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IL SEICENTO

Nel seicento troviamo un'evoluzione nei metodi di restauro in gran parte dovuta alla pratica sempre più etesa di "racconciare" i quadri per le gallerie private e per il commercio antiquario,ma si trattava sempre di restauri poco corretti.
Infatti furono criticati da quasi tutti gli scrittori che a quell'epoca di occupavano di cose d'arte come il Baglioni,il Mancini, il Malvasia e il Baldinucci che, nel suo Vocabolario toscano delle arti del disegno (Firenze 1681) dedicò una voce al restauro e criticò ferocemente gli interventi grossolani eseguiti nella sua epoca.Fece eccezione il Bellori che approvò incondizionatamente i restauri del Maratta poichè in essi sono rispettati i principi del restauro moderno.Per il Maratta e il Bellori, conservare le pitture di Raffaello o dei Caracci significava garantire alle generazioni future l'insegnamento dei sommi maestri della pittura.
Il primo intervento del Maratta fu sugli affreschi di Annibale Caracci nella Galleria di Palazzo Farnese a Roma (nel 1693)dove praticò un consolidamento dell'edificio(arch.Carlo Fontana) e degli intonaci che furono fissati con dei chiodi a T e pasta di gesso. Il secondo intervento, sugli affreschi di Raffaello nella loggia della "Farnesina",oltre al fissaggio degli intonaci,comportò delle ridipinture e la ricostruzione ex novo delle parti perdute(queste furono elencate affinchè in futuro non venissero confuse con quelle originali). Per questi ritocchi, il Maratta si servì di colori all'acquarello (legati con gomma arabica). Il terzo intervento fu eseguito, fra il 1702 e il 1703, nelle "Stanze" di Raffaello in Vaticano.Come detto, gli interventi di restauro del 600 furono dovuti al fiorire del mercato antiquario.Uno dei centri più attivi di questo mercato fu Venezia poichè i quadri veneti del '500 erano fra i più richiesti dai mercanti d'arte.Per questo a Venezia si diffuse l'abitudine di adattare,ridipingere o falsificare i quadri per renderli commerciabili.Il pittore Pietro Muttoni ad esempio era famoso per la sua abilità nel dipingere more antiquo,specialmente alla maniera del Giorgione e venne chiamato "Pietro Vecchia".Egli non era solo abilissimo nel fare copie degli antichi maestri ma anche nel fare patine artificiali.Era diffusa la pratica di racconciare i quadri per le grandi collezioni che si andavano a formare in tutt'Europa.Il costruirsi di questa collezzioni oltre a incrementare il commercio delle opere d'arte,implicava tutta una serie di interventi per adattare le opere all'ambiente dove venivano esposte.Nella sistemazione di Versailles, voluta da Luigi XIV, furono ingranditi o tagliati molti quadri per adattarli all'arredamento, come pure nella Galleria Palatina di Firenze (ingrandimento della "Pala Dei" del Rosso Fiorentino)
Tuttavia la manipolazione (a volte fonte di danni) fece progredire la tecnica del restauro.Nella prima metà del 600 il medico di Carlo I d'Inghilterra, De Mayerne,diede alcune ricette e consigli per la manutenzione dei quadri.Purtroppo fra questi consigli c'era anche il cosidetto Beverone che era una miscela di olii siccativi e resine da spennellare sul retro delle tele.Queste sostanze, in un primo momento restituivano sì ai quadri parte della brillantezza ma in seguito annerivano e deturpavano il dipinto stesso.
Alla fine del 600 si diffuse la pratica della foderatura, necessaria anche per gli ingrandimenti delle tele.Per quanto riguarda il restauro delle statue sappiamo che vi si cimentarono tutti i più grandi scultori dell'epoca (Bernini, Algardi,Dequesnoy..)ma con scarsa attenzione filologica alle parti originali che venivano ricomposte in fantasiosi pastiches.