Durante le fredde serate d’inverno i contadini erano soliti ritrovarsi nel luogo più caldo a loro disposizione; la stalla, questo trovarsi insieme si chiamava “
far filò”. Durante le lunghe ore che andavano dal tramonto a notte inoltrata, il filò diventava un mondo speciale e magico appena rischiarato dalla luce del carburo, si radunavano parenti e vicini di casa per chiacchierare, gli uomini giocavano a carte, parlavano dei prossimi lavori da eseguire nei campi o riparavano attrezzi da lavoro; le donne cucivano, rammendavano o confezionavano, con rami di salice, ceste di vario uso, i più anziani raccontavano ai più giovani aneddoti di vita, insegnando in forma fiabistica la cultura della terra. Il filò ha avuto una importanza fondamentale nella cultura contadina, attraverso questi incontri si perpetuò la cultura delle tradizioni basata sulla memoria, trasmessa con la parola da una generazione all’altra. Il filò assumeva un significato sociale perché durante questo momento d’incontro avveniva lo scambio delle idee, del dialogo e la memoria collettiva trovava nel filò il momento in cui si univa la trasmissione orale tra le generazioni e diventava la scuola dove tutti apprendono fin da bambini i modelli di comportamento.
Gli anziani erano i “libri viventi” dell’oralità che fa passare di padre in figlio, di nonno ai nipoti, una cultura che si incarnava attraverso i secoli nelle norme che regolavano il lavoro, la festa, la vita, i bisogni materiali.
Una cultura ricca di tradizioni non deve morire perchè è mancato il modo e le occasioni che prima si usavano per trasmetterla, oggi esistono altri sistemi di comunicazione, sta a noi, che crediamo nelle nostre radici, farci portavoce affinché possa essere conosciuta da altri.
Ciao