Rabindranath Tagore

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@Ljuba@
00martedì 28 marzo 2006 15:04

Nome anglicizzato di Rabindranatha Thakur, Rabindranath Tagore nasce a Calcutta nel 1861; la sua è una ricca famiglia di intellettuali (il padre era filosofo), e lui viene mandato in Gran Bretagna per studiare diritto.

Torna in India nel 1878, e qui si afferma come il maggior scrittore dell'era coloniale, pubblicando una vastissima opera che comprende saggi, romanzi, racconti, drammi e diari di viaggio.

Nel 1901 fonda nella sua proprietà di Santiniketan la scuola dalla quale, nel 1921, sarebbe nata l'Università internazionale Vißva-Bharati. Le lezioni, impartite all'aperto in forma di conversazione fra allievi e maestri, mescolano filosofie orientali e occidentali. Nel 1915 Tagore viene insignito da Giorgio V del titolo di baronetto, ma vi rinuncia nel 1919 in seguito al massacro di Amritsar. Muore a Santiniketan, Bengala, nel 1941.

Le sue opere, scritte originariamente in bengali e in parte tradotte in inglese dall'autore stesso, sono pervase da un profondo amore per la natura e da una religiosità di matrice panteista. Tra i volumi di poesia si ricorda, oltre alle liriche d'amore di "Il paniere di frutta", scritte tra il 1913 e il 1915, l'anteriore "Canti di offerta", che gli valse il premio Nobel nel 1913.



Afferro le sue mani

Afferro le sue mani
e la stringo al mio petto.
Tento di riempire le mie braccia
della sua bellezza,
di depredare con i baci
il suo dolce sorriso,
di bere i suoi bruni sguardi
con i miei occhi.
Ma dov'è?
Chi può spremere l'azzurro dal cielo?

Cerco di afferrare la bellezza;
essa mi elude
lasciando soltanto il corpo
nelle mie mani.
Stanco e frustrato mi ritraggo.
Come può il corpo toccare
il fiore che soltanto
lo spirito riesce a sfiorare?





@Ljuba@
00martedì 2 maggio 2006 15:18
Quando mi comandi



Quando mi comandi di cantare, il mio cuore
sembra scoppiare d'orgoglio
e fisso il tuo volto
e le lacrime mi riempiono gli occhi.

Tutto ciò che nella mia vita
vi è di aspro e discorde
si fonde in dolce armonia,
e la mia adorazione stende l'ali
come un uccello felice
nel suo volo a traverso il mare.

So che ti diletti del mio canto,
che soltanto come cantore
posso presentarmi al tuo cospetto.

Con l'ala distesa del mio canto
sfioro i tuoi piedi, che mai
avrei pensato di poter sfiorare.

Ebbro della felicità del mio canto
dimentico me stesso
e chiamo amico te
che sei il mio signore.
=ahamiah=
00domenica 3 settembre 2006 01:16
Quando t'ho rincontrato,

in una notte senza stelle,

perso in un labirinto oscuro,

il mio desiderio era quello di guidarti

con la mia lampada.

Tu però non desideravi il mio desiderio.


Quando t'ho visto passare

sul cammino dell'insulto,

lanciando le tue canzoni alla polvere,

il mio desiderio era quello di incoronarti

con fiori freschi.

Tu però non desideravi il mio desiderio.


Quando i tuoi servi piangevano

o mendicavano,

reclamando un salario indu,

il mio desiderio era quello di offrirmi

a te per niente.

Tu però non desideravi il mio desiderio...


- da Petali sulle ceneri -


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