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CREDO


Tengo a vantarmi solo d’una cosa,
cioè:

d’aver per tempo appreso che si sente

pure una gioja, ancora a molti ascosa,

nel non chieder perché

di niente

né a Dio nostro signore, né alla sposa

di Dio, madre Natura, né alla gente;

e nel lasciar che i cosí detti scaltri

non prestin essi fede alla bugia

che altri

dal nostro stesso dimandar sovente

a dir costretto sia.



Se Dio mi vuol far credere ch’Egli è

dovunque

e che

veglia su tutti, e dunque

pure su me;

ch’Egli d’una giustizia è dispensiere

la qual col nostro metro

non si misura né intender ci è dato,

dovrò dargli per questo dispiacere?

gli crederò:

il mondo, bene o male, ha camminato,

almeno un po’;

Egli non sa mutar l’antico andare,

povero Vecchio, ed è rimasto indietro.

Ma il mal non lo so fare,

e alle labbra, che chiacchieran da mane

a sera,

che costa, alla fin fine, una preghiera?

Io rimango credente, ei Dio rimane.



Chi d’inventar si piaccia

stranissime avventure

e trovar brami chi fede gli presti,

venga da me, venga e le narri pure:

di stupor, d’ira o di duol, com’ei vuole,

vedrà tosto atteggiarsi la mia faccia,

seguendo le parole

e i gesti.

Poco mi costerà farlo felice.

E non m’importa s’egli poi balordo

mi dice:

so d’essere la rete ed egli il tordo.