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MULHOLLAND DRIVE

Ultimo Aggiornamento: 30/09/2005 16:12
04/07/2005 22:36
 
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Il mio M.D. ovvero lo sguardo che deride, disarma e scruta dentro
Lynch per me è onestamente un perfetto sconosciuto (!), eccetto per " Elephant man" e per quella serie televisiva che mi ricorda notti adolescenziali insonni, " Twin Picks".
Sarebbe molto interessante e divertente partire da un'analisi sulla storia del film, sui significati psicologici che appaiono evidenti ma che meriterebbero di certo almeno una seconda visione e un po' più di tempo.
Infondo l'inconscio è uno schermo su cui si proiettano anche film non realizzati.
Fondamentalmente la storia di M.D. è la storia di un sogno, un sogno inquietante su cui si proiettano sensi di colpa e aspettative della protagonistae la dimensione psicanalita è la vera protagonista di questo intreccio in cui thrieller e morbosa storia d'amore si scambiano le parti.
Ma non è solamente la storia che fa di questo film un capolavoro ( ben sorretto dalla musica di Badalamenti), bensì il linguaggio con cui questa storia è raccontata e le opportunità altre che questo linguaggio oltre al plot principale offre.

Prima di tutto Lynch gioca con lo spettatore, come solo pochi grandi registi ( soprattutto americani ) sanno fare.
E lo fa prima di tutto prendendo in giro gli occhi di chi guarda e con svariati modi:

- con l'uso magistrale di false soggettive che spiazzano continuamente lo spettatore...bellissima è quella alll'inizio nella casa della zia lungo il corridoio giallo... questo continuo sfalsamento del punto di vista non è solo un punto di forza estetico al film con cui Lynch infonde inquietudine e attenzione, ma è speculare al significato profondo del rapporto identità-scambio di ruoli che è propria della storia. Lo spostamento del punto di vista e quindi il conflitto tra realtà oggettiva e inconscia è visbile ad esempio durante la preparazione del caffè quando Betty si sveglia.

- attraverso un sapiente uso dei mezzi di scena come il trucco, attraverso il quale in certi passaggi ci sembra che oltre a Betty ci siano almeno un paio di personaggi identici a lei ( la cameriera del bar sul finale, la cantante del film )

- e come i mezzi scenografici: numerose disposizioni della messa in quadro rimandano ad altre inquadrature ( come la scoperta del cadavere al n17 nel sogno e il risveglio di Betty nel secondo tempo oppure l'incipit dell'automobile con Camilla nel sogno e l'auto che conduce Betty alla festa )

- la ricorrenza di simboli ( la chiave blu che apre la piccola scatola blu e la chiave del killer, il cow boy, l'estrazione dei soldi dalla borsetta ) che creano un apparato di segni ben strutturato e molto forte, capace di tessere in questo modo il senso profondo del film.

Questi elementi servono come struttura e consolidamento di uno dei temi cardini del film: indentificazione-sdoppiamento-proiezione, ma rappresentano anche una concreta prova di bravura dello stile di Lynch.

Attraverso il plot principale Lynch non gioca solo con lo spettatore, ma anche con il Cinema.

Innanzitutto con se stesso: ci sono richiami alla sua filmografia ( il gusto per la divesrità di Elephant man così simile all'essere mostruoso della prima sequenza che fa venire un colpo al personaggio e allo spettatore) e l'ambientazione del salone rosso che ricorda la serie TV, c'è l'amore quasi maniacale per il dettaglio, come nell'abbinamento di colori che restano eredi del suo essere cronologicamente nella biografia prima pittore e poi regista.

Gioca con il cinema Hollywoodiano e alla grande, di cui l'apparentemente fuoriluogo cowboy sembra un vacuo simbolo, criticando il mondo dello star system ( vd i provini effettuati nel sogno, il divario tra chi raggiunge la notorietà e chi resta ai margini, quindi l'aspetto dorato spesso vuoto e crudele del gotha del cinema, il nome di Gilda con la sua locandina che fin dall'inizio ci tiene compagnia come i fondamenti di un cinema ormai lontano ma che fin dalle sue origini non ha celato i suoi lati "maledetti).

Gioca con il cinema d'autore Europeo ( forse troppo concentrato su se stesso?), attraverso il regista innamorato di Camilla, personaggio cucito anche fisicamente sulla silhoutte di W.Wenders.

Gioca infine con le storie dello star system che poi sono anche storie personali: il rapporto di betty-Camilla ricalca abbastanza fedelmente la reale storia d'amicizia fra la Watts e la Kidmann ( realmente entrambe arrivate a Hollywood insieme, ma con ruoli molto diversi e realmente spesso alla Watts son state date delle parti per sacra intercessione dell'amica connazionale.)

Quindi finzione e sogno, realtà di celluloide e inconscio.
Ma infondo il cinema è proprio qui che si incontra con la vita e credo ci sia una scena che su quest'ultimo concetto ci marci molto: la scena nel secondo tempo al Silence Club, in cui il presentatore ribadisce che non c'è orchestra, ma la musica quella c'è perchè è registrata e anche se la cantante perde i sensi e cade, il canto prosegue perchè è inciso. Ma non importa se tutto questo è quindi meno reale, meno presente, perchè cmq chi ascolta il concerto, chi guarda, si commuove, si dispera e piange, come le due ragazze.
In questa piccola sequenza c'è un grande atto d'amore per il cinema, incondizionato, al di là del male e del bene che porta con sè e che, come in qsto caso, assolutamente capace di dare emozione e profondità estetica all'atto creativo e della fruizione visiva.

Erika
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La vera autenticità non sta nell'essere come si è ma riuscire ad assomigliare il più possibile al sogno che si ha di se stessi. (P.Almodovar)
07/07/2005 12:32
 
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artista
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Molto interessante e dettagliata la tua recensione.. impone e richiede attenzione.. un minimo di conoscenza cinematografica e il saper leggere... o meglio capire l'animo di Lynch.. tra parentesi le tue parole aiutano notevolmente la comprensione...
Essendo un estimatore di Lynch non posso che essere pienamente d'accordo con la tua analisi.. specialmente riguardo al ruolo ritagliatosi dal buon Lynch nella cinematografia americana.. e mondiale..
Tu dici: Uno dei pochi registi americani..
Io dico: forse l'unico e per il momento.. l'ultimo.
Lunga vita al Re..

Losh
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Siamo realisti, esigiamo l'impossibile (Ernesto Che Guevara)
07/07/2005 19:32
 
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imbrattatele
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Sorella,

hai fatto venire alla mente antiche visioni cinematografiche!
Non molti sanno che la storia di Elephant Man, per quanto più vicina alla realtà distorta delle fiabe, affondi invece le radici nella verità: il film (è il secondo di David Lynch) sceglie come protagonista lo sfigurato John Merrick (qui interpretato, in maniera magistrale, da John Hurt), individuo affetto da una gravissima malattia chiamata neurofibromatosi, talmente grave, da deformare viso e corpo di chi ne è colpito e da farlo assomigliare ad un incrocio tra uomo ed elefante: una sorta di moderno Minotauro, volendo ricorrere ad un parallelo dell’antichità. Con la differenza che l’essere mostruoso della mitologia greca girovagava in un labirinto, lontano da occhi umani e dalla conseguente vergogna del confronto con la normalità, mentre lo fortunato Merrick finisce, per potersi guadagnare da vivere, nei panni di un vero e proprio fenomeno da baraccone.

Sorella,
un film da rivedere!


fra Ticello
08/07/2005 21:47
 
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art friend
imbrattatele
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fratello
grazie...
Lynch è un grande regista capace di sondare profondamente con la mdp la linea d'ombra del cuore umano...[SM=x629158]
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La vera autenticità non sta nell'essere come si è ma riuscire ad assomigliare il più possibile al sogno che si ha di se stessi. (P.Almodovar)
30/09/2005 16:12
 
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maestro
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L'ho rivisto proprio ieri a distanza di tempo... stesse sensazioni.

Losh[SM=g27828]
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Siamo realisti, esigiamo l'impossibile (Ernesto Che Guevara)
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