Pane del povero e del ricco
Ripetutamente è stato detto che il pane era nel medioevo, il simbolo dell’ alimentazione umana. Anche la cristianità lo ricorda con panem nostrum nel Sacramento della Comunione.
Con il pane d’avena si sfamavano i poveri, con il pane bianco si cibavano i ricchi, e si provvedeva addirittura alla cura delle malattie. Ghino di Tacco guarì dal mal di stomaco uno dei più ricchi prelati del mondo, l’Abate di Clignì, mandato in cura ai bagni di Siena, da Papa Bonifacio VIII. Ghino dette da mangiare due fette di pane arrostito ed un gran bicchiere di vernaccia di Corniglia. Si narra:
“ne prima vi tornò che il seguente dì, con altrettanto pane arrostito, e con altrettanta vernaccia, e così il tenne più giorni; tanto che egli si accorse, l’Abate, aver mangiate fave secche, le quali egli studiosamente e di nascosto portate v’aveva e lasciate. Per la qual cosa egli il domandò da parte di Ghino come star gli pareva dello stomaco.
Al quale l’Abate rispose: a me parrebbe star bene se io fossi fuori delle sue mani; e appresso questo, niun altro talento che di mangiare; si ben m’hanno le sue medicine guarito”.
Nel medioevo il pane era anche di crusca e veniva preparato facendo una pasta senza sale, senza lievito e senza droghe, che durante la notte deveva stare in un luogo caldo.
Il giorno dopo, con questa pasta si facevano i pani da cuocere in forno. Cotti che fossero, si immergevano nell’acqua bollente e si riponevano nel forno affinché si asciugassero. Questo pane si conservava a lungo, e se diventava duro era avvolto in un panno bagnato per essere rammollito. E’ questo il cibo che i pellegrini portavano nella bisaccia quando si recavano a Roma per il Giubileo