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La famiglia De Chirico

Ultimo Aggiornamento: 04/07/2006 14:13
03/07/2006 10:47
 
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I geni della pittura: Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Ruggero Savinio


La genialità “genetica” - sulla quale gioca ambiguamente il titolo della mostra curata da Silvia Pegoraro – si esprime attraverso una sessantina di opere dei tre pittori, distribuite cronologicamente attraverso l’intero arco di attività di ciascuno.Chieti 24 giugno - 24settembre 2006.
(Fonte: Rosi Fontana - (Ufficio Stampa: Ku.ra)

A cura di Silvia Pegoraro
Museo Michetti
Francavilla al Mare, Chieti
Dal 24 giugno al 24 settembre 2006


Si è inaugurato sabato 24 giugno alle ore 18,00 al Museo Michetti di Francavilla al Mare, la mostra La famiglia de Chirico. I geni della pittura: Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Ruggero Savinio. L’evento, organizzato dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Francavilla al Mare, con la partecipazione della Provincia di Chieti e della Regione Abruzzo, riunisce per la prima volta in un unico percorso espositivo, tre artisti appartenuti alla stessa, straordinaria, famiglia: Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, fratello minore di Giorgio, e Ruggero Savinio, figlio di Alberto.

La genialità “genetica” - sulla quale gioca ambiguamente il titolo della mostra curata da Silvia Pegoraro – si esprime attraverso una sessantina di opere dei tre pittori, distribuite cronologicamente attraverso l’intero arco di attività di ciascuno. Tra le opere spiccano diversi inediti di notevole qualità, come lo splendido En visite (1930) di Alberto Savinio o Le figlie di Apollo (1954) di Giorgio de Chirico, la cui autenticità è stata riconosciuta dalla Fondazione Giorgio e Isa De Chirico.

Il percorso espositivo si propone di ricostruire criticamente le riflessioni e le assonanze poetiche intercorse fra Giorgio de Chirico e Alberto Savinio a partire dalle prime speculazioni intorno alla metafisica, fino ad abbracciare una più ampia riflessione sul mito che coinvolge anche Ruggero Savinio, ultimo esponente della brillante famiglia ed erede di un pensiero articolato e raffinato, attraverso il quale la famiglia de Chirico ha dato vita ad una profonda trasformazione dei codici estetici del XX secolo.

Giorgio de Chirico e Alberto Savinio hanno dato luogo a uno dei momenti più alti di diffusione internazionale della cultura figurativa italiana novecentesca.

Nati in Grecia, rispettivamente nel 1888 e nel 1891, da un ingegnere ferroviario palermitano e da una nobildonna genovese, dopo avere qui trascorso l’infanzia si sono spostati in Germania, Francia, Italia. Da qui la centralità in entrambi del tema del viaggio, del mistero del distacco, della struggente commozione del ritorno, che costituiscono una costante della loro pittura e vengono rielaborati in una sintesi originale da Ruggero Savinio, il cui stile per molti aspetti è debitore di quelli del grande padre e del grande zio, benché risulti, inconfondibilmente, suo.

In realtà la pittura di Ruggero Savinio è carica di mistero – e in questo è più vicina a quella dello zio che a quella del padre – ed è attraversata da una fascinazione per il mito pari a quella che troviamo nei due più anziani familiari.

Dei tre autori, la mostra indaga gli aspetti estetici, filosofici, speculativi, inquadrandoli nel panorama del secolo XX e XXI, a partire dalla rivoluzione operata da Giorgio de Chirico -in stretta collaborazione con il fratello Alberto - nel secondo decennio del 1900, rappresentata dalla pittura metafisica.

I quadri di de Chirico raffigurano deserte piazze d'Italia o struggenti manichini colti nel tentativo di rappresentare la condizione desolata dell'uomo contemporaneo, nei quali non è possibile scorgere alcuna metafisica religiosa che possa attenuare il dolore esistenziale, come ne L’enigma del ritorno (1938) o ne La malinconia di Arianna (1968-71).

Una dimensione pittorica collocata in un preciso spazio geometrico, pieno di oggetti simbolici che alludono ora al distacco doloroso e senza ritorno di Ettore e Andromaca (1935), ora alla solitudine silenziosa di Le muse inquietanti (1963).

Gli interrogativi sul destino degli esseri umani, sulla loro fragilità fisica e sentimentale, diventano il motivo dominante della pittura dechirichiana, la loro ragion d'essere anche nei quadri neoclassici, quando l'artista sembra aver superato la misteriosa stagione metafisica, prediligendo un apparente 'ritorno all'ordine'. Paesaggi che si richiamano ai miti dell'antichità, cavalli fra le rovine della civiltà greca, gladiatori in procinto di vivere o morire, autoritratti e ridondanti nature morte, si moltiplicano nella sua vasta produzione in cui ritornerà sistematicamente il tema dell'esistenza con i suoi enigmi, le sue inesplicabili contraddizioni, come suggeriscono superbe opere come il Combattimento di Ettore e Achille sotto le Mura di Troia (1947)

Gioco e ironia sono invece i cardini intorno ai quali ruota l’estetica metafisica di Alberto Savinio. A differenza del fratello, infatti, Savinio dimostra fin da subito un’innata capacità di immettere nei profondi silenzi metafisici, la sapiente leggerezza dell’ironia, che si dispiega attraverso una visionarietà fantastica. Nelle sue opere oggetti inanimati ed esseri animati si uniscono in un’unica rappresentazione colorata e vivace, nella quale forme umane ed animali si confondono e si decontestualizzano, inserite all’interno di prospettive impossibili, come ci ricordano dipinti quali Voilà mon rêve (1928), Les Poissons (1928), o L'isola dei giocattoli (1930)

Infine i dipinti di Ruggero Savinio, che, secondo il critico Maurizio Calvesi ricordano quelli del “grande zio Metafisico” da cui ha appreso il mestiere giovanissimo, sono attraversati da elementi eterogenei.

I protagonisti dei suoi quadri, quando non vengono direttamente da figure classiche, statue o personaggi della pittura, sono la sua famiglia, lui stesso, gli amici, il suo cane. Ma queste presenze quotidiane sotto il suo pennello perdono la fisionomia contingente e diventano archetipi, personaggi del Mito, per ricordarci che siamo attori di una favola eternamente ripetuta.

I temi a lui più cari sono conversazioni e paesaggi ritratti ad olio con una tecnica che sperimenta diversi supporti: dalla carta al velluto, dalla tela alla carta vetrata. Le figure delle sue mute conversazioni appaiono ad un tempo creature ed attori della scena, stagliandosi sul paesaggio che le circonda, come Giardino (1993) o Spiaggia (1995), o ancora La conversazione dell’autunno (1998).



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