Rosa Pastello

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erikaluna
00martedì 16 gennaio 2007 20:02
Il mio appartamento è rosa pallido, sulle pareti pastello ho attaccato qualche cartoncino colorato, ruvido. Sopra ci ho incollato alcune poesie di Alda Merini. Mi piace molto come parla degli amanti. Sopra ci ho attaccato qualche cartaccia di caramella da poco, per sdrammatizzare. Sopra ci ho attaccato i miei sogni, per non dimenticarli, per non resuscitarli.
C’è un piccolo balcone, dietro ai tetti si riesce a vedere il sole a picco sul mare nelle ore più rosse, ed è uno spettacolo gratuito che persino io posso meritarmi. Non ho mai visto niente di così bello e devastante. Dalla strada arriva odore di kebab e odore di merci lontane. Allora a volte immagino viaggi, mi perdo nell’odore, mi perdo nei suoni che mi arrivano distinti tra i passi della folla e per me è quasi come viaggiare, anzi. Quasi come scappare. E volo via, non sono qui. Il mio bagno è piccolo, ma pulito, come la mia cucinetta. C’è tutto un ordine a misura di studentessa che esaspera ancor di più la mia lordura. Ci sono fotocopie di manuali troppo costosi, jeans sdruciti, cartoline lontane, poche foto di quanto ero piccola e il rossore non era una tramonto ma il colore delle mie stesse gote. Vivo come posso. I corridoi della facoltà a volte sono enormi, a volte affollati. A volte mi sento estranea, altre parte di un tutto caotico. Ma alla fine qui, in questa grande città bellissima piena di luce, tutto è molto difficile e indispensabile. E’ difficile conoscere persone, è difficile farsi degli amici, rimorchiare come si deve, specialmente per me che sono stata in mezzo ai monti per 20 anni. E’ indispensabile invece non perdere il ritmo del tempo, smarrirsi, confondersi, in qualche modo crescere, e perdersi. Ma lassù, in mezzo ai monti, in mezzo a un dialetto che quasi odio non ci tornerei nemmeno per scherzo. Tuttavia non sono nemmeno troppo intelligente per studiare come dovrei. No, è la vita fuori dai libri, fuori dai monti, le mille facce di Catania che adesso ho bisogno di bere. Non ricordo nemmeno come fu la prima volta. Fu così, un po’ per scherzo, un po’ per gioco che accadde. Così iniziai a crocifiggermi. Le prime volte erano occasioni fortuite per rimpiazzo di altre amiche, dopo è divenuta una regola. Quando stanno per arrivare, mi faccio la doccia col bagnoschiuma più aromatizzato che c’è. A loro piace assolutamente pensarmi come qualcosa di pulito. Indosso biancheria stuzzicante a basso costo recuperata dalle bancarelle. All’inizio era un gioco, era un modo per conoscere me stessa, per sperimentarmi, anche nell’abbigliamento. Poi è divenuta una messa in scena di una recita di cui nemmeno son protagonista ma solo comparsa. E suonano alla porta e i miei occhi allora iniziano a non vedere. All’inizio non era così, all’inizio li guardavo. Alcuni erano carini, altri orridi. Forse per questo i miei occhi hanno continuato a essere aperti ma senza guardare. Le prime volte erano anche qualche brivido, ma quelle volte si perdono nel tempo. Loro arrivano, io sorrido. Io, truccata come se fossi marylin, io pagliaccia di me stessa, con un rossetto troppo rosso per non avvelenarmi il sangue. Loro arrivano, iniziano a spogliarmi, come fossi un libro o una cipolla. E poi sento le dita affondare nella mia pelle, i loro denti succhiarmi, il loro sudore mischiarsi col mio. Li sento arrancare sfamarsi saziarsi sfogarsi. Li sento addosso, li sento dentro, li sento che mi schiudono, che mi prendono, che mi posseggono. E a volte in silenzio ci ho pianto. Ma solo qualche volta. Tutto ciò poco dopo non era così importante. Io c’ero, ero lì col mio corpo, con i miei respiri, in qualche modo gli appartenevo, ma non c’ero. Ero oltre, ero lontana. Alla fine sbattevano la porta, un’ultima pacca sulle natiche, un ultimo bacio quasi paterno sulla fronte, dopo tanto sesso, e via. In mano biglietti di euro. E ancora una doccia, ancora una messa in scena. Il rosa pastello mi sembra così sporco, così lezioso. Ma ai miei telefono ogni settimana. Non si lamentano se non do molti esami, anzi. Per loro sono bravissima. Sono andata via dal paesino con grande sacrificio. Sono la figlia perfetta che sfida le radici per un avvenire più pieno. Sono colei che ha rotto le tradizioni, l’orgoglio di chi non ha potuto avere le mie stesse possibilità. Sono la figlia modello, in un appartamento pastello. Sono la figlia gioiello, che studia e si mantiene da sola, lavorando di sera in un pub. Ma così è un romanzo, e tutto questo è molto più difficile. Come la sveglia che adesso suona, e mi richiama ai miei jeans sdruciti, alle mie fotocopie. Per poi tornare a crocifiggermi nel mio letto. Avanti il prossimo. No, non voglio reagire, non voglio scendere dalla croce. Perché tanto non ho niente da dare, da sperare, da immaginare. Perché tanto ho solo questo corpo che mi permette di vivere senza chiedere niente a nessuno, un corpo che non è mio, che vendo, come per non esserci. Perché tanto a me di esserci, in fin dei conti, non mi interessa. Vuoto intorno e dentro. Vuoto sono io, puramente vuoto. Sono la tasca vuota dei miei jeans. Anzi nemmeno. Il buco del calzino. E a volte vorrei alzarmi da quel letto, a volte vorrei smettere e pensare a qualche cosa di altro possibile, oppure piuttosto che alzarmi almeno sentire. Si sentire che sto male, che soffro, che non è vita, che ho toccato il fondo. Sentire che mi invadono il corpo, che mi calpestano l’anima, sentire che mi sto facendo male. E invece non sento niente. Ed è di nuovo sera, e tempo di bagnoschiuma. Molto aromatizzati.


Erika
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chicom
00mercoledì 17 gennaio 2007 17:07

letto e riletto, graffiante, incisivo, a metà tra il capire dove la finzione va a morire e dove va ad iniziare, capace di stupire e di rattristare, capace di far pensare ke è vero, a volte proprio uguale...

un inizio alla erikaluna, con questo
Sopra ci ho incollato alcune poesie di Alda Merini. Mi piace molto come parla degli amanti. Sopra ci ho attaccato qualche cartaccia di caramella da poco, per sdrammatizzare. Sopra ci ho attaccato i miei sogni, per non dimenticarli, per non resuscitarli.

e poi, ke dire, quando lo skiaffo ti piglia
Sono la figlia modello, in un appartamento pastello. Sono la figlia gioiello, che studia e si mantiene da sola

grande racconto
f.to un tuo affezionato lettore [SM=g27822]

ciao erika [SM=g27838]

erikaluna
00mercoledì 17 gennaio 2007 22:29
...
che bel commento chicom :) E' bello essere letti da te...:)
E dopo tanto che non scrivevo, mi sento molto meglio...
diversa.
ma meglio.
Credo sia una bella sensazione.
Un sorriso a te, e a questo luogo di bella libertà :-P [SM=x629177]
=Lelahel=
00giovedì 18 gennaio 2007 10:49
quanto "costa" il desiderio di andar via, di non sapere dove stanno i nostri sogni, ... perchè da qualche parte .... ci stanno aspettando.

La vita, unica di ognuno, ha uno scopo dalla nascita..forse a volte ci si fa male, fino a crocefiggerci, per costringere la nostra anima a svegliarsi.

Semplice, crudo e crudele, ma toccante, l'anima tra le righe soffre e desidera.

[SM=x629244]
loshrike
00mercoledì 7 marzo 2007 16:54
E' difficile e molto semplice allo stesso tempo. Scrivere. Difficile perchè conoscendoci abbiamo la particolare tendenza a raccontare noi stessi, non è il solo fatto di voler raccontare ma l'impellente bisogno esistenziale di far comprendere, ad un animo affine, che dentro abbiamo qualcosa da condividere ma solitamente non troviamo la persona adatta a recepire. Recepire che siamo comunque persone diverse e fuori dal comune, non ci fermiamo alle apparenze ma abbiamo un disperato bisogno di sostanza.. di quella strana materia di cui sono fatti i sogni, i nostri sogni.. la realtà.
Molto semplice.. è tutto un altro paio di maniche, è raro ma a volte la persona giusta si trova... è un fattore di pelle, uno strano "sentire".. e le parole cominciano a fluire, all'inizio solo un rigagnolo.. in breve una vera ondata di piena.. So che mi capisci perchè io capisco te, ho letto questo tuo racconto e ho pensato a un altro personaggio dei tuoi racconti.. poi su quel muro rosa pastello ci ho visto un quadro.. o meglio la metà di un quadro di cui hai raccontato la storia in un altro racconto..
Ciao Erika... complimenti.

Loshrike
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