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LEONARDO.....

Ultimo Aggiornamento: 05/07/2006 22:40
14/05/2006 11:22
 
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.....NUOVA IPOTESI SU GIOCONDA, NASCONDE Il VOLTO DEL PITTORE

"La Gioconda"' sarebbe in realta' un vero e proprio autoritratto idealizzato di Leonardo da Vinci. L'ipotesi e' della studiosa americana Lillian Schwartz, la quale mediante un'analisi computerizzata della Gioconda e dell'autoritratto del geniale pittore rinascimentale ha rilevato impressionanti concordanze fra i lineamenti dei due volti, tanto da far sostenere che Monna Lisa sarebbe un'immagine dell'alter ego celeste del pittore. Schwartz ha approfondito le sue analisi iniziate nel 1987 con nuove indagini scientifiche, confermandole.

Nell'ipotesi della Schwartz rimaneva comunque irrisolto il problema del perche' Leonardo avrebbe dato i propri lineamenti alla Gioconda. Renzo Manetti ha recentemente pubblicato un saggio, ''Beatrice e Monnalisa'' (Polistampa editore), che risponde a questa domanda, individuando la motivazione del dipinto nella stessa filosofia che aveva dato vita alla Beatrice di Dante e che era passata nel Rinascimento fiorentino. Come Beatrice, anche Monnalisa, sarebbe immagine dell'alter ego celeste, che funge da guida verso la Sapienza, e per questo avrebbe gli stessi lineamenti del pittore.



Keko [SM=g27825]




15/05/2006 13:20
 
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Diciamomi la verità...

Questa donna/uomo/ chi sia, ha un pò appannato, le altre opere di questo grande artista...non pensate?

Volevo approfittare del grande zio Keko, che ha aperto una cartella su un genio italiano, se non IL GENIO...per parlare un pò anche delle altre creature uscite fuori dalla mente, dalla mano, dalla sensibilità...e dal cuore di Leonardo.

Ma andiamo con ordine.

Giunge a Firenze nel 1468, aveva solo 16 anni, al seguito del padre Piero, chiamato ad assumere l'incarico di notaio presso...la famiglia dei Medici (e scusate se è poco).

Nel 1469 Leonardo entra a far parte della bottega di Andrea Verrocchio, apprezzato e ricercato dagli stessi Medici.

Eseguito probabilmente fra il 1475 e il 1478, ecco il Battesimo di Cristo, destinato alla chiesa di San Salvi, ma ora agli Uffizi.




C'è un aneddoto del Vasari sul Verrocchio, che sicuramente si riferisce a questo quadro..
Egli, dopo aver notato il talento mostrato da Leonardo, nell'eseguire il primo angelo a sinistra di spalle, avrebbe abbandonato l'opera, riconoscendo la superiorità dell'allievo sul maestro.

E' un dipinto che dimostra la piena collaborazione che esisteva all'interno della bottega.

Possiamo riconoscere la mano di Leonardo, non solo nell'angelo, ma anche nel corpo di Cristo, e soprattutto nel digradare delle montagne sullo sfondo.

A me piace molto il Volto del Battista, triste, afflitto, presago del destino che li attende.

Un particolare pittorico che mi piace molto.......sono i piedi, immersi nell'acqua.

Non so perchè, ma mi affascinano.



«Il Signore ascolta le preghiere di coloro che chiedono di dimenticare l'odio. Ma è sordo a chi vuole sfuggire all'amore.» Paulo Coelho.


Grazie zio...per aver aperto una cartella su Leonardo.

[SM=g27822]
16/05/2006 13:51
 
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L'Annunciazione
Quest'opera fu eseguita a Firenze per la Chiesa di San Bartolomeo a Monteoliveto, anche se ora è esposta alla Galleria degli Uffizi.

Ci sono varie ipotesi sulla sua datazione, che oscilla comunque tra il 1475 e il 1480.

Ci troviamo di fronte, comunque, alla prima volta che Leonardo realizza un dipinto di grandi dimensioni.

Quest'opera fu restaurata nel marzo del 2000.

La scena si svolge all'alba, ed è riconoscibile l'influsso del Verrocchio, come l'estrema varietà dei fiori sul prato, lo sfondo sfumato in lontananza, in cui si "indovina" una città...., la decorazione a bassorilievo della base marmorea, il leggerissimo velo che ricade dal leggìo, particolare "inutile" se vogliamo, ma dipinto con lo scopo di dimostrare l'abilità dell'artista di rappresentare con efficacia i diversi materiali.

Un errore, invece, del giovane Leonardo, lo possiamo riscontrare nella posizione della Vergine, troppo arretrata rispetto alla posizione del libro.



Nel 1476 (nel periodo..in cui appunto, era ...apprendista dal Verrocchio) il ventiquattrenne Leonardo fu accusato di “sodomia attiva” sul diciassettenne Jacopo Saltarelli. Dagli atti del processo risulta che si trattò d’uno stupro di gruppo e altri due ragazzi furono perciò arrestati e carcerati.Teoricamente si rischiava la forca ma l’omosessualità era talmente diffusa a Firenze che la pena di morte non venne mai applicata in quegli anni.
Dopo due mesi Leonardo e i suoi amici furono rilasciati. Malgrado tutto Leonardo non rinunciò a contornarsi di bei ragazzini.
Il suo preferito fu Gian Giacomo Caprotti detto il “Salaino”(cioè il “Diavolicchio”), bello, capriccioso, esigente, colleroso e ladro. Il suo ritratto fatto da Leonardo si trova oggi esposto a Oxford . A tutti veniva presentato come il suo “allievo” ma si sa che il Salaino non tenne mai in mano una matita!

[SM=g27822]
Ljuba
17/05/2006 08:55
 
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L'Annunciazione del Louvre
Verso il 1478, il nostro Andrea Verrocchio era occupato a realizzare un'importante pala d'altare per il duomo di Pistoia, ossia la Madonna di Piazza, ma è chiamato a Venezia per il progetto (e l'esecuzione) del monumento equestre al Colleoni.

E' costretto dunque ad affidare il completamento del dipinto ai suoi migliori allievi, Leonardo e Lorenzo di Credi, che lo finirà nel 1486 circa.

A Leonardo, che lavorò all'opera prima della sua partenza per Milano, nel 1482, è attribuita una parte della predella, dove appunto è raffigurata l'Annunciazione, sicuramente parte centrale dell'opera completa.

(La predella è la parte inferiore di una pala d'altare, corrispondente in genere...allo zoccolo della cornice)

Ma vediamo il quadro..



Anche qui, Leonardo ha dovuto impostare la scena in uno spazio chiuso all'interno di un giardino pieno di fiori.

Anche qui troviamo un paesaggio appena accennato in lontananza, che riesce a dare la gisuta prospettiva.

Il segno di Leonardo si può notare nel panneggio delle vesti, e nel volto della Vergine.

Consideriamo che le dimensioni di quest'opera sono estremamente ridotte, parliamo di una tempera su tavola di 16 cm X 60.

Qualche studioso attribuiva l'intera opera al Credi, ma è certo che vi mise mano anche Leonardo.

Il volto della Vergine lo ritroviamo in un suo disegno, che si trova nella Galleria degli Uffizi..

Guardatelo...e giudicate voi [SM=g27822]



Il tappeto verde su cui s’inginocchia il messaggero, inoltre, mostra una quantità minore di fiori: hanno però il pregio di essere realizzati con maggior aderenza al vero e con diversità tra gli esemplari della stessa specie, a differenza delle stereotipate pratoline a stampa dell’altra Annunciazione.

Personalmente preferisco l'altra Annunciazione, nell'insieme.

Però il volto di Maria, in quest'opera...è stupendo, vero.

Nell'altra risuona più...artefatto, schematico.

[SM=x629188]
18/05/2006 11:00
 
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Ginevra Benci


Il Ritratto di Ginevra Benci è un dipinto a tempera ed olio su tavola di cm 38,8 x 36,7 realizzato tra il 1474 ed il 1478 dal pittore Leonardo da Vinci.


È conservato al National Gallery di Washington.


E' il primo e unico ritratto di ambiente fiorentino...eseguito intorno (forse) al 1474-75 e, secondo un'ipotesi, commissionato a Leonardo dall'ambasciatore veneziano Bernardo Bembo, il quale, giunto a Firenze, conobbe la donzella e le dedicò rime d'amore.

Ginevra era figlia di Amerigo Benci, un ricco banchiere vicino alla famiglia Medici; il ritratto potrebbe anche essere stato eseguito in occasione del suo matrimonio con Luigi di Bernardo Niccolini.

Lo sfondo del dipinto è composto da una ricca parete di aghi e ginepro, alludendo dunque al nome della ritratta.

E' una figura a mezzo busto, che ricorda molto da vicino i busti marmorei scolpiti da Verrocchio, primo fra tutti la Dama del mazzolino, di cui si dice che l'autore delle mani dalle dita lunghe e affusolate sia lo stesso Leonardo.



Probabilmente la tavola è stata decurtata in basso di un terzo, subendo l'asportazione della parte inferiore del busto, con le mani forse solamente abbozzate. A testimonianza di ciò sul retro della ritratto, c'è l'emblema incompleto della giovane, una ghirlanda che doveva stringere assieme a un ramoscello.

Su questa tavola ci sono le impronte digitali di Leonardo, lasciate nel tentativo di ammorbidire il colore, di stenderlo senza tracce di pennello. Potrebbero, è vero, essere di chiunque, ma ricompaiono nella Dama con l’ermellino.

Mi ha colpito l'espressione triste di questa ragazza. (si sposava senza amore? Vista l'epoca, suppongo di si...)

E...la somiglianza, nella tipologia del dipinto, con la pittura fiamminga.

Cosa dice l'agente 007 prima di morire?
Il mio nome è Bond, mori...bond.

19/05/2006 14:07
 
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Madonna del Garofano
Questa è ancora un'opera del periodo giovanile, ma sicuramente fu eseguita quando Leonardo non era più un collaboratore stretto della bottega del Verrocchio.

Posto la foto, sperando che non sparisca come il Battesimo di Cristo... [SM=g27813]



1474-1478 circa
olio su tavola; 62 x 47.5
Monaco di Baviera, Alte Pinakothek

Per alcuni è opera integralmente di Leonardo, per altri il suo è il contributo maggiore in un quadro della scuola del Verrocchio.

Lo schema è abbastanza tradizionale: in interni, finestre a bifore aperte su un paesaggio montuoso dallo sfumato tipicamente leonardesco, Madonna assorta, Bambino piuttosto vivace e, ancora, pingue.

Nuovo, per Leonardo, è il medium usato, l’olio. Procurerà qualche danno, forse per eccessiva grassezza, come le linee in rilievo sulla testa di Maria . Nuovo è l’utilizzo dei colori, misti per vivacità e armonizzati per accrescere l’effetto visivo di ognuno. Si veda il giallo lucente della fodera del manto della Vergine accanto al verde oliva del cuscino del Figlio; la parte superiore del manto a sfumature bianche che si accostano alla manica rossastra. Per quale motivo, se non coloristico, doveva apparire la fodera?

Il vaso di cristallo con fiori sembra un esercizio di stile, e molta più attenzione è stata dedicata alla trasparenza del vetro che non alle corolle un po’ vaghe. La passione per le trasparenze non è nuova: si notava anche nel leggio dell’Annunciazione e nella camiciola di Ginevra de’ Benci. Anche in questo quadro appare un fiore-simbolo: il garofano sarebbe un richiamo alla futura passione di Cristo.

E anche qui, qualche problema coi bambini, con la quasi deformità del pargolo, una grassezza sottolineata dai solchi impressi dalle dita della Madre nella schiena del Figlio, lo sguardo fuori mira. Se ne può lodare il movimento, spiegabile con lo sforzo di afferrare il fiore, ma il braccino sinistro sembra uscirgli dall’orecchio. La scarsità di capelli è dovuta a un’opera di restauro distruttrice.

Commento tratto dal sito thais..
22/05/2006 13:09
 
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La Madonna Benois


Madonna col Bambino (Madonna Benois)" è un dipinto ad olio su tavola trasportato su tela di cm 48 x 31 realizzato tra il 1478 ed il 1482 circa dal pittore Leonardo da Vinci.

È conservato al Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo.

La piccola tavola venne acquistata dal mercante Sapoznikov ad Astrakan nel 1824 e successivamente pervenne in possesso della famiglia Benois, da questo il nome con cui è universalmente riconosciuta.

Dal 1914 è esposto al Museo dell'Ermitage

Non bisogna lasciarsi colpire dalla pinguedine del Pargolo, né dalle sue dimensioni fuori misura. Il centro del quadro è nella giocosità del gesto, nell’intrecciarsi di tre mani intorno a un fiore. La faccia ridente, e non solo sorridente, della Vergine è una novità quasi unica nella vasta iconografia della Madonna con Bambino. Anche l’età apparente della Vergine è innovativa, perché sembra poco più che una bambina e forse per questo è capace di giocare col figlio pur conoscendone il destino. Si potrebbe ipotizzare che l’idea iniziale di un momento “allegro” nel rapporto tra i due abbia condizionato la scelta della modella, una Madonna che oltretutto ha dedicato parecchio tempo all’acconciatura molto elaborata. Una Maria poco seriosa, che per un attimo dimentica tutto il dolore che le riserverà il futuro. Rivoluzionaria, quasi profana. Eppure, anche in questa isola di serenità compare il simbolo della crocifissione: il fiore che attira l’attenzione del Bambino è una crocifera, con quattro petali ben separati. Nessuna ipotesi di simbolismo, invece, sulle foglie nella mano sinistra.
Lasciando perdere le consuete controversie attributive, bisogna osservare che il quadro non è finito, e che ha subito dei danni nel trasporto da tavola a tela. Il non finito ha colpito soprattutto il volto, comunque bello, della Madonna: occhi non ben delineati, sorriso macchiato da un accenno incompleto di denti, collo graffiato1. Anche la mano destra del Bambino è allo stadio di abbozzo.

E' una vitaccia, come disse il cacciavite. Non si batte un chiodo, le rispose il martello. [SM=g27828]

23/05/2006 15:02
 
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Adorazione dei Magi


Adorazione dei Magi" è un dipinto ad olio su tavola di cm 246 x 243 realizzato tra il 1481 ed il 1482
È conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze.


Questa tavola era stata commissionata nel marzo del 1481 dai monaci di San Donato a Scopeto, ma poiché non venne mai portata a termine essa rimase, alla partenza di Leonardo per Milano, nella stanza della casa del suo amico Amerigo Benci.
Passò successivamente nella collezione della famiglia de' Medici per poi arrivare alla Galleria degli Uffizi.

La scena raffigurata è dinamicamente articolata.
In primo piano, al centro la Madonna col Bambino circondata da una folla di personaggi fra cui anche i Magi, in essa domina un senso di circolarità, un vortice di azione e gesti che fa perno sul gruppo della Vergine con Figlio, che rappresenta l'Epifania che sconvolge tutti gli astanti.
Sullo sfondo, attrverso la diagonale formata dai due alberi, il primo un'alloro simbolo di trionfo e il secondo una palma, simbolo di martirio si svolgono due scene a destra, uno scontro di armati, uomini disarcionati e cavalli che s'impennano, come simbolo delle follia degli uomini che non hanno ancora ricevuto il messaggio cristiano e a sinistra il tempio in rovina che allude alla caduta Tempio di Gerusalemme, sull'arco spezzato, piccoli arbusti come si vedono talvolta su alcune costruzioni dove, per un qualche incidente, il lavoro è stato interrotto e la natura ha avuto tutto il tempo di impadronirsene nuovamente.

Ma anche quest'opera di Leonardo, è stata al centro di numerose ricerche..

Dal Web.

ASCA) - Firenze, 18 mag - Le immagini nascoste sotto il dipinto 'L'adorazione dei Magi' di Leonardo Da Vinci saranno mostrate per la prima volta il prossimo 22 maggio a Firenze, a chiusura della manifestazione del 'Genio Fiorentino'. Il celebre dipinto realizzato da Leonardo da Vinci, da sempre fonte di mistero, e' stato ripreso anche da Dan Brown nel libro 'Il Codice da Vinci' . L'autore del fortunato thriller, riferendosi ad articoli di stampa apparsi negli Stati Uniti, accennava gia' a ''fotografie realizzate agli infrarossi e ai i raggi x da uno scienziato fiorentino''. Foto dalle quali si poteva ipotizzare che 'l'anonimo pittore mentre riempiva gli spazi delineati da Leonardo, si era allontanato in modo sospetto dalla traccia, in deroga alle vere intenzioni dell'artista''. Quale opera complessa sia in realta' nascosta nell'Adorazione dei Magi, lo si potra' vedere lunedi', grazie al lavoro svolto dall'ingegner Maurizio Seracini. In quell'occasione sara' mostrato l'intero capolavoro che per secoli e' rimasto celato sotto la pittura. Si tratta di un filmato di circa 20 minuti in cui si potranno vedere i risultati delle indagini diagnostiche eseguite dal team dell'ingegner Seracini.

Non vedo l'ora di saperne di più...

Anzi, se avete maggiori notizie... [SM=g27822]

26/05/2006 10:25
 
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San Girolamo


San Gerolamo è un dipinto a tempera e olio su tavola di cm 103 x 75 realizzato nel 1480 circa dal pittore Leonardo da Vinci.


È conservato nella Pinacoteca Vaticana di Città del Vaticano.


Questo dipinto raffigura San Gerolamo in atto di percuotersi il petto, inginocchiato.
L'avvitamento del corpo e l'espressione languida del viso, con il capo ossuto ed inclinato, trova corrispettivi stretti nella scultura ellenistica.
Alla sua destra delle rocce mentre a sinistra un paesaggio caratterizzato da una manciata di cime aguzze, che appena si percepiscono sulla preparazione verdastra della tavola.


Nessuna diatriba di paternità, finalmente, e nessun dubbio che l’opera non sia finita. Proprio questo la rende preziosa, perché lascia intuire come il metodo di lavoro di Leonardo fosse in linea perfetta con l’aspirazione a incarnare l’uomo poliedrico capace di muoversi in mille campi, dall’arte militare all’ingegneria e dalla pittura alla filosofia (anche se si dichiarava “omo sanza lettere”).

Quando veniva colto da un’intuizione sospendeva l’opera in corso, e in questo modo ne finiva poche. Vasari cercava di giustificarlo: “Vedesi bene che Lionardo per l’intelligenza de l’arte cominciò molte cose e nessuna mai ne finì, parendoli che la mano aggiugnere non potesse alla perfezzione dell’arte ne le cose, che egli si imaginava, conciò sia che si formava nell'idea alcune difficultà sottili e tanto maravigliose, che con le mani, ancora ch’elle fussero eccellentissime, non si sarebbono espresse mai”. Sappiamo invece che Leonardo riuscì persino a nemmeno iniziare un lavoro1 commissionatogli tramite i buoni appoggi del padre.

Osserviamo un piccolo dettaglio: sul bianco del gesso di fondo, visibile in un rettangolo sulla destra, appare la facciata di Santa Maria Novella dell’Alberti (completata nel 1470). Leonardo prendeva appunti sulla tavola da dipingere, tanto poi li avrebbe ricoperti.

E mentre dipingeva il corpo di San Gerolamo si esercitava in studi di anatomia, vedi i tendini del collo, che (forse) il manto cardinalizio avrebbe nascosto. E si divertiva, anche: la coda a semicerchio del leone, disposta a contorno di un sasso, in una versione definitiva sarebbe stata ridimensionata perché come la vediamo in questo incompleto ruba troppo la scena.

[1] Si trattava di una pala per l’altare della cappella di San Bernardo nel Palazzo Vecchio, sede del governo di Firenze. Non risulta che Leonardo abbia mai reso il cospicuo acconto ricevuto.
[SM=g27822]
30/05/2006 13:20
 
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La Vergine delle Rocce


Il 25 Aprile 1483 Leonardo e due pittori milanesi, i fratelli Ambrogio ed Evangelista de' Predis, perfezionarono un contratto con la Confraternita dell'Immacolata Concezione di Milano per l'esecuzione di un dipinto che completasse l'ancona (un altare di legno scolpito che propone dei vasi per l'inserimento dei dipinti) dell'altare del sodalizio della cappella della Confraternita in San Francesco Grande a Milano.
Il contratto prevedeva una vergine col bambino al centro e due tele con angeli musicanti ai lati. La rappresentazione esprime il dogma del concepimento di Maria senza il peccato.
È l’inizio di una lunga e tormentata vicenda fatta di vertenze giudiziarie, stime contestate e appelli al duca di Milano, Ludovico Sforza, che si concluderà con la consegna da parte dell’unico De Predis rimasto in vita, Ambrogio, di due angeli musicanti (uno con un violino e un altro con un liuto), mentre Leonardo - dopo aver dipinto una prima versione, quella del Louvre a Parigi - assolverà l’impegno preso con la Confraternita consegnando una seconda versione dello scomparto centrale raffigurante la Vergine delle rocce, quella della National Gallery di Londra.

I veri motivi per cui ve ne siano tre versioni non li conosce nessuno, anche se la Vergine delle Rocce è l'opera di Leonardo più documentata in assoluto. Alla luce degli indizi rimasti si è propensi a credere che i motivi siano in primo luogo di ordine religioso ed il secondo luogo finanziario.
Nacque una disputa tra i pittori e la Confraternita forse derivante dal fatto che i religiosi si aspettavano una vergine sul trono, col bambino e due profeti, mentre l'opera propone evidentemente ben altra cosa; inoltre ben pochi malumori avrà suscitato la centralità di S. Giovannino (protettore di Firenze), il dito dell'angelo che lo indica a discapito della centralità del bambino.
Quello finanziario deriva dalla richiesta dei pittori di un conguaglio o della restituzione dell'opera ("dicta Nostra Dona facta ad olio").


La prima versione, 1483/85 (quella di Parigi per capirci) probabilmente, quindi, fu venduta ad altro acquirente, forse Ludovico Sforza. - Secondo Jack Wassermann (professore alla Temple University di Philadelphia ed esperto di studi leonardeschi) la motivazione all'acquisto che suffraga questa ipotesi va cercata nei magici poteri che vennero attribuiti a quest'opera che venne invocata in aiuto e protezione contro la peste del 1485. Sforza avrebbe quindi acquistato l'opera anche per i suoi presunti poteri magici. Il re di Francia, Luigi XII, gli avrebbe quindi confiscato la preziosa tela quando sconfisse Ludovico Sforza nel 1499 portandosela con sé, in Francia, dove esiste memoria che Cassiano del Pozzo la vide nel 1625 a Fontainbleau. -
La seconda versione 1486/90-1506/8 (quella di Londra per capirci) iniziata probabilmente alla vendita della prima, subì un arresto dei lavori di ben sedici anni, dal 1490 al 1516, anno in cui agli artisti (nel frattempo uno dei fratelli, Evangelista, era morto nel 1490 circa) venne concesso un accordo dalla Confraternita che prevedeva un conguaglio di 200 Lire, invece delle 400 da loro richieste, a fronte della consegna dell'opera entro due anni. Il versamento venne fatto nel 1508 anno della presunta consegna della seconda Vergine delle Rocce (Londra) modificata.

E la terza direte voi?
Della terza versione della Vergine delle Rocce, un olio su tavola di cm 150 x 122, si sa ben poco. Gli studi più recenti collocano l'opera negli anni del Cenacolo, tra il 1494 e il 1497 e ne attribuiscono definitivamente la paternità a Leonardo e alla sua bottega (in ordine cronologico, quindi, sarebbe la seconda versione che precede quella che si trova a Londra). Si può essere indotti a pensare che i problemi e le ristrettezza finanziarie di Leonardo e dei suoi colleghi, unita alla richiesta di qualche altro ricco magnate dell'epoca, lo abbia indotto a produrne un'altra versione da rivendere a un privato.
Attualmente appartiene a una collezione privata in Svizzera.

Differenza tra le versioni.




Nella Versione del Louvre, la prima, la Vergine delle Rocce Leonardo perde la sua dolce spensieratezza giovanile per lasciare il posto ad una vera e propria solennità introspettiva.
La rappresentazione di valori spirituali unita a sentimenti di umana tenerezza suggeriscono allo spettatore il vero stato d'animo della Vergine Maria, mentre la luce si adagia sul suo volto come un sottilissimo velo che completa e riflette tenere e riservate emozioni permeate da un'espressione di sognante lontananza.
La foto sotto è quella di Londra.
Qui l'espressione si è fatta più seria mentre il viso della Vergine sembra meno giovane e più appesantito. Da notare i capelli opachi e di un biondo spento, mentre i contorni delle forme sono più netti a causa di un gioco di luci ed ombre forse un po' meccanico. Questo fa pensare che questo volto non sia opera di Leonardo ma di qualcuno della sua bottega.
L'aureola, ora presente e ben visibile, fu sicuramente voluta dalla Confraternita.




Freschezza e fascino in questo viso dell'angelo (a sinistra) che con tutta la sua vivacità e spensieratezza volge lo sguardo alla ricerca del pubblico cercando di catturarne l'attenzione per guidarlo all'interno dell'opera sottolineando la presenza di San Giovannino indicandolo apertamente.
I panneggi delle vesti lo ricoprono interamente a differenza dell'altra versione che mostra sublimi trasparenze.

Nella testa dell'angelo della variante londinese di quest'opera, si può sicuramente rintracciare la mano di Leonardo. Vivacità, sensibilità del tratto e le caratteristiche vibrazioni di luce sui morbidi riccioli sono certamente opera sua.
Esiste uno studio per il volto dell'angelo della Vergine delle Rocce (Torino - Biblioteca Nazionale) che quasi certamente è stato fatto per questa versione.

da supereva.
poi, se qualcuno nota altre differenze....

[SM=g27822]
30/05/2006 13:43
 
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Ottimo lavoro...brava
[SM=x629188]
01/06/2006 13:39
 
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Ritratto di musico



Ritratto di musico (Franchino Gaffurio?)" è un dipinto ad olio su tavola di cm 43 x 31 realizzato nel 1485 circa dal pittore Leonardo da Vinci.

È conservato alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano.

L'uomo raffigurato dovrebbe essere Franchino Gaffurio, maestro di cappella del Duomo di Milano dal 1484 nonché frequentatore della corte ducale e certamente in rapporti amichevoli con Leonardo.
Nel 1904 fu decisa la rimozione dello strato di vernice in basso (seppure antica e probabilmente da imputarsi allo stesso Leonardo) che ricopriva la mano destra ed il cartiglio, sul quale sono evidenti righe e note di una partitura musicale, che hanno permesso l'identificazione del soggetto. Infatti, Gaffurio compose un Angelicum ac divinum opus, e nel foglio compaiono le lettere “Cant… Ang…”, completabili con “Cantum Angelicum”. Forse non è molto, per un’identificazione certa.
qui è più interessante osservare la strana atmosfera di immobilità del ritratto, un momento di concentrazione prima dell’inizio del canto. Leonardo era prodigo di suggerimenti su come raffigurare i movimenti e usare ombre e lumi per dare vita alle figure, e ammetteva quanto fosse difficile raffigurare uno stato d’animo. Lo sguardo del musico può sembrare irrealistico, fisso nel vuoto; sta forse leggendo la musica dentro di sé e prefigurandosene l’esecuzione. Sarebbe stato troppo facile fargli abbassare gli occhi e leggere il foglio. Il taglio degli occhi, anatomicamente, ricorda molto quello dell’angelo nella Vergine delle rocce del Louvre.
Il dipinto, come si rileva facilmente, non è finito.




02/06/2006 13:51
 
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La dama con l'ermellino


"La dama con l'ermellino (Ritratto di Cecilia Gallerani)" è un dipinto ad olio su tavola di cm 54,8 x 40,3 realizzato tra il 1488 ed il 1490 dal pittore Leonardo da Vinci.


È conservato al Czartoryski Muzeum di Cracovia.


In alto a sinistra, la scritta apocrifa "LA BELE FERONIERE LEONARD DA WINCI".

La storia di questo dipinto può essere ricostruita soltanto a partire dalla fine del XVIII secolo, ma molti critici vi ravvisano il ritratto di Cecilia Gallerani, una della amanti del duca Ludovico Sforza, protettore di Leonardo a Milano.
Infatti Ludovico aveva come emblema araldico l'ermellino.

La dama volge il capo come se stesse per rivolgersi a qualcuno che sta sopraggiungendo nella stanza ed al tempo stesso ha l'imperturbabilità solenne di un'antica statua.
Un impercettibile sorriso aleggia sulla labbra di Cecilia: per esprimere un sentimento Leonardo preferiva accennare alle emozioni piuttosto che renderle esplicite.
Le lunghe, eleganti dita di Cecilia che accarezzano l'animale testimoniano la sua delicatezza e la sua grazia aristocratica.
L'ermellino è dipinto con precisione e vivacità. Per il suo pelo bianco, l'animale era considerato simbolo di purezza.

Dai raggi X emerge che dietro la spalla sinistra della dama era anticamente dipinta una finestra; ecco il motivo di quella luce così intensa e dall'effetto dei riflessi che noi oggi vediamo.

(da Wikipedia)

Ps..
Questo è uno dei quadri che preferisco.
Mi piace tantissimo la torsione che Leonardo ha fatto della donna.
Stupendi i lineamenti...

Bello. Un quadro che..vorrei avere in casa. [SM=g27828]
03/06/2006 13:39
 
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Ritratto di dama


Ritratto di dama (La Belle Ferronnière)" è un dipinto ad olio su tavola di cm 63 x 45 realizzato tra il 1490 ed il 1495 dal pittore Leonardo da Vinci.


È conservato al Musée du Louvre di Parigi.


Raffigura una donna, di nobile aspetto, posta di tre quarti su uno sfondo completamente scuro e appoggiata ad un parapetto.
La posizione del corpo è innovativa...come se guardasse un movimento sospetto, improvviso alla sua sinistra.

La fissità magnetica degli occhi testimonia gli studi intrapresi dall'artista sui fenomeni ottici, mentre il nastro con la pietra preziosa al centro della fronte cattura l'interesse dell'osservatore.

La dama ritratta dovrebbe essere Lucrezia Crivelli, che prese nel cuore di Ludovico il Moro il posto di Cecilia Gallerani (le somiglia? pare di si), andata poi sposa a un nobile milanese.
Il dipinto è conosciuto anche con il nome La Belle Ferronnière, nato da un equivoco del 18° secolo, quando si credeva che la giovane raffigurata fosse l'amante del re di francia, legato per qualche tempo alla moglie di un certo Le Ferron.

05/06/2006 19:43
 
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Il Cenacolo


Bé, dopo l'effetto Dan Brown.....chi non lo conosce?

Evito, perlomeno in questo post, di parlare della lettura esoterica del quadro...è meglio dedicare al Leonardo del mistero, un post a parte.. [SM=g27822] (la carne da mettere al fuoco è tanta..)
Leonardo lavora a quest'opera tra il1495 e il 1498.

Ludovico il Moro voleva realizzare nel convento di Santa Maria delle Grazie un luogo che celebrasse gli splendori della sua famiglia, per poi accogliere....il suo corpo, una volta morto.

Il dipinto occupa una superficia molto ampia di circa 4.50 m x 9. che corrisponde alla metà superiore della parete nord, mentre alla parete opposta Giovanni Donato da Montorfano vi raffigurava negli stessi anni la Crocifissione.

Il Cenacolo è dunque il più grande tra i dipinti di Leonardo ed il suo unico dipinto murale visibile ancora oggi.

Non si tratta di un affresco, in quanto Leonardo non ha mai realizzato affreschi nel senso esatto del termine. L'affresco si caratterizza da una pittura stesa su uno strato di intonaco ancora fresco dove, a seguito del fenomeno di carbonatazione, il pigmento della pittura diventa parte dell'intonaco stesso garantendo una grande resistenza alla pittura.

Leonardo, invece, a causa dei suoi lunghi tempi realizzativi, predilegeva dipingere su muro come dipingeva su tavola; usò quindi una tempera grassa, un'emulsione di olii siccavi e sostanze proteiche. Purtroppo la tecnica impiegata ben presto determinò un degrado dell'opera già citato dal Vasari nelle Vite. Stupisce nel Cenacolo la presenza di dettagli molto precisi visibili solo da distanza ravvicinata e non fruibili dallo spettatore comune.


L'artista concepisce l'Ultima cena come un banchetto, con la figura di Cristo al centro della composizione e tutto intorno gli apostoli


Il momento che Leonardo sceglie è quello più drammatico del racconto evangelico, quello in cui Cristo proferisce la frase: "Uno di voi mi tradirà" e da queste parole gli apostoli si animano drammaticamente, i loro gesti sono di stupore e di meraviglia; c'è chi si alza perché non ha percepito le parole, che si avvicina, chi inorridisce, che si ritrae, come Giuda Iscariota, sentendosi subito chiamato in causa.

San Giacomo il Maggiore (quinto da destra) spalanca le braccia attonito; vicino a lui San Filippo porta le mani al petto, protestando la sua devozione e la sua innocenza.
San Pietro (quinto da sinistra) si china impetuosamente avanti, mentre Giuda, davanti a lui, indietreggia con aria colpevole.

All'estrema destra del tavolo, da sinistra a destra, San Matteo, San Giuda Taddeo e San Simone esprimono con gesti concitati il loro smarrimento e la loro incredulità.
Al centro è raffigurato Cristo con le braccia aperte, in un gesto di quieta rassegnazione, costituisce l'asse centrale della composizione.
Le figure degli apostoli sono rappresentate in un ambiente che, dal punto di vista prospettico, è esatto.
Attraverso semplici espedienti prospettici (la quadratura del pavimento, il soffitto a cassettoni, le tappezzerie alle pareti, le tre finestre del fondo e la posizione della tavola) si ottiene l'effetto di sfondamento della parete su cui si trova il dipinto, tale da mostrarlo come un ambiente nell'ambiente del refettorio stesso.

Esistono diverse copie a grandezza naturale dell'opera di Leonardo: una è conservata nella Chiesa Minorita di Vienna, un'altra nel DaVinci Museum dell'abbazia belga di Tongerlo. In Ticino una copia dell'opera realizzata da un allievo di Leonardo si trova nella chiesa parrocchiale di Ponte Capriasca, vicino a Lugano.

[SM=g27822]



05/06/2006 21:09
 
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Il Cenacolo
Lo scorso dicembre sono stata a rivedere il Cenacolo e, se mi permettete, vorrei postare anche quà le mie intense emozioni difronte al dipinto. Avevo già scritto in agorà a suo tempo, spero di fare cosa gradita.

Non credo di essere in grado di comunicarvi tutto quello che ho dentro e che oggi ho imparato, conosciuto e le emozioni che ho provato.
Prima di tutto volevo dire che l'essere stata accompagnata nella visita da un professore storico dell'arte, ha dato un senso a tutto ciò che vedevo.
Da prima la Chiesa di Santa Maria delle Grazie dove le due epoche storiche "s'incontrano" nella stessa: il medioevo ed il rinascimento. Non posso scrivere tutto quanto è racchiuso in una Chiesa splendida. Basta solo pensare alla diversità dell'esterno: la ricchezza dell'architettura nella parte che dà verso la città. A differenza della povertà d'architettuta per la parte di Chiesa che dà verso il convento dei domenicani.
Poi sono stata difronte al Cenacolo: ero così emozionata che per qualche attimo credo d'aver smesso di respirare.
In quell'ampia sala che era il refettorio dei domenicani, dove si potevano immaginare le lunghe tavole disposte ad U, ecco che la mensa dell'Ultima Cena è come se chiudesse un rettangolo.
Gesù al centro con le mani che indicano il pane ed il vino, i colori degli abiti che sono il rosso ed il blù.
I dodici raffigurati a gruppi di tre, il numero perfetto.
Leonardo ha dato ai loro visi i tratti del loro carattere.
Il "brutto" del tradimento di Giuda, la "dolcezza" dell'amore di Giovanni, "l'autorevolezza" di Pietro, il primo condottiero della Chiesa. E così via anche per gli altri.
Mi ha molto commosso la "solitudine" di Gesù in mezzo alla tavola: infatti gli apostoli sono un pò scostati da lui, come se fosse lasciato solo, solo nel suo dolore per il tradimento.
Nel dolore anche ognuno di noi è solo, pur avendo attorno persone.
Il "nodo" alla tavoglia per "fare memoria" è stata la cosa più insolita che mi potessi aspettare di vedere.
E poi che dire....se ne avrete l'occasione andateci.
L'arte "in-segna" cioè lascia un segno dentro ognuno di noi e ci permette di vedere anche la realtà con occhi diversi.
Un tramonto apprezzato in una pittura ci permette di vedere con occhi diversi un tramonto che in una sera bellissima avremo davanti.
Vorrei avervi trasmesso qualcosa....

MARILLA

P.s. Nell'immagine proposta da Ljuba si vede benissimo in un'angolo della tovaglia il curioso nodo. Nell'altro si vede meno. Questa cosa mi è sembrata davvero molto strana.

[Modificato da marill 05/06/2006 21.12]

06/06/2006 14:49
 
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marilla, che bello questo tuo intervento...ti ha colpito dritto al cuore quest'opera.. [SM=x629187] [SM=x629187]

hai trasmesso, hai trasmesso, altro che... [SM=x629188]

Se trovate qualcosa, in web, magari...su questo nodo. [SM=g27822]

Intanto posto quest'altra opera di Leonardo, per continuare la raccolta di suoi dipinti.

Isabella D'Este.



Nel 1499 il ducato di Milano è invaso dalle truppe francesi e Leonardo è costretto a lasciare la città, riprendendo la strada per Firenze: ma sulla strade del ritorno si ferma a Mantova, dove Isabella d'Este (e scusate se è poco [SM=g27828] ) gli ha richiesto un proprio ritratto, che egli eseguirà a carboncino con la promessa di riportarlo poi su tela, cosa che non avverrà mai ( [SM=g27828] tipico degli uomini..promettono e poi..)

La marchesa di Mantova, animatrice di una delle più raffinate corti rinascimentali, si era fatta mandare il ritratto di Cecilia Gallerani (che abbiamo visto), riconoscendo le grandi doti di ritrattista di Leonardo, ma sceglie per sè un'immagine tradizionale e al tempo stesso maestosa, con il busto di tre quarti appoggiato a un parapetto, il volto di profilo come in una medaglia classica e con una mano che posa sull'altra.

È conservato al Musée du Louvre di Parigi.
L'opera è bella...lei non tanto [SM=g27828]

[SM=g27822]


06/06/2006 15:04
 
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Isabella d'Este

alcune notizie in più

Proveniente dalla raccolta Vallardi, il cartone fece il suo ingresso al Louvre nel1860. Il ritratto parigino non ha mai goduto di una grande fortuna critica perchè derivava da un modello araldico,una medaglia eseguita da Gian Cristoforo Romano nel 1498.(Lamarchesa non amava posare per i ritratti)
Lungo le linee che danno corpo alla veste,sono visibili i minuti forellini destinati a lasciar passare sulla tavola la finissima polvere di carbone che avrebbe sostituito la traccia di base del dipindo. [SM=g27822]

[Modificato da Ahamiah 06/06/2006 15.05]

06/06/2006 23:14
 
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Da un disegno di Leonardo spunta lo schizzo di un pattinatore sul ghiaccio

Quando ancora un paio d'anni fa, si pensò di allestire un a grande mostra d'arte in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino, la prima idea fu per Leonardo . Torino, si sa, possiede la maggiore collezione di disegni leonardeschi: si trattava di imbastire un di scorso visivo collegato alla neve e, possibilmente, alle gare che sulla neve si sarebbero svolte. Del progetto fu incaricato il più autorevole studioso leonardesco, Carlo Pedretti. Il risultato è la mostra che s'è aperta l'altro giorno alla Biblioteca Reale (fino al 19 marzo).

Ai grandi media la mostra è passata, almeno finora, pressoché inosservata. Due, sostanzialmente, i motivi. Il primo è che la ventina di disegni autografi esposti fanno parte, quasi tutti, del fondo leonardesco dello stesso Palazzo Reale: invece di restare chiusi nei depositi, come in genere tutti i fogli preziosi che soffrono per l'esposizione alla luce, ora vengono visti direttamente per poco più di un mese. Il secondo è che in tutto il repertorio leonardesco non s'è trovata una linea tematica inerente al proposito iniziale (la neve, le gare). Si aggiunge poi il fatto che la gente vuole i dipinti, vuole il colore: non si accontenta, cioè, dei piccoli, spesso poco decifrabili segni di un "genio" apparentemente poco chiaro come Leonardo . Lo stesso catalogo, pur ben stampato da Electa, non si di scosta dalla solita concezione editoriale.

Eppure c'è qualcosa che incuriosisce e, in fondo, non è lontano dallo scopo prefissosi da gli studiosi. Pedretti è partito da uno dei soliti "indovinelli" che Leonardo inserisce nei suoi codici. Nel "Codice sul volo degli uccelli" si legge questa frase enigmatica: «Porterassi neve di state ne' lochi caldi , tolta dall'alte cime de' monti, e si lascerà cadere nelle feste delle piazze nel tempo della state». Detto che "state" sta per "estate", la perplessità non diminuisce. Nel suo mirabile saggio del 1975 Luigi Firpo allude all'impiego industriale di un elicottero ante litteram.

Molto più semplicemente, e senza portare il pensiero leonardesco alle esasperazioni oggi consuete. Pedretti osserva che «in estate la neve, presa dalle alte cime dei monti e portata nei luoghi caldi della pianura, non è più neve ma acqua, cioè quella dei fiumi, la stessa che alimenta le fontane delle piazze, festose ristoro ai tempi estivi».

Tutto qua? Pedretti non s'è lasciato ingannare da l titolo del Codice, che parla del "Volo degli uccelli". Siamo ben lontani dalla "profezia" degli elicotteri. Semmai l'allusione potrebbe riferirsi al deltaplano d'oggi, in quanto il «corpo stesso del pilota, per Leonardo , è parte del dispositivo di manovra, e come tale è impiegato a spostare opportunamente il centro di gravità dello strumento simulando per quanto possibile quello che il volatile fa nelle sue evoluzioni». Ma anche qui siamo lontani dal discorso di partenza. Il difetto degli studiosi di Leonardo è solitamente proprio quello di forzare il pensiero del maestro.

Un esito invece positivo (si potrebbe anche dire: clamorosamente positivo) si ha quando Pedretti ci indica un minuscolo schizzo di pattinatore nel Codice Foster III. Nessun o fino ad oggi aveva notato che si tratta proprio di un pattinatore su ghiaccio. Leonardo lo illustra in uno dei suoi tipici indovinelli: «Definiscimi perché uno che struscii sopra il diaccio non cade». Perché? Cadrà «se le parti (i pattini) non torneranno equidi stanti al loro centro». Qui il discorso di Leonardo potrebbe farsi complesso; ma ci aiutano due segni uncinati che girano attorno al piede del pattinatore.

Se si vuol tornare - come è anche giusto che sia - ai significati artistici della mostra, possono bastare anche pochi di segni autografi leonardeschi. Un o sopra tutti: "Il ritratto di fanciulla" (Biblioteca Reale). È databile attorno al 1485 e appare chiaramente riferito al capolavoro pittorico della "Vergine delle rocce". Un commento: uno solo. È quello di Bernard Berenson: «Il più bel di segno del mondo». Al confronto il celeberrimo autoritratto, esposto a fianco, conferma tutte le perplessità non soltanto sulla sua autografia (ahinoi) ma anche sulla sua qualità.
(dal Gazzettino 19.2.06)


keko
09/06/2006 15:13
 
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Breve antologia critica su Leonardo

La fortuna critica e letteraria di Leonardo non ha subito eclissi in quattro secoli. E se si riflette che, come uomodi sciena, il suo valore apparve in ragionate ricerche solo nei primi decenni dell'Ottocento,e che quindi la sua fama senza oscuramenti so è per quasi tre secoli sorretta solo sulle poche opere dipinte, di cui alcune incompiute,altre distrutte,altre ancora allo stato di abbozzo, il fenomeno non può non recare sorpresa.E la sorpresa cresce all'orchè l'ininterrotta corrente elogiativa, la tradizione,il desiderio di insigni collezzionisti finiscono con l'attribuire al suo genio opere di suoi sodali o seguaci fiorentini cone Lorenzo di Credi,o di scolari lombardi come Ambrogio de' Predis,Boltraffio,Luini sempre lontane dalla sublime perfezione di Leonardo.Talvolta le osservazioni e le lodi nascono esclusivamente da opere non sue, tal'altre da opere autentiche che però chi scrive non ha potuto vedere e ne parla per sentito dire.La conclusione è che il fascino dell'autore del quadro più celebre del mondo, La Gioconda e del dipinto murale più studiato,Il Cenacolo, si regge nei secoli non tanto sulla conoscenza delle sue opere,quanto su una tradizione letteraria (letteratura artistica) in cui non vi è nome di qualche fama o peso che non figuri.Non esiste libro di viaggi in Italia e in Europa che non parli di Lui, critico che non se ne occupi.letterato e artista che non ne disertino.

Vi riporto alcuni estratti...

B.Castiglione
Il Cortegiano (1528)

....Un'altro de' primi pittori del mondo (Leonardo) sprezza quell'arte dove è rarissimo,ed è essi posto ad imparar filosofia,nella quale ha così strani concetti e nuove chimere,che esso,con tuta la sua scrittura,non sapria dipingerla.

L.Dolce
Dialogo della pittura (1557)

Leonardo fu pari in tutte le cose a Michel Agnolo,ma haveva un ingegno tanto elevato che non si contentava mai di ciò che faceva.

G.Vasari
Le vite (1568)

Veramente mirabile e celeste fu Lionardo. Laonde volle la natura tanto favorirlo,che dovunque è rivolse il pensiero,il cervello,e l'animo,mostrò tanta divinità nelle cose sue,che nel dare laperfezione di prontezza,vivacità,bontade,vaghezza e grazia nessun altro mai gli fu pari.

J.Burckhardt

Der Cicerone (1855)

...è più realista dei suoi predecessori che riconoscono il dominio della realtà, per essere poi di nuovo libero e sublime come, nei secoli, pochi artisti hanno saputo essere.


C.Baudelaire
Led fleurs du mal (1857)

Leonardo da Vinci, specchio profondo e oscuro in cui angeli incantevoli, con un dolce sorriso denso di mistero,appaiono all'ombra dei ghiacciai e dei pini che racchiudono il loro paesaggio
(da I classici dell'Arte)


[Modificato da Ahamiah 09/06/2006 15.14]

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