì a venerdì, mi sono svegliato verso le sei, rapida colazione, barba, camicia cravatta e poi via. Prendo la macchina ma mi accorgo che oggi la giornata è stupenda, un cielo azzurro o forse è meglio dire indaco, terso senza nuvole all’orizzonte; mi accorgo che qualcosa non va, mi accorgo che inconsciamente sono certo che non sarà una delle mie solite giornate. Prendo il treno, quello delle 6.32, quel treno che tutte le mattine mi porta a Milano e che da poco frequento. Sono diventato allergico a macchine, autostrade, incidenti vari, semafori e stronzi sempre di corsa, mi sono accorto che 1 ora e trentotto minuti di treno mi permettono di recuperare preziosi istanti di vita. Potrei lavorare, qualche volta lo faccio anche, ma di solito preferisco leggere e quello spazio di tempo della durata di quasi due ore mi guarisce dai sintomi di uno stress accumulato in tanti anni da stupido automobilista, persino la tanto fastidiosa gastrite che ormai si stava trasformando in ulcera non mi da alcun fastidio. E’ magicamente scomparsa. Le ore e i minuti volano attraverso le pagine di libri che sempre mi ripromettevo di leggere e che mai avevo il tempo di prendere in mano, quasi quasi provo un doloroso fastidio alla vista del cartello che indica la stazione di Porta Garibaldi, non ho nemmeno il tempo di finire il capitolo. Cazzo. C’è sempre e comunque il ritorno. Leggere mi piace, mi diverte, mi rilassa ma soprattutto mi permette di vivere tutte quelle vite che ho tanto sognato e immaginato da bambino e poi crescendo da ragazzo e perché no anche da adulto. Non ho molti amici, anzi per dire la verità non frequento mai nessuno, non per superbia o arroganza ma perché sono fatto così, non sopporto le chiacchere da bar, odio il calcio con tutti i suoi annessi e connessi, tranne quel breve intervallo di un mese circa che periodicamente ogni quattro anni mi fa sentire veramente italiano, i Mondiali. Non ho amicizie nemmeno tra i colleghi di lavoro, a parte che sono in una posizione di comando, ma il lavoro lo chiudo la sera in ufficio e raramente succede che mi segua fino a casa. Ho un unico grande amore, la mia famiglia, i miei due bambini e mia moglie che poverina in questi anni ha sopportato tutte le mie manie, tutte le mie stupide idiosincrasie. Non abbiamo bisogno di molte parole, ci capiamo a volte anche solo con gli sguardi e nemmeno devo continuare a ripetere quanto la amo o quanto le voglio bene. Lei lo sa, è un dogma dato per scontato nel nostro matrimonio e nulla può alterarlo. Con questo non voglio dire che il nostro rapporto sia freddo o indifferente, stanco o privo di emozioni, no, semplicemente siamo veramente le due famose metà della stessa mela. I bambini sono invece un discorso diverso. Con loro sono irriconoscibile e chiunque mi ha frequentato o mi conosce stenterebbe a credere al mio atteggiamento nei loro confronti. Entrambi li ho visti nascere, entrambi li ho tenuti tra le braccia timoroso quasi di “romperli”, li ho sentiti piangere e poi ridere, mi sono alzato a dargli i latte quando erano piccoli e ho anche imparato a cambiargli il pannolino o a curare le ginocchia sbucciate. Ho sempre cercato di essere per loro una costante, una certezza a cui fare riferimento e tutto il resto è diventato un corollario, non spiacevole certo ma nemmeno troppo importante. Quando non leggo penso a loro, mi immagino il futuro, cosa faranno e cosa penseranno di me? Nel frattempo vivo, intensamente e insistentemente vivo e osservo. Osservo la gente che scende e che sale dal treno, alcuni mi sembra di conoscerli da anni, ascolto brani di conversazione oppure telefonate da cellulari sempre invadenti, le chiacchere tra amiche e la spavalda presunzione dei ragazzi certi di avere la vita nel palmo di una mano, sempre sicuri di poter prendere il toro per le corna e piegarlo al proprio destino. Ero anch’io così ma la vita mi ha cambiato, in meglio senza dubbio, ma mi ha cambiato. Ho capito molte cose sbagliando e sbattendo la testa perchè non c’era nessuno a consigliarmi e se anche ci fosse stato, essendo convinto di non averne bisogno, non lo avrei ascoltato. Sono diventato meno impulsivo e più riflessivo, in un certo senso sono sceso a patti con la vita e sinceramente non mi è andata poi così male. Oggi ad esempio accanto a me si è seduta una ragazza, non è la prima volta che la vedo, la considero molto simile a me; sono parecchi giorni che la osservo e ho notato che ha più o meno il mio stesso modo di fare. Legge, libri che spesso io ho già letto, osserva senza essere invadente, non ascolta musica e non l’ho mai vista rispondere al cellulare, scruta attentamente le persone che accennano a sederlesi a fianco e una sua occhiata è in grado di scoraggiare anche la persona più loquace. Mi piace. Anche di aspetto non è male, sia chiaro io ho gusti molto particolari che non starò a spiegare per non annoiare il lettore, basti solo sapere che più di una volta mia moglie mi ha fatto notare che a suo giudizio ho dei gusti molto fuori dal comune ed io per tutta risposta ho detto: “Se ti ho sposato e se mi hai sposato vuol dire che non sono poi così orrendi”. Al che mi sento rispondere che i miei gusti sono peggiorati con l’età ma che quando mi ha conosciuto erano molto molto raffinati, dopodichè scoppia a ridere e mi da un bacio. Comunque oggi è seduta di fianco a me ed io ho perso ogni interesse per lei, non ha una storia da raccontare o meglio forse l’avrebbe anche ma di sicuro non la racconterebbe ad un suo simile o forse mi sbaglio? Due sedili più avanti una coppia di anziani parlano della loro vita, forse l’età li ha resi un po’ sordi ed il tono di voce è più alto del dovuto. Lui dice: “ Ti ricordi la prima volta che abbiamo preso il treno? Nel ’45 ci eravamo appena sposati e siamo andati in viaggio di nozze a Venezia…”. Lei ride e risponde: “E’ passato cos’ tanto tempo che quasi non mi..” Le voci si perdono negli schiamazzi di una scolaresca di bambini che salgono con le maestre alla fermata che ha appena fatto il treno. Guardo i volti degli altri passeggeri infastiditi, qualcuno addirittura si alza spostandosi qualche vagone più avanti mentre le tre maestre gridano: “ Seduti bambini e non cominciate a gridare che ci sono altre persone oltre a voi”. Intanto assegnano i posti e due bambine dell’età di circa sei anni si siedono proprio di fronte a me e alla mia compagna di viaggio che scopro sta sorridendo proprio come sto facendo io. Ci guardano un po’ intimorite e poi prendono a parlare sottovoce, quei discorsi spontanei che solo i bambini sanno fare e che escludono categoricamente qualsiasi comprensione da parte degli adulti. Penso al fatto che un giorno anche i miei bambini potrebbero essere su un treno diretti a qualche gita o qualche museo incantati dalla grande città che non hanno mai visto ma di cui diranno meraviglie appena tornati a casa sottolineando però il fatto di aver visto pochissimi alberi e nessun prato in cui correre. Ed eccomi a Milano, questa città triste e grigia che nemmeno il sole riesce a rallegrare ai miei occhi, io che sono nato tra le montagne dove l’occhio è abituato a vedere campi e alberi, animali e fiumi che scorrono placidi o irruenti, a seconda della stagione, io che poi sono stato strappato a tutto questo e cresciuto in una città dove gli animali li vedi solo allo zoo e a volte nemmeno lì… io, sempre e solo io.
Non ha segreti questa città, mentre mi incammino sul marciapiede della stazione accendendo la prima sigaretta della giornata e resuscitando il cellulare, mi ritrovo a sorridere al pensiero che tra poche ore il tragitto per me sarà inverso e ciò che ora ho di fronte sarà poi come sempre alle mie spalle… i miei bambini mi aspettano.

Loshrike

Ahamiah
00giovedì 1 giugno 2006 15:19
me lo avevano detto..è bello leggerti
[SM=x629188]
loshrike
00venerdì 2 giugno 2006 14:12
Re:

Scritto da: Ahamiah 01/06/2006 15.19
me lo avevano detto..è bello leggerti
[SM=x629188]



Grazie per averlo letto ed anche per i complimenti.

Losh
riana.F
00venerdì 2 giugno 2006 15:54
...l'incertezza del domani...la tentazione ci fa tutti uguali.
I racconti ambientati in treno mi sono sempre piaciuti. Forse perché il treno è un luogo in cui si riflette molto, si osserva e si cattura con lo sguardo, quindi il posto ideale per uno scrittore che è a caccia di personaggi per un suo racconto. In questo scritto c'è il pensiero, espresso intensamente dall'autore: la sua ideologia sulla vita, il valore della famiglia che insito il lui. Però, già, monitorare ed osservare i gesti, uno sguardo, un paesaggio...Questo vuol dire, in qualche modo, evadere dalla realtà, che è sempre lì che aspetta, rassicurante o cruda, bella o brutta che sia.
Al prossimo viaggio.

:poeta:
loshrike
00sabato 3 giugno 2006 14:24
Lieto che ti sia piaciuto.. e come hai detto tu... al prossimo viaggio..

Losh [SM=g27828]
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