Mezzodì dell’8 dicembre, giorno dell’Immacolata, le campane di tutte le chiese di Castelfranco Veneto hanno suonato a festa per salutare il ritorno della Pala del Giorgione nel Duomo della città.
Vi mancava dalla fine di febbraio 2002, quando ne venne deciso il trasferimento a Venezia per restauri definiti improrogabili. Conclusi questi lunghi lavori, tanto da far temere che il ritorno a casa non sarebbe più avvenuto, il capolavoro del Giorgione è rimasto nel capoluogo lagunare per essere esposto nella mostra dedicata all’artista e quindi, come attrattiva, nelle Gallerie dell’Accademia. Il tutto in attesa che la Cappella Costanzo del Duomo di Castelfranco venisse sottoposta ad una complesso insieme di interventi, sarà protetta da una teca tecnologica di vetro antiriflesso, dotata di sofisticati sistemi di allarme, sensori per il controllo del clima e di un sistema particolare di illuminazione a bassa intensità. La grande tavola su cui, tra il 1503 e il 1504, Giorgio da Castelfranco raffigurò la “Madonna in trono con il Bambino e i santi Francesco e Nicasio” fu eseguita per committenza del siciliano Tuzio Costanzo che volle il dipinto in memoria del ventitreenne figlio Matteo morto al servizio della Serenissima.
I colori morbidi e permeati di luce, la sensibilità cromatica straordinaria, il valore del paesaggio: di un pittore come lui si disse che fu lo specchio più limpido del Rinascimento alla sua altezza suprema. Si parla di Giorgione, colui che seppe imprimere alla scuola veneta una svolta epocale, che segnò del suo nome un intero periodo dell'arte.
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